3 stagioni - 30 episodi vedi scheda serie
“Non si sta mai tranquilli in questa casa”, è uno dei leitmotiv della serie Vita da Carlo: autobiografia verosimile dell’attore-regista Verdone. Dieci episodi in cui l’autoironia e la malinconia prevalgono a tinte forti. Chi lo segue da sempre sa bene quanto le ossessioni e le ipocondrie personali siano defluite nei suoi personaggi. La radiografia del quotidiano di un artista quale Verdone ci racconta il nostro tempo effimero, incerto e narcisistico a livelli parossistici. Dal tentativo impossibile di sottrarsi dai personaggi storici, per tentare di sfondare nel cinema d’autore (ed il sogno iniziale di essere premiato a Cannes su una platea di Verdone cartonati è eloquente), fino alla candidatura a sindaco di Roma. Se l’input nasce da un equivoco, sono i social e le telecamerine dei telefonini gli strumenti di diffusione e di distorsione della realtà. Da un equivoco - un predicozzo su quanto era bella Roma e così via (quante interviste di Verdone strumentalizzate da Il Fatto Quotidiano quando era Marino il sindaco vero da demolire) - nasce un candidato. O tempora o mores. La ricerca di pace e serenità di Carlo è inversamente proporzionale al suo status di padre, attore e candidato forzato e indeciso sul da farsi.
I topoi del Verdone comico degli esordi vivono e lottano ancora tra noi: il telefono e le sigarette. L’uso selvaggio del telefonino è diventato ossessivo/compulsivo da parte di tutti ma per Carlo diventa fonte di eterni equivoci e mezzo comico ineguagliabile. Le sigarette di Carlo sono l’ultima resistenza da accendere sul tramonto di Roma, mentre le canne di Chicco sono un tic di appartenenza sociale. Quest’ultimo proviene dalla Roma delle periferie degli ultimi e trova in Carlo un vero padre e una ragione di vita. L’evoluzione del suo personaggio quale spin doctor de noantri viaggia parallela con la sua maturazione. Il mondo ovattato e privilegiato (l’accusa che ogni tanto fa eco) di Verdone artista si scontra con l’uomo Carlo. La parentesi sentimentale con Annalisa ne è l’amara constatazione. In mezzo ci sono pochi punti fermi: i figli, che partono e che tornano, il già citato Chicco e l’amico Max (la gag con l’autista di riserva è straordenaria). La partecipazione straordinaria di Alessandro Haber, sbronzo che recita il monologo di Shylock da “Il mercante di Venezia” è strepitosa. E ancora Antonello Venditti incazzoso, Roberto Dagospia D’Agostino, Rocco Papaleo, Morgan Gregoriano, il mitomane Paolo Calabresi e Massimo Ferrero Viperetta. Da un banale dialogo calcistico sulla Roma (basta ‘co Totti!) si innesca la caduta da sindaco in pectore. Altra sintesi e chiosa geniale sull’Italia odierna. Finalmente sarà la quiete dopo la tempesta. Forse.
Una carrellata sugli interpreti è doverosa: tutti bravissimi ed empatici, in testa Maria Paiato, Andrea Pennacchi (faccia perfetta da Democratico), Anita Caprioli fantastica, Max Tortora gagliardo, Claudia Potenza grintosa, Stefano Ambrogi: il produttore squalo tra De Laurentiis e Cecchi Gori e infine lui Carlo, nudo e crudo fino al vaffanculo per poi pentirsene. Grande, er numero uno.
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