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Mo (2022)

2 stagioni - 16 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 2

  • 2025-2025
  • 8 episodi

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mck

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La recensione su Mo (2022)

di mck
9 stelle

Qualche segno, qualche traccia di ogni vita [../..] Risposta ad ogni cosa non capìta [..//..] Le tue radici danno la saggezza / E proprio questa è forse la risposta / E provi un grande senso di dolcezza.

 

 

Quasi due anni e mezzo extra-diegetici dopo torna con questa seconda ed ultima stagione [girata con Trump percolante alle porte/confini interni del Grande Paese – ad un certo punto, verso l’inizio, il protagonista, detenuto in un campo di concentramento U.S.A. per migranti in attesa di essere deportati in Messico, scava un onirico tunnel e sbuca in Palestina (Cisgiordania / West Bank) a pochi passi dal muro israeliano che la recinge – e rilasciata con tutti i suoi 8 ep. da ca. 20' l’uno su Netflix ad inizio 2025] “Mo”, la creatura di Mohammed Amer & Ramy Youssef (che questa volta, collaborando con firme vecchie nuove quali Anna Salinas, Harris Danow, Chris Gabo, Azhar Usman, Jacqui Rivera e Luis Sivoli, co-scrivono però quasi tutti gli episodi) capace di rendere potabili anche i Coldplay di “Viva la Vida”: diegeticamente sono passati 6 mesi, siamo a fine 2022 e la narrazione quindi si muove ancora nel pieno dell’era delle deportazioni eseguite dal Gabinetto di Biden – che avviene dopo quelle di Bush Jr. I e II, di Obama I e II, di Trump I e di Gentiloni (Di Maio & Minniti: codice ONG, accordi Italia-Libia e decreto legge Minniti-Orlando), in contemporanea a quelle di Sunak e prima di quelle di Meloni e di Trump II: alcune organizzate con ipocrita sordina, altre pubblicizzate con schifosa fierezza – sino a che, col finale di serie, avviene un ulteriore salto di quasi un anno che - oltre il golfo del Messico, oltre l’Oceano Atlantico ed oltre il Mar Mediterraneo - porta tutti all’alba del 7 ottobre 2023, il giorno dell’operazione alluvione Al-Aqsa, ovvero del pogrom di Hamas nei territori delle colonie israeliane che circondano la Striscia di Gaza, e ad un sorriso di sarcastico compatimento (supportato e confortato da un sopravvissuto e ritrovato reperto analogico reale sui titoli di coda).

 


(Fonte: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/escalation-israele-palestina-12-grafici-per-capire-come-siamo-arrivati-fin-qui-126406.)

 

Macon Blair [regista e sceneggiatore di “I Don't Feel at Home in This World Anymore” e “the Toxic Avenger”, attore - Murder Party, Blue Ruin, Green Room (più, tra gli altri, "Oppenheimer")- e sceneggiatore - Hold the Dark - per Jeremy Saulnier e consorte di Lee Eddy, già presenza rimarchevole dell’ottimo cast - Teresa Ruiz, Farah Bsieso, Omar Elba, Tobe Nwigwe, Cherien Dabis e Cynthia Yelle - della scorsa e prima annata] costituisce la new entry principale: anche se solo per un episodio, incide assai.

Fotografia di Gevorg Gev Juguryan, montaggio di Andrea Folprecht e Lauren Connelly e musiche di Common & Karriem Riggins & Patrick Warren. Producono i creatori con A24 mentre, come detto, distribuisce Netflix.

 


(Nota: https://www.ildeposito.org/canti/palestina-la-rossa-palestina.)

 

Da rilevare lanalogia dei ricorrenti ulivi sradicati: si passa da quelli rubati al Texas e portati in Messico dai discendenti del popolo indigeno Karankawa a quelli distrutti per sfregio dai coloni sionisti israeliani (financo statunitensi, finanche newyorkesi).

 

Se il tempo non rotolasse via così frettolosamente (CoViD-19, Russia-Ucraina, Israele-Palestina, Deus YR4) "Mo" potrebbe davvero essere la serie del momento ("oltre" il come: il cosa): ad esempio un amico gli fa notare che ha "il vizio di addolcire la realtà", e fino a che la realtà non eccede, questa può senz'altro essere una qualità positiva. Chissà, magari sarà invece la serie di... domani (nel bene e/o nel male, di certo nel "giusto").

 

* * * * ½/¾ - 9.25  

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