1 stagioni - 6 episodi vedi scheda serie
A ulteriore conferma della qualità delle produzioni HBO arriva questa nuova The Undoing - Le verità non dette (prossimamente in Italia su Sky Atlantic a gennaio), nuova produzione che segna il ritorno della premiata ditta David E. Kelly (produttore) e Nicole Kidman (protagonista) dopo il successo di Big little Lies.
Il soggetto di The Undoing è tratto dal romanzo Una famiglia felice di Jean Hanff Korelitz e quindi non è un progetto originale dello stesso Kelly ma riprende comunque, amplificandola, una particolare affezione dello stesso verso i “drammoni” matrimoniali e, per quanto in molti ne vedono una continuità di quanto già precedentemente elaborato dalla stessa coppia, in realtà The Undoing ne è completamente slegata, sviluppandosi quindi in maniera del tutto autonoma.
Non avendo vista tale serie non posso fare dei confronti a riguardo, ma ho avvertito invece una certa affinità, non soltanto tematica, con un’altra serie di qualche mese fa, Defending Jacob, con la differenza che se nella serie di Apple Tv al centro della vicenda c’era una classica famiglia americana della piccola borghesi di provincia, nel dramma di Kelly è invece l’alta(issima) borghesia dell’Upper East Side newyorkese a fare da sfondo alla vicenda, e se nel primo caso la famiglia viene completamente travolta dagli eventi, nella nuova serie HBO, forse proprio per la natura “aristocratica” (o dominante) della ricchissima famiglia Renner, la protagonista Grace, dopo un primo momento di sbandamento, reagisce invece con forza e veemenza arrivando, pur di salvare la sua famiglia (ma anche per proteggere il proprio status sociale e quindi anche il proprio potere “politico” ed economico), a usare qualsiasi mezzo per farlo.
La nuova serie HBO non è certo originalissima ma ha il vantaggio di presentarsi, pur nella sua banalità, in modo interessante, non evita certi stratagemmi ma li porta sullo schermo con cinismo e intelligenza, spargendo dubbi in continuazione per poi, immediatamente dopo, cambiare subito idea e spingendo altrove la narrazione con una facilità disarmante, in modo anche subdolo, a volte, ma che comunque funziona riuscendo quindi a catturare l’attenzione dello spettatore.
Vicenda che si differenziano da altri drammi simili perché, tra rivelazioni e sotterfugi (spesso, come detto, anche falsati o inconcludenti), rivelano quanto sia facile rimanere coerenti con l’idea che ci siamo costruiti di una persona, per quanto la realtà ne dimostri alla fine esattamente il contrario, piuttosto che mettere in discussioni quelle ferme certezze, anche (soprattutto?) di opportunismo, che sono le fondamenta di una intera vita, specie se di successo e di privilegi costruiti negli anni.
Un mondo spesso artificioso e di comodo che la eccellente regia della danese Susanne Bier rivela senza troppi espedienti, quasi bucolico tra un’immagine sfavillante e dai colori accesi, come se si trattasse di una favola (abbiamo una principessa, figlia di un Re, una famiglia adorabile con un amatissimo erede, un regno di cui disporre a piacere e.. un Orco che rischia di distruggere tutto) e, di rimando, il buio e le ombre della notte, con i riflessi luccicanti dell’Upper East Side di New York che si riflettono falsate nelle pozzanghere dei marciapiedi (in una metafora fin troppo esplicita) ma anche sulla percezione di come viviamo la realtà, di come spesso facciamo finta di non vedere o, peggio ancora, proprio non ci accorgiamo di ciò che abbiamo davanti.
Finché non è troppo tardi.
Protagonista assoluta della pellicola Nicolle Kidman, splendida come non la vedevo da tempo, nello “stereotipo” (ma di successo) di donna realizzata, ricca, di successo, con un marito esemplare e un figlio amatissimo e un mistero capace di distruggere completamente il suo mondo da favola.
Ottimo anche l’apporto di un grande Hugh Grant (sornione, mellifluo ma decisamente efficace), il solito sontuoso Donald Sutherland (patriarca amorevole ma spesso inascoltato), Edgar Ramirez (poliziotto fin troppo piacione), Lily Rabe (l’amica affidabile in ogni genere di situazione), Noma Dumezweni (avvocatessa in carriera "sulfurea" e tutta d’un pezzo), Il giovane Noha Jupe, Ismael Cruz Cordova e la nostra Mathilde De Angelis, ipnotica e fragile “lolita” dal notevole full frontal.
VOTO: 7
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta