Cosima Spender si muove nella zona grigia, su quel confine che divide nettamente, oggi come allora, i detrattori e i sostenitori di Muccioli, entrambi convinti di avere la verità in tasca. La visione di SanPa ci fa capire che verità è una parola che sarebbe sempre bene declinare al plurale.
Chi, come me, ha vissuto gli anni 80 è cresciuto con San Patrignano, luogo familiare, anche se distante, che balzava agli onori della cronaca con notevole frequenza.
Ognuno di noi, all'epoca, aveva una sua opinione su Vincenzo Muccioli, sul processo delle catene, sul suicidio di Natalia Berla o sull'omicidio di Roberto Maranzano.
La serie Netflix diretta da Cosima Spender racconta tutti questi fatti unendo spezzoni dell'epoca con le interviste a chi quei fatti li ha vissuti in prima persona e ce li racconta a distanza di 40 anni.
Non è un caso che il sottotitolo della serie sia Luci e tenebre di San Patrignano perché la docu-serie racconta quei fatti strutturandoli come un giallo, facendo emergere le molteplici verità un po' alla volta, portandoci ora a empatizzare con Muccioli, ora a odiarlo, ora a temerlo. Anche le interviste ai protagonisti sono montate in modo che non sia subito evidente il loro ruolo nella vicenda né la loro opinione su Muccioli o sui fatti narrati. La verità di chi racconta emerge piano piano, episodio dopo episodio, è frammentata, incompleta, va ricostruita. In questo modo lo spettatore non ha un ruolo passivo ma è portato a interrogarsi, a dubitare e poi a ricredersi. E' come se la regista volesse dirci che le cose non hanno mai una sola faccia ma sono complesse, poliedriche e ciò che magari ha intenti positivi si rivela terribile negli esiti.
Cosima Spender si muove nella zona grigia, su quel confine che divide nettamente, oggi come allora, i detrattori e i sostenitori di Muccioli, entrambi convinti di avere la verità in tasca. La visione di SanPa ci fa capire che verità è una parola che sarebbe sempre bene declinare al plurale.
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