2 stagioni - 12 episodi vedi scheda serie
Una cosa non proprio del tutto inutile.
Carino “Incastrati”, scritto (con Leonardo Fasoli, Maddalena Ravagli e Fabrizio Testini), interpretato (con ottimi compagni di viaggio) e diretto (con la buona mano e il buon occhio dell’immenso Daniele Ciprì, già al soldo della coppia da "il Primo Natale" scorso) dal duo palermitano, dall’attività quasi trentennale e sulla breccia da più di un ventennio, composto da Salvatore Ficarra e Valentino Picone, ma deve vedersela col piovresco sequel de “il Kommissario di Como” con Sergio Brunello, star d’oltre Urali, e viceversa (grazie Giovanni Urganti), trasmesso dal Pervij (“primo”, ma pure molto “pervy”) Canal russo…
Il patto è questo: lo spettatore medio “fa finta” di essere un idiota [aka spettatore tipo di Striscia la Notizia che piange per Brum Brum Brumotti (o Giuseppe Sala?) quando giustamente viene pestato a sangue dagli spacciatori del ferroviario-tangenzializio boschetto della troka di Rogoredo] per potersi divertire liberamente, e i due sceneggiatori, attori e registi ci riescono “in pieno” scrivendo, interpretando e dirigendo un film a tratti bellamente e puramente divertente, a tratti permeato dal classico moralismo qualunquista d’accatto Ricci-Parenti style, e a tratti, semplicemente, brutto per com’è stato superficialmente scritto (la colpa è nel manico, cioè la “penna”) in molti passaggi e svolte della trama (annichilendo con un colpo di spugna lorda alcuni personaggi che fino ad allora potevano sembrare, contestualizzando il tutto al genere, credibili).
L’ottimo resto del cast (pescato in egual misura dagli assiti teatrali e dai set televisivi delle trasmissioni Rai e Mediaset più meschine e imbarazzanti) composto da Anna Favella, molto brava e bella, Marianna Di Martino (“la Santa”, “la Profezia dell’Armadillo”), molto bella e pure bravuccia, eh, se non fosse che il suo è fra i ruoli più penalizzati dallo script “alla cazzo di cane” per quanto riguarda la sospensione dell’incredulità (che, d’accordo, in un lavoro come questo dovrebbe intervenire di default, ma quando si esagera si esagera), Tony Sperandeo, molto Sperandeo, quindi molto ok, del tutto ok, qui è (s)confinato in un ruolo “ingrato” di Cosa Inutile finendo per ritrovarsi a cunicolare nei cunicolanti e cunicolosi cunicoli de “i Topi” di Antonio Albanese, e poi Leo Gullotta (sempre bravo, sempre giusto, ma rientrante fra i caratteri più sacrificati in nome dell’insieme), Domenico Centamore (Primo Sale, molto cattivo, e molto, molto bravo), Sergio Friscia (il cronacaro, molto iperfarsesco, ma pure iperrealistico, già Rosario Spatola per Aurelio Grimaldi), Mary Cipolla (la suocera, molto suocera, e molto brava), Maurizio Marchetti (molto bravo, molto boss, molto portiere), Filippo Luna (“NuovoMondo”, “Sicilian Ghost Story”; il questore, bravo anche lui, ma facente parte dei personaggi immolati sull’altare dello sbraco), e un cameo di Sasà Salvaggio (molto… bello?).
Due gran tocchi di classe: la fìctsciòn àmmeregàna interpretata anche da caratteristi normanno-trinacri doppiata da cani col labiale sballato e i sordastri frati audiolesi del Convento di CastelMonte (l'Abbazia di Santa Maria del Bosco, a Contessa Entellina, Palermo) memore dell'episodio di "Dinner Club" - della concorrente Amazon (qui distribuisce Netflix, ma produce Attilio De Razza) - con PierFrancesco Favino e le rapaci suorastre di clausura del Monastero delle Benedettine a Palma di MonteChiaro, Agrigento).
Il monologo pre-finale del capo-clan, climax della serie, si muove tra momenti di trita e ritrita e pre-digerita, ma (ri)passabile, retorica (“Dobbiamo soltanto aspettare che il popolo dimentici. E se c’è una cosa che la storia c’insegna è che il popolo, prima o poi, dimentica!”) e altri (per quanto sia il personaggio a parlare, e non “il film”) un poco emetici, qual è la parte (in-voluta e forse non-volutamente tale) sui (maxi)processi come “sceneggiate della politica” in risposta ai troppi “botti”, tanto superficiale e ignorante (per le date e i rapporti di causa-effetto della Storia) quanto schifosamente infamante verso la catasta di morti ammazzati.
Per dire...
Insomma: una risata, una smorfia, una risata, una smorfia: ché ci vuole un po’ di serietà quando si vuol far ridere.
Un merito ineccepibile: un episodio da 20 minuti tira l'altro (6 in totale, con cliffhanger... presente già nel prologo: l'incipit sarà risolto l'annata successiva...), e la 2ª stag. è già prenotata.
Edoardo Bennato from 1989 uber alles.
Voto: * * ¾ (***), un 6 quasi pieno, nel bene e nel male: una cosa non proprio del tutto inutile.
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