Espandi menu
cerca
Scissione

2 stagioni - 29 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

L'autore

mck

mck

Iscritto dal 15 agosto 2011 Vai al suo profilo
  • Seguaci 206
  • Post 137
  • Recensioni 1146
  • Playlist 323
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Scissione

di mck
9 stelle

L’Eterno Grigiore della Mente Re-Immatricolata.

 

 

• Guadagno.


L’essere umano è talmente abituato e predisposto alla sopraffazione che pur di sfruttare qualcuno per il proprio tornaconto personale riuscirebbe a schiavizzare persino sé stesso in mancanza d’altro.

“The light of discovery shines truer upon a virgin meadow than a beaten path.” - Una “robertfrostiana” Harmony Cobel (Patricia Arquette) a Seth Milchick (Tramell Tillman).

 

 

In attesa del momento liminale in cui nessuno dovrà più lavorare (“Wall•E”), il lavoro - stipendiato qualitativamente da un contratto collettivo sindacalizzato o salariato quantitativamente da provvigioni a cottimo stakanovista – è sempre stato, ancora oggi rimane e per un be po’ così resterà una costante (in evoluzione: dai servi della gleba allo smart working, passando per i minatori e i critici cinematografici) lungo tutta la storia, non solo moderna, ma anche antica, della civiltà sapiens.

D’altro canto, uno degli aspetti più rilevanti e interessanti riguardo all’occupazione del tempo-vita nelle società primitive sopravvissute nell’era dell’industrializzazione studiate dagli antropologi è, a qualsiasi latitudine e longitudine, da che mondo è mondo, questo: per la maggior parte della veglia diurna l’attività più frequente degli individui (maschi, femmine e cantanti, raccoglitori, cacciatori e agricoltori, bambini, adulti e anziani) appartenenti a queste popolazioni e costituenti le loro caratteristiche è una e una sola: il dolce far niente.

 


Partendo da due nuclei fondamentali, l’uno naturale, ovvero il rapporto tra dolore e memoria (“Eternal SunShine of the Spotless Mind” di Charlie Kaufman e Michel Gondry: il trauma, il distacco, e la soluzione, un lenimento (del tutto) palliativo: la dimenticanza, in "Severance" declinata addirittura omeopatica: ché non è l'originale a non ricordare la morte dell'amata, ma il suo pseudopodo ed extra-sottoinsieme, e nel computo finale della vita quelle 8 ore date in comodato d'uso a "un altro" in realtà sono un battito di ciglia fra una lacrima e un'altra...), e l’altro artificiale, vale a dire la degenerazione di un costrutto imperfetto dell’età contemporanea qual è il tardo-(¡turbo!)-capitalismo, lontano anni luce dal poter presentare una giustificazione basata s’una sorta di degenerazione del principio antropico, ché no, il dominio plutocratico innestato sull’economia neoliberista che impera su chi il mercato lo subisce non è un dogma provvidenziale (da Metropolis a Modern Times, passando per the Apartment e il Posto, la Classe Operaia Va in Paradiso e Fantozzi, Ressources Humaines & l’Emploi du Temps, il cinema di Frederick Wiseman, Ken Loach e dei fratelli Dardenne, sino a Tutta la Vita Davanti e the Office, più UK che US), e inserendoli in uno scenario da infra/sotto/sovra-mondo cospirazionista (“the Cube”, “Vivarium”, “the BackRooms”) e da fantascienza sociologica e speculativa che lavora sull'immediato domani ch'è già qui ed ora ("Black Mirror" di Charlie Brooker), senza bypassarne la letterarietà (da Franz Kafka a George Orwell, da Samuel Beckett a Eugène Ionesco, da David Foster Wallace (the Pale King) a Richard Powers: ché cos’è la Lumon Industries se non una riedizione in versione iper-tecnologica della corporation multinazionale Clare International che innerva “Gain”? C’è anche una citazione diretta, nascosta in piena vista: “Hanno iniziato nell’ottocento, producevano unguenti...”), questa “Severance”, la serie coprodotta e distribuita da →→→ Apple TV+ by Tim Cook ←←← in 9 episodi da circa 45 minuti l’uno [i primi e gli ultimi tre diretti da Ben Stiller, anche co-produttore, e il terzetto mezzano da Aoife McArdle, proveniente dalla pubblicità e dai videoclip (Bloc Party, Anna Calvi, Jon Hopkins, Bryan Ferry) e autore di “Kissing Candice”], creata, showrunnerizzata e scritta (con l’aiuto di altri 6 sceneggiatori, ognuno x un ep., capitanati da Anna Ouyang Moench) dall’esordiente semi-assoluto Dan Erickson, come diceva Jean-Marie Straub, citato da Goffredo Fofi, a chi gli rimproverava che “Sicilia!” fosse un film che non rispettava “i diritti dello spettatore” (??) di poter capire e comprendere tutto e subito e di essere intrattenuto e divertito, “Io non faccio film per gli spettatori, io faccio film per i cittadini!”, volendo un poco esagerare è la versione statunitense-mainstream di un film “europeo” che devi interrogare e che non ti spiega la rava e la fava portandoti per mano ad ogni passo (detto ciò, il colpo di scena / plot twist legato ad Helly R. lo si può intuire già - no spoiler - dalla metà del 4° ep., quando il dentro incontra, se pur per interposto AV registrato, il fuori, e scopre che è altrettanto spietato, se non colluso).

Il finale di stagione è un percussivo ingranaggio a impeccabile scatto automatico a sé stante (forse un po’ troppo esageratamente cronometricamente calibrato così da risultare un filo… pre-desumibile) all’interno del meccanismo a orologeria oliato alla perfezione ch’è l’intera serie: la riunione di "due" esseri umani in un'unica società non "per", ma "da" azioni (anarchiche e/o rivoluzionarie), il tornare in sé, la re-incorporazione (se pur ancor parziale).

 


• Un terzo (33,33%) di me, ovvero: alcuni numeri fanno paura.

“La buona notizia riguardo all’inferno è ch’è soltanto il prodotto della macabra immaginazione umana, mentre quella cattiva è che quello che gli umani possono immaginare di solito riescono anche a crearlo.” - Harmony Cobel (Patricia Arquette) a Mark S. (Adam Scott)

(Aggiungerei che, più generalmente, un’altra cattiva notizia è proprio il fatto che l’inferno non esista, perché quasi certamente ciò starebbe a rappresentare/significare anche l’inesistenza del paradiso e della vita eterna, ma va beh.)

 

 

Lo spunto alla base di “Severance” è la scissione/compartimentazione della memoria di un essere umano, e quindi del suo utilizzo da parte del sistema nervoso centrale attraverso l’elaborazione per produrre esperienza e di conseguenza la personalità, la coscienza e l’essenza di un essere umano: un “microchip” inserito nel cervello, quando opportunamente stimolato da un impulso “elettromagnetico”, apre o chiude un circuito che consente di volta in volta alla partizione del volume “D:”, la principale, presente sin dalla nascita, o alla sottopartizione “E:”, venutasi a creare in età adulta con l’installazione del dispositivo intracranico, di prendere il controllo del sistema operativo “C:”, così che l’individuo originale, scisso da quello artefatto (ma completamente reale ed autonomo, con i ricordi “neutri” – nozioni di base sulla vota, l’universo e tutto quanto – e non legati in alcun modo a quelli della persona che ha prestato un po’ di materia cerebrale per consentirgli di immagazzinare i ricordi e le esperienze e quindi di esistere), non ha alcuna contezza di cosa faccia e pensi l’altro da sé, e naturalmente viceversa. Insomma: la scissione non è equipollente: i 2/3 originali hanno memoria del passato, tranne che per ciò che riguarda la vita del loro altro da/in sé, mentre il 1/3 impiegato negli uffici a cestinare gruppi di numeri “pericolosi” subisce una parziale occlusione mnemonica relativa solo alle questioni personali e non a quelle generali: ad esempio non ha alcuna consapevolezza della famiglia dell’originale, ma sa leggere, scrivere, parlare, far di conto, elencare i 50 stati, il distretto federale e i territori d’oltremare degli U.S.A. e provare sentimenti.

 


Mediamente, l’essere umano primario, quello che ha acconsentito alla scissione, vive per 16 ore al giorno (8 di sonno e 8 di tempo libero), mentre quello succedaneo (che può essere giuridicamente considerato un surrogato, ma non un mero simulacro), vive le restanti 8 ininterrottamente (senza sonno - ma i sogni sono essenziali, perciò l’attività onirica di “C:” per forza doi cose elabora anche le memorie di “E:”, che inevitabilmente entrano in contatto con quelle di “D:”… - e senza tempo libero per sé, in una full immersion stakanovista totale e annichilente: un letterale girone purgatoriale/infernale.

 


Si potrebbe nuovamente esagerare e finire col dire che chiunque svolga un lavoro che non ama almeno al 75% si trovi esattamente nella condizione di Mark, con l'unica differenza che la scissione è operata psicologicamente (a volte con l’aiuto farmacologico) e non fisicamente (chirurgicamente/bioingegneristicamente).

Questo invece è un gran bello spoiler, perciò se non avete ancora assistito a “Severance” non cliccateci sopra: https://www.reddit.com/r/SeveranceAppleTVPlus/comments/tk6r4w/helly_stairwell_scene_in_one_continuous_timeline.

 

 

Tutti i nomi (e poi tutti gli altri).

Grottesca e sinceramente commovente, brillante e flemmaticamente avvincente, “Severance” vive, oltre che dell’eccellente scrittura, anche dell’ottima e a tratti magnifica prestazione generale del cast.

Per Adam Scott è il secondo ruolo della vita dopo quello ricoperto per quasi un centinaio di episodi in “Parks and Recreation” (di cui “Severance” può essere considerata la versione dell’orrore), mentre per Britt Lower, adorabile lei e straziante (in senso “buono”) il...

 

 

...suo personaggio, forse è il primo, e spero sia anche meritatamente un trampolino di lancio per un re-start di carriera. Al loro fianco, per completare il quartetto di impiegati/forzati, Zach Cherry (comico improvvisatore) e, signore e signori, John Turturro (mi limiterò all’ultimo lustro e alla serialità: “the Night Of” e “the Plot Agaist America”), qui davvero meravigliosamente grandioso. A gestire la Lumon: la bassa manovalanza di Tramell Tillman (GodFather of Harlem), resa da una caratterizzazione al limite del caricaturale: ma che bravo, però: inquietante e carismatico, e la direzione (in realtà un sacrificabile quadro intermedio, ma interamente dedita al proprio lavoro) di Patricia Arquette (“Lost HighWay”, “Human Nature”, “Medium”, “BoardWalk Empire”), anche co-produttrice, davvero inquietante e destabilizzante, ma soprattutto respingente: che coraggio. Poi, per ciò che concerne il “fuori”, Jen Tullock, la sorella del protagonista, e Michael Chernus (“Orange Is the New Black”) suo marito [autore del “Libro” di auto-aiuto, "the You You Are" (notare la suddivisione/sdoppiamento), che un ruolo tanto fondamentale quanto casuale, e quindi incontrollabile, avrà nello svolgersi della storia, e - per l'appunto seminando a spaglio bacioperuginico iper-metatestuale i semi della coscienza di sé - profeta inconsapevole - attraverso la sua lirica prosa da menteleso (“I is for Eyes”) buona, infatti, giusto per dei lobotomizzati che trovano conforto nelle facili e conformiste teorie dei vari Raffaele Morelli sparsi per il pianeta - della rivolta]. E una manzione a parte per Christopher Walken (per rimanere all’ultimo decennio: “Dark Horse”, “Seven Psychophats”, “Jersey Boys”), maschera buona che, quando è in scena, se la mangia, e quando condivide il quadro con Turturro, è l’apoteosi. E, per finire, una faccia che non si scorda, quella di Dichen Lachman (Altered Carbon), nella parte del vero cliffhanger inaspettato (ma non "calato dall'alto") sino alle ultime battute, e le belle prove di Yul Vazquez (l’amico di Mark, descisso & decesso), Nikki M. James (l’ostetrica della sorella di Mark), Michael Cumpsty (guardia di sicurezza), Michael Siberry (CEO della Lumon) e Cassidy Layton (orfana dell’amico di Mark). 

 

 

Le musiche, superbe, sono di Theodore Shapiro, che compone ovviamente anche il magistrale e incantevolmente straniante main theme (shire-coppoliano) che accompagna la sigla dei titoli di testa (ideata da Oliver “extraweg” Latta e - ça va sans dire, in questi casi, data l’encomiabile fattura - l’apporto grafico di Teddy Blanks) e, attraverso diverse sfumature, le mezze vite dei personaggi protagonisti.
Fra le canzoni preesistenti in tracklist: Helly mette sul piatto “Shakey Jake” di Joe McPhee per il suo Defiant Jazz Party, Burt per il suo addio (al lavoro e al mondo) sceglie “Times of Your Life” nellinterpretazione di Paul Anka, Mark “sente” le note di “I’ll Be Seeing You” con la voce di Billie Holiday mentre ripensa alla defunta moglie, poi all’improvviso è di nuovo il 2001 perché ci sono gli I Monster con la loro versione remix e “in Blue” della cover della Gunter Kallmann Orchestra di “DayDream” della Wallace Collection, mentre alla fine ecco “Your Mind Is On Vacation” di Mose Allison e come bonus track un’Enter SandMan dei Metallica rivisitata con amore.

 

Theodore Shapiro - “Main Titles” & the Four Thempers” 

 

Anyway.
“Though today is my last day with you, I’m certain you will remain with me in spirit, in some deep yet completely unaccessible corner of my mind. The impression you have left on me is indelible, though I’m unaware of it on a conscious level and I will never forget any of you, even though sitting here right now I have no recollection of actually ever meeting you, no idea of your names, any of your physical characteristics, or even how many of you there are. Anyway…” - Burt (Christopher Walken) a Burt (Christopher W.)

La prossima seconda stagione (ad oggi non ancora ufficialmente confermata) è da appuntare sul calendario.

 

 

L’Eterno Grigiore della Mente Re-Immatricolata.

* * * * ¼ - 8½       

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati