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Il serpente dell'Essex

1 stagioni - 6 episodi vedi scheda serie

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La recensione su Il serpente dell'Essex

di mck
8 stelle

Tra la marea montante del mainstream, "the Essex Serpent" si distingue per sana classicità appagante.

 

 

Un mito intagliato in un altare di quercia, ovvero, con fare un po’ sorpreso e un po’ deluso: “Quello non è un serpente!”

 


Eh no, perch’è di scienza e d’amor che narra il post-gotico/vittoriano di “the Essex Serpent”: spirito critico, convenzioni bigotte e rivalse sociali, razionalità/ragione del progresso/sviluppo vs. fede religiosa, desiderio di scoperta [discipline zoologiche - misticeti e odontoceti risalgono il Tamigi, la Senna e molto meno frequentemente (forse all’apparenza, anche perché non c’è una metropoli a guardarli) il Po, e qualche volta anche il BlackWater, che da Londra dista 60 km, ma paiono, sotto certi aspetti e per alcuni versi, anni luce - e paleontologiche] e ricerca (in campo medico-chirurgico), bramosi aneliti del cuore, e comunismo e femminismo sorgenti e applicati sul tramontar dell’Ottocento (un secolo più vecchio di quello dei Lumi che lo ha preceduto, ma che ha preparato il balzo per l’oltre orbita di nemmeno cent’anni dopo), all’alb’atomica del “breve” secolo XX che fu, come questo prossimo, fatto di scibile improbo, teorie impervie, tanta paura riflessa negli occhioni sgranati di chi cerca rifugio dalla realtà stringendo una croce - gl’iconoclasti hanno le loro - in pugno sul petto e ne dipinge altre su porte e finestre col sangue dei capri espiatori sacrificali, cosmonauti proletari nello spazio e guerra eterna.

 


Adattando l’omonimo romanzo di Sarah Perry uscito un lustro prima, Anna Symon crea, showrunnerizza e scrive…

-[con altri 4 sceneggiatori - Juliette Towhidi, la Jess Brittain di “Skins”, Hania Elkington ed Elinor Cook - più la stessa regista, la Clio Barnard di “the Arbor”, “the Selfish Giant”, “Dark River” e “Ali & Ava”, che dirige - con unico direttore della fotografia, David Raedeker, e un unico montatore, Lucia Zucchetti, mentre l’ottima colonna sonora è opera di Dustin O'Halloran (che con i fossili, nello specifico molluschi conchigliferi cefalopodi, aveva già avuto a che fare) & Herdís Stefánsdóttir - tutti i 6 ep. da 45’ ca. l’uno infondendo loro la propria anima “documentaria” e loachiana)-

…“the Essex Serpent” conferendo alla serie il giusto passo, riuscendo a non eccedere troppo nelle stereotipiche consuetudini legate al personaggio interpretato da Clémence Poésy (Stella Ransome, la moglie di Will; “In Bruges”, “the Tunnel”, “Tenet”), quello con tutte le sfumature (e a ragione) del “I’m feeling...

 

 

...blue”, e da indaco, turchese, acquamarina, ciano, zaffiro, lavanda, carta da zucchero, fiordaliso, cobalto, pervinca e celeste circondato, e sfruttando al massimo e al meglio tutto il resto del cast, composto da un’eccezionale Claire Danes (“Romeo + Juliet”, “the RainMaker”, “HomeLand”) come protagonista (Cora Seaborne, ideale nipote di Mary Anning e fresca vedova di un pezzo di merda) che, subentrata in sostituzione alla pura londinese Keira Knightley, la quale ha dovuto abbandonare il progetto per, come frase di circostanza reca seco, ragioni famigliari, riesce a cavar fuori dalle sue radici newyorkesi e dalla frequentazione di Yale (a qualcosa sarà pur servito studiare nell’elitario ateneo Ivy League del New England) un ottimo accento...

 

 

...british, e, in ordine, da Tom Hiddleston (Will Ransome, il marito di Stella; er mejo fico de WestMinster, c’è ben poco da fa’), Frank Dillane (Luke Garrett; non lo conoscevo, se non di sponda - “In the Heart of the Sea”, “Sense8” e “Fear the Walking Dead”, oltre che figlio di Stannis Baratheon -, ed è stata una bella scoperta), Hayley Squires -[bravissima, come sempre - “I, Daniel Blake”, “In Fabric”, “Adult Material”, “In the Earth” e il prossimo “Disappointment Blvd.” -, e qui nei panni e nelle istanze di una coetanea di Eleanor Marx (cfr. la biografia di Rachel Holmes e il film di Susanna Nicchiarelli) che lavora tanto come collaboratrice domestica, ragazza alla pari, bambinaia e amica/amante di Cora quanto per un vero cambiamento di paradigma politico del welfare non accontentandosi di filantropia elargita (con un compromess’ossimorico) “periodicamente una tantum” e senza’alcun progetto su vasta scala e a lungo termine]-, Lily-Rose Aslandogdu (Naomi Banks, in fuga dalla propria comunità, verso il serpente e lontano dagli uomini, rifugiandosi nella casa-palafitta ripariale lasciata vuota da Cracknell, un vecchio pescatore resosi recentemente defunto), Jamael Westman (George Spencer, il facoltoso collega di Garrett), Gerard Kearns (il padre di Naomi), Michael Jibson (il pretucolo/pretastro del posto limaccioso), Dixie Egerickx (la figlia maggiore dei Ransome), Caspar Griffiths (Frankie, il figlio di Cora), etc… Con una conclusiva menzione speciale a parte per il grande caratterista Christopher Fairbank nel ruolo del succitato Cracknell, il suddetto anziano pescatore litoraneo che dall'uscio della veranda ha infine sceso un'ultima volta i gradini che portano alla riva per lasciarsi morire sulla battigia.

 


Imbastendo - ché alla cucitura definitiva ci pensano le, come detto, grandi prestazioni degli attori coinvolti - “the Knick” di Amiel, Begler, Katz & Soderbergh (2 stag., 2014-’15) con (il già citato, tra le righe) “Ammonite” di Francis Lee (2020) e “the Dig” di Simon Stone (2021, da John Preston) con “the Third Day” di Dennis Kelly, Felix Barrett, Marc Munden & Philippa Lowthorpe (1 stag., 2021), “the Essex Serpent” supera alcuni tòpoi, cliché e luoghi comuni affioranti con la marea montante del mainstream (ed anche il retoricamente moralistico black-washing senza costrutto vagamente politico e radicalmente economico è moderatamente centellinato), e appaga distinguendosi per la sua sana classicità. 

* * * ¾ - 7½     

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