2 stagioni - 16 episodi vedi scheda serie
Scaramucce di religione, in attesa delle guerre.
Ho detto Pace ed Armonia, porco mondo!
"E tu, cosa avresti fatto di diverso?", chiede la tagline dal poster. "Una serie decente", verrebbe da rispondere.
Partendo dal presupposto che, alla fine e tutto sommato, “the Serpent Queen”, questa tenera satira fantasy pseudo-storica - abitata da minimi zoom stilosi appena accennati sparsi, attraversando ogni unità registica, lungo tutto il corso della narrazione - creata da Justin Haythe (sceneggiatore di “Revolutionary Road” - da Peter Yates -, “A Cure for Welness” e “Red Sparrow”) traendola da “Catherine de Medici: Renaissance Queen of France”, un saggio “romanzato” di Leonie Frieda, resta e rimane, fondamentalmente, al sodo nocciolo della questione, una boiata pazzesca (pur s’è in grado, col tempo, d’assomigliare vagamente ad un guilty pleasure - all’inizio risulta respingente, ma poi man mano riesce a diventare simpatica -, però à la Ryan Murphy, e quindi molto più guilty che pleasure), al contempo è anche un pretesto per accennare ad un paio di argomentazioni un po’ più strutturate, di per loro, e strutturali nel contesto della serialità contemporanea.
Di gravidanze e sgravamenti (ovvero: il menarca per i monarchi).
Ad esempio: l’iperrealistico utilizzo filologicamente corretto dell’espulsione fetale come metronomo della Storia, tanto nel fantasy puro “House of the Dragon” (e giammai in “Lord of the Rings: the Rings of Power”), in cui la nascita del terzo figlio della primogenita - ma seconda in linea di successione al trono - Targaryen segna lo stacco netto tra le due epoche in cui è suddivisa la 1ª stag., senz’alcun utilizzo né di analessi né tantomeno di prolessi, quanto nel fantasy spurio “the Serpent Queen”, in cui il passaggio di testimone dall’adolescenza all’età adulta è un po’ più drastico (ma tutta la vicenda sfrutta il dispositivo del flashback, senza flashforward, mettendo in relazione l’età matura prima con la giovinezza e poi con l’emancipazione), comparendo al momento della nona (ed ultima, e nella realtà decima, perché gemellare: un’infante nata morta e l’altra sopravvissuta un paio di settimane) venuta al mondo di un erede Valois/Medici.
Sia chiaro: un frame preso a caso da “House of the Dragon” vale quanto un intero episodio di “the Serpent Queen”, eh.
Personaggi principali che vissero e disputarono (buoni o cattivi, belli o brutti, ricchi o poveri, ora sono tutti uguali).
- Caterina (Maria Romula di Lorenzo) De’ Medici, figlia di Lorenzo di Piero de' Medici (uno dei “tanti”, non “il Magnifico”) e Madeleine de La Tour d'Auvergne (morta di febbre puerperale pochi giorni dopo averla data alla luce), machiavellisticamente illuminata futura madre di Francesco II, Carlo IX, Enrico III e Margherita di Valois, la “Regina Margot”.
Interpretata da giovane dalla bravissima Liv Hill ("JellyFish") e da adulta dall’altra (forse un po’ sottoutilizzata) forza motrice della serie, Samantha Morton.
- Enrico II di Valois (Alex Heath, da giovane, e Lee Ingleby, da adulto), marito di Caterina.
- Francesco I d'Orléans (Colm Meaney), padre di Enrico II e “artefice” della Francia moderna.
- Papa Clemente VII (Charles Dance).
- Maria Stuarda, Regina di Scozia (Antonia Clarke), che, a differenza di Caterina de’ Medici (a parte l’episodio francese di “Intolerance”, condiviso con Margherita di Valois, e comunque in futuro sempre a corollario di Mary Stuart, per esempio in Sacha Guitry & Christian-Jaque, o della stessa Regina Margot: le interpretazioni di Jeanne Moreau per Jean Dréville & Abel Gance e Isabelle Adjani per Patrice Chéreau & Danièle Thompson, entrambi film tratti da Alexandre Dumas padre, oltre che, assieme a Caterina, nei romanzi di Heinrich Mann incentrati su Enrico IV), già aveva avuto versioni cinematografiche (oltre a quelle di Alfieri, Schiller e Zweig) dedicatele: Katharine Hepburn diretta da John Ford & Leslie Goodwins, e poi Mary Fuller, Vanessa Redgrave, Annie Girardot, Saoirse Ronan e… la stessa Samantha Morton per Shekhar Kapur).
- Anne, Duca di MontMorency (Barry Atsma).
- Le folte schiere dei Guisa (Raza Jaffrey e Ray Panthaki), cattolici, e dei Borbone-Condé (Danny Kirrane e Nicholas Burns), protestanti.
- Rahima (Sennia Nanua), chiamatela Ishmael, la Forced Diversity/Inclusivity.
- Aabis (Amrita Acharia), la Zingara.
- Mathilde (Kiruna Stamell), la Nana.
- Cosimo Ruggeri (Enzo Cilenti), il Chiromante.
- Gabriele I (di Lorges, conte) di MontGomery, da cattolico a protestante, per una scheggia di lancia conficcata colposamente in altrui cervello.
- Diana di Poitiers, la Puttana del Re (Enrico II), interpretata dalla sempre adorabile - anche immersa/avvelenata dall'oro liquido "potabile" - Ludivine Sagnier (e qui sta il più “grande” errore storiografico: altro che coppa di champagne!).
François Clouet - “Dame au Bain” - 1571
Altro parallelismo HotD-tSQ: per questioni di messa in discussione della legittimità del trono Daemon Targaryen mozza la capa a Vaemond Velaryon e Diana taglia la gola a Pierre Marques, imprenditore antesignano (quei 230 anni) della Rivoluzione Francese (il “vero” previsore e predittore del futuro).
Produzione LionsGate/Starz. Musiche di Bear McCreary "BattleStar galactica", "Lord of the Rings: the Rings of Power").
Ed ora, è il tempo di lasciare il campo (di sangue) alle Guerre di Religione Francesi [1562-1598].
[Notazione final trasversale. Sulla vessata non-questione del così - dal patriottaggio verbale delle gaddiane marieluise e della loro schiatta di minus/mongo/handy-habens - detto "black-washing" o, più in generale, "forced diversity", e sullo sguardo dritto in macchina da presa (camera-look) con o senza interazione/interpellazione verbale diretta con lo spettatore, ho già riassunto, in coda, QVI.]
* * ½/¾ - 5.25
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta