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Antidisturbios

1 stagioni - 6 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

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La recensione su Antidisturbios

di scapigliato
10 stelle

Quando i critici professionisti (vedi alla voce Pier Maria Bocchi) o comuni spettatori (vedi alla voce “molti utenti di questo sito”) parlano del cinema spagnolo o delle serie televisive spagnole, dovrebbero pulirsi la bocca. Sciacquarsela bene, più e più volte. Oppure, fuori di metafora, leggere, studiare, vedere molto di più di quello che fanno adesso, perché è molto probabile che la percentuale di inconsapevolezza, ignoranza e cattiva formazione, sia superiore a qualsiasi altra.

Da Pedro Almodóvar ad Álex de la Iglesia, passando per Alberto Rodríguez, Rodrigo Sorogoyen, Paulo Oriol e molti altri, il cinema spagnolo e la serialità televisiva insegnano a tutta Europa, e ora anche oltreoceano, come si può fare cinema di intrattenimento, di genere, senza perdere di vista l’autorialità, l’impegno e l’idea di cinema come linguaggio. Questo succede esattamente con quella che è a tutti gli effetti la più bella ed importante serie televisiva del 2020, Antidisturbios, creata e in parte diretta da Rodrigo Sorogoyen per Movistar+.

Se l’epica di Stefano Sollima è oscura e notturna, l’epica di Sorogoyen è realista e diurna, abbagliata dalla luce spagnola e ogni tanto visitata dalle ombre della notte, dalla confusione di una pioggia torrenziale o dall’angustia degli interni domestici come politici. In entrambi i casi siamo di fronte a un linguaggio e uno sguardo epici come da tempo non eravamo più abituati, tanta era la presenza del postmoderno anche a livelli grammaticali. Invece, con Sollima e Sorogoyen – Rodríguez è più neorealista e plastico nella rappresentazione del poliziesco come genere definitorio del contemporaneo – possiamo godere uno spettacolo classico in forma e contenuti quanto moderno. La chiarezza visiva e narrativa sono i punti di partenza delle loro poetiche. In particolare, in quella di Sorogoyen, l’immanenza del reale è superiore all’immagine impressionista, e ne fa campione di realismo pur declinando emotivamente ogni singola inquadratura.

Stiamo quindi parlando di un lungo film di circa sei ore in cui il linguaggio televisivo è straordinariamente bandito. Regia chirurgica, perfetta, senza nessuna sbavatura, compresa la direzione degli attori, già di loro di altissima qualità, da Raúl Arévalo a Roberto Álamo, da Patrick Criado a Álex García, dalla protagonista Vicky Luengo a Hovick Keuchkerian – ex pugile spagnolo di origine armena. Tutti in stato di grazia, perfetti e alchemici per dare vita a personaggi a tutto tondo, problematici, ambigui, veri. Non sono maschere, nemmeno stereotipi. Sono agenti antisommossa, e per questo già etichettati, ma sono innanzitutto esseri umani che fanno il loro lavoro. Vengono maltrattati, utilizzati per scopi politici, oltraggiati e insultati dall’uomo della strada che vede solo la punta dell’iceberg e non tutto il resto. Una vita e un’umanità sommerse che però fanno di questi uomini, uomini esattamente come quelli che li insultano, e che loro invece proteggono per senso del dovere.

Un cinema civile e politico fatto attraverso i codici del genere, in questo caso il poliziesco, quindi un cinema perfetto, nel senso di concluso, preciso, dove la forma è il contenuto e per tanto può arrivare a tutti e in qualunque posto per parlare del contemporaneo, ma anche solo per raccontare una storia, mettere in scena delle emozioni, far parlare e recitare dei personaggi, che poi, alla fin fine, è proprio quello che vogliamo quando si spengono le luci e partono i titoli di testa.

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