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Raised by Wolves (2020)

2 stagioni - 18 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 1

  • 2020-2020
  • 10 episodi

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mck

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La recensione su Raised by Wolves (2020)

di mck
7 stelle

Buona e a tratti ottima Hard-SF condita e contornata da una misticanza indigeribile d'incrostazioni misticheggianti si spera risolvibile.

 

 

Homo s. sapiens. Canis l. lupus.
Gli ultimi - e i nuovi - esseri umani: allevati, cresciuti, educati, svezzati dai lupi.
Dalle fiere - androidi e ginoidi - di lubrificante lattice siliconico, similpelle cibernetica, silicio, grafene, titanio e cristallo.
Dal frutto dei lombi mentali di una fratricida razza in auto-estinzione: due fazioni in lotta continuativamente impegnate a tracciare e ritracciare il solco dell’Urbe, il pomerio dei propri meschini orizzonti, con le ossa dei loro morti ammazzati: atei e credenti, con gli uni, in minoranza, un poco imbarbariti, e gli altri, in maggioranza, a sfruttare la scienza - dei nemici, e la loro - chiamandola con un altro nome, una menzogna: camuffandola da dono divino.
E bravo il mio piccolo soldato.

 


“Ogni lutto che subisce lo spinge ulteriormente verso la fede.”

La serie - creata da Aaron Guzikowski (“Prisoners” di Denis Villeneuve e “the Red Road” col pilot a firma James Gray) per Scott Free e HBO - inizia benissimo, tanto registicamente (stile e forma, e veicolazione di contenuto e sostanza, con avvertibili richiami all'immaginario anime) quanto narrativamente (i due termini non sono né sinonimi né contrari, ma complementari), con i primi due episodi girati direttamente da Ridley Scott, poi tiene il passo, tanto col successivo paio, affidato al figlio, Luke Scott, quanto con la seguente coppia, assegnata a Sergio Mimica-Gezzan di “BattleStar Galactica”. Poi, la fumosità mistica (che, ripeto, potrà anche, forse, auspicabilmente, essere completamente diradata ed assorbita da una seconda stagione illuminante ed illuministica) prorompe - sintetizzata dallo Sfintere della Verità, aggiornamento futuristico del mascherone del fauno fluviale capitolino che già esplicita funzione nelle “Roman Holiday” di William Wyler e Dalton Trumbo - con la sua facile, ingannevole, attrattiva (un allungamento del brodo che Aaron Guzikowski affida ad altri 4 co-sceneggiatori), e Alex Gabassi, James Hawes ed ancora - per il finale di stagione - Luke Scott portano a termine l’impresa, il tutto coadiuvato da un cast molto buono composto dalle due coppie di genitori surrogati/sostitu(i)ti(si) Amanda Collin & Abubakar Salim e Niamh Algar & Travis Fimmel, più parte del cast componente la prole: Winta McGrath, Jordan Loughran, Felix Jamieson, etc… E Cosmo Jarvis come Deus ex Machina.
Fotografia: Dariusz Wolski, Ross Emery, Erik Messerschmidt. Montaggio: Claire Simpson, Michael Ruscio, Jennifer Barbot. Musiche: Ben Frost e Marc Streitenfeld (con la voce di Mariam Wallentin sul Main Theme / Opening Titles).

 


“Ho imparato che questo mondo non è come Madre e Padre. Non gl’importa se siamo felici, e non diventa triste quando moriamo.”

Come quasi sempre con Ridley Scott, quando si tratta di fantascienza [le saghe interconnesse di - soprattutto - Alien (con "prove evidenti" e dotate di virgolette sarcastiche - a meno che, molto più semplicemente e umanamente, per l'appunto non si tratti di vocazione al risparmio o di superficiale distrazione dal PdV degli effetti speciali digitali - che legano la serie ai prequel: giacché i nomi e le date non tornano a coincidere) e - a latere - Blade Runner] le cose iniziano alla grande… per poi finire, con la solita precipitevolissimevolmente indefessa calma ricolma di “Ma no, dai, andiamo avanti, vedrai che…”, in vacca con una ∼∼∼∼∼∼ serpentiforme lampreda volante…

[qui lacerante “tûmù duçe benignu / de teu muaè” instillato nel ventre materno attraverso un concepimento verginale - un essere biologico che, travestendosi da Cavallo di Troia, si connette per “magia” (aspettiamo la seconda stagione per clarkescamente distinguerla dalla Alta Tecnologia) attraverso un’interfaccia periferica compatibile ed inserisce entrambi i gameti (spermatozoo ed ovulo) con tutte le loro genetiche stringhe di codice algoritmico nel pre/post-disposto corpo cibernetico materno, rendendo infine la partoriente una novella Galantide) - in ambito di immacolata concezione]

…che attraversa indenne, passeggero forzato di una navetta non concepita per sopportare quella pressione e quel calore (ma cosa cazzo lo è?) il nucleo fuso di un esopianeta extrasolare (Kepler-22b, già bello che terraformato naturalmente - qui interpretato dal Sud Africa dei dintorni di Città del Capo -, quel che si presumeva potesse essere una meta piuttosto isolata atta a diventare un nuovo Eden ateo e che si rivela invece un crocevia alquanto trafficato della diaspora terrestre, con tanto di Neanderthal ed Ingegneri, dimostrando che tutto l’Universo è paese) scavato come un gruviera da semi-estinti drago-vermoni giganti…

(e quando dico giganti voglio dire giganti, belli grossi, veramente grossi, sesquipedalici: una via di mezzo fra “Game of Thrones” e “Dune”, con, ovviamente, una sistematica tassonomica ben riconducibile già attraverso uno sguardo superficiale e un paio di chiavi dicotomiche ad uno degli intermedi stadi larvali della biologia xenomorfa così come la conosciamo da Prometheus & Covenant)

…dei quali restano oramai solo le antiche vestigia dei cantieristici cunicoli del tratto aggiunto Molino Dorino - Rho Fiera alla M1. Sempre così, si finisce, con Ridley Scott: monocapiche anfisbene antigravitiche a pacchi, che ci vuoi fare? Ma gli vogliamo bene proprio per questo.

 

 

Buona e a tratti ottima Hard-SF condita e contornata da una misticanza indigeribile d'incrostazioni misticheggianti si spera risolvibile. 


* * * (¼) ½ (¾)        

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