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Yakamoz S-245

1 stagioni - 7 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

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La recensione su Yakamoz S-245

di mck
5 stelle

Gioco d'ottomani, gioco da quattrovillani.

 

 

Primaverile (...e poi Mirka a San Giorgio di maggio / tra le fiamme dei fiori a ridere e a bere / e un sollievo di lacrime a invadere gli occhi / e dagli occhi cadere...) fattosi autunnale (ottobrino) canto in onore di un’ultima alba (parzialmente) sterminatrice, “Ederlezi”, il traditional balcano-romaní qui proposto nella celeberrima versione scritta e composta da Goran Bregovic riarrangiata nei Paesi Bassi dal KamerKoor JIP di Utrecht fondato da Jonathan ed Imre Ploeg, chiude il 5° dei 7 episodi della durata di circa 40/45 minuti l’uno per un totale complessivo di 5 ore che costituiscono “Yakamoz S-245” (aka “Into the Deep”), questo spin-off e sidequel di Into the Night, la capostipite serie belga che, come la sua derivata, è, sempre per Netflix, tratta dal - letteralmente - primo paio di pagine di “Starosc Aksolotla” (“the Old Axolotl”) di Jacek Dukaj, ed è forse il momento migliore assieme al twist/cliffhanger finale che, ancora forse, passa alla pagina n. 3 del post-apocalittico romanzo cyberpunk di fantascienza speculativa polacco che di pagine ne con(sta)ta in tutto 250 e si spinge con la narrazione all'incirca 100.000 anni nel futuro, tipo come se, non so, qualcuno avesse deciso di trarre una serie da “Moby Dick” e per le prime tre stagioni questa parlasse della vita di Ishmael tra la fine della sua esperienza scolastica e gli anni dei suoi primi imbarchi nella marina mercantile…

“These were times of such a decline in philosophical culture that it was considered a serious argument against the existence of the soul that it was nowhere to be found during an autopsy. It would be more correct to say that if the soul were found, then this would be an argument in favor of materialism.”Nikolai Berdyaev (citato in esergo a “the Old Axolotl”).

 


Il protagonista non è, come apotropaicamente esorcizzava @Immorale in calce di là, Can Yaman, ma… una specie, valer a dire Kivanç Tatlitug (e chiedo scusa per leventuale profluvio di diacritiche cediglie ed affricate postalveolari sonore che il "sistema" di FTV dovesse accettare), ovvero una via di mezzo tra Pietro Taricone (ed è un fottuto complimento ) e Josh Holloway (idem), che compensa intelligentemente alcune imperfezioni con la tecnica del non strafare, e pure il resto del cast è mediamente superiore (Ertan Saban, Onur Ünsal, Özge Özpirinçci) a quello della serie madre, con alcune parziali eccezioni (Ecen Uzun, Ece Çesmioglu, Meric Aral, Jerry Hoffmann) dovute come sempre più a colpe imputabili alla scrittura (del creatore e sviluppatore Jason George, qui affiancato da altri 3 sceneggiatori turchi) e, ma solo in seconda istanza, alla regìa (Umut Aral e Tolga Karaçelik) che alla recitazione in sé.

“On the day of the apocalypse, before the sky collapsed, the whole gang was set for lunch at the shopping mall, and Bartek only survived - if he survived - because his up- stairs neighbor's jolting washing machine had smashed a hole in the wall of her bathroom, flooding the gutted wiring and blowing the fuses throughout the building.” – Jacek Dukaj (incipit di “the Old Axolotl”).

 

 

Effetti speciali, complice la notte, raziona(lizza)ti al massimo (ad esempio il piccolo batiscafo rosso inquadrato già galleggiante sulle vespertine acque della superficie mediterranea senza la scena di “raccordo” del calaggio col carroponte dalla nave di trasporto e supporto), alcune derive gore/splatter (i minatori spagnoli cannibali che se magnano i francesi appesi come salami ancora vivi per mantenere la carne fresca), esterni girati principalmente a Smirne, più un’escursione un po’ più a sud, in pieno Egeo, in Grecia, nel Dodecaneso, a Kos, e titolo più che mai appropriato: Yakamoz significa, pressappoco, “il riflesso della luce lunare (ch’è l’eco di quella solare; NdA) sulle piccole onde delicate quando lo scuro mare notturno la cattura ad angolo retto e agisce come uno specchio restituendola”: me cojoni.

Ed ecco un... cucciolo di drago? Nooo, si tratta di un Axolotl (Ambystoma mexicanum), salamandra (anfibio caudato/urodele) pedomorfica endemica del Messico centrale.

 


Mentre questo invece è un... cucciolo di drago? Noo-oo!, si tratta di un "nostro" Proteo (Proteus anguinus), parente alla lontana dell'assolotto messicano, ma troglobio, ed anche lui endemico, ma dell'Altopiano del Carso e delle Alpi Dinariche (nell'AV di YT un esempio di un suo habitat naturale).

 


Carucci entrambi, dai.

Oh, io una 4ª stag. verso Diego Garcia (arcipelago delle Chagos, nell’Oceano Indiano, a sud delle Maldive e a nord delle Mauritius), nella vaga e vana speranza che l’Hard SF prenda sempre più posto a spese dell’idiozia umana, non la butterei direttamente via...

* * ½ - 5   

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