1 stagioni - 7 episodi vedi scheda serie
La nuova miniserie horror di Netflix (disponibile dal 24 settembre), creata e diretta da Mike Flannagan, dopo il successo di The Haunting of Hill House e The Haunting of Bly Manor il nuovo demiurgo della serialità soprannaturale del servizio di streaming, ha il suo cuore pulsante nella stessa biografia del suo creatore, dalla sua infanzia di chierichetto in una famiglia cattolica al suo presente di ex-alcolista, con il quale rielabora il suo personalissimo viaggio nella fede cattolica e nella dipendenza dagli alcolici attraverso un racconto fantastico, suddiviso in sette capitoli (Libri) di chiara ispirazione evangelica (Genesi, Salmi, Proverbi, Lamenti, Vangelo, Atti degli Apostoli e Apocalisse), e una riflessone psicologica (ma anche profondamente atea) sul sacro e sul profano, sulla remissione dei peccati e la redenzione, sulla crisi di fede e sull’estremismo religioso, sulla famiglia e sulla natura del male.
Ma, senza entrare troppo sul personale, l’intera vicenda raccontata in Midnight Mass verte soprattutto intorno a un’unica, grandissima paura: quella della morte.
Che cosa succede quando moriamo, ed esiste un qualche dopo?
Una domanda antichissima e complessa per rispondere alla quale sono nate religioni, miti ma anche filosofie e narrative, come anche quelle di genere soprannaturali e horror, le cui suggestioni portano anche a suggerire idee su come (?) si possa sopravvivere alla morte, o continuare comunque ad esistere anche (magari) in qualche nuova forma.
Spesso accostato a Stephen King non solo in quanto autore di diversi adattamenti dei suoi romanzi, da Il gioco di Gerald (2017) a Doctor Sleep (2019), ma anche per il suo stile narrativo, evidente anche nella serie Netflix The Haunting of Hill House, non a caso tratto dall’omonimo romanzo di Shirley Jackson (da sempre uno dei maggiori modelli d’ispirazione del Re), Mike Flannagan ha dimostrato di essere interessato a usare l’orrore come strumento di indagine dell’animo umano, mescolandone i registri e i linguaggi senza però rinunciare ai suoi elementi più popolari o alla natura più ludica del genere
Per quanto una storia originale, e non direttamente collegata alle altre serie realizzate per Netflix (per quanto ne condivida una buona parte del cast), Midnight Mass sembra in tutto e per tutto un’opera scritta dal Re del Brivido (evidentissimo poi il legame specifico con una delle sue opere in particolare) ma soprattutto attinge a piene mani al sottogenere del folk-horror, un’etichetta descrittiva per un’approccio al genere horror caratterizzato da forti elementi folcloristici introdotti nel cinema horror inglese negli anni’60 e ‘70 (un esempio su tutti il classico The Wicker Man di Robin Hardy del’73) e recentemente assurto a protagonista di una specie di rinascita sia al cinema, con Kill List (2011) di Ben Whatley, The Witch (2015) di Robert Eggers o il più recente Midsommar (2019) di Ari Aster, che in Tv con la serie The Third Day di HBO, e con protagonista Jude Law, che presenta con Midnight Mass similitudini non soltanto ambientali ma anche un forte approccio intimista al senso di colpa e all’elaborazione della perdita.
Finnegan, con il consueto aiuto di Kate Siegel (anche attrice e moglie oltre che partner creativa di tutti i suoi lavori), attinge a tale esperienze soprattutto per rappresentarne l’isolamento fisico (la serie é ambientata su un’isola con pochissimi contatti con il continente) e soprattutto psicologico (quasi tutti gli abitanti dell’isola cercano di scappare, isolandosi dal resto del mondo, da un qualche trauma del passato) ma anche per rappresentare lo stretto legame sia tra loro stessi (appaiono una specie di setta da molto prima dell’arrivo sull’isola dell’elemento soprannaturale) che con l’ambiente in cui vivono, che cambia e si degrada insieme al corpo e alla morale dei suoi abitanti (questo anche grazie alla plumbea fotografia di Michael Filmognari).
Una miniserie raffinata ma allo stesso tempo popolare, che tende a semplificare concetti complessi in modo che possano arrivare a chiunque attraverso una scrittura che trae la sua ispirazione dalla tradizione letteraria horror classica (in primis il sempiterno Stephen King), dalle influenze (anche) del folk horror britannico e attraverso il racconto corale di un’umanità capace di meschinità e bassezze molto prima del mostrarsi del soprannaturale, che al contrario si innesta e si amalgama agevolmente alla popolazione locale proprio in virtù di una già presente cattiveria umana e di vite vissute in maniera vile e ipocrita da persone che si fanno forza e scudo di una religione stravolta dalle loro paure.
Ed è proprio la dottrina cristiana e il suo credo apostolico, tra fede, colpa e perdono, ad essere al centro del racconto per una riflessione soprattutto sulla mancanza di fede (e sul fanatismo religioso) tracciando arditi paralleli tra religione e folklore (forse anche equiparandole, a parer mio sbagliando) attraverso un elemento di discontinuità (l’orrore e/o il soprannaturale) usato come uno strumento confezionato su misura per una riflessione (forse addirittura correlativa) tra fanatismo e credulità popolare (o popolana?).
E’ forse proprio questo il più grande pregio ma, al tempo stesso, anche il più grosso limite di Midnight Mass.
Fanno parte del cast, oltre a Kate Siegel, anche Zach Gilford, Hamish Linklater, Alessandra Essoe, Samantha Sloyan, Rahul Kohli, Annabeth Gish, Henry Thomas, Michael Trucco, Kristin Lehman, Robert Longstreet e Matt Biedel.
VOTO: 7
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