1 stagioni - 12 episodi vedi scheda serie
I’m the fire-starter (but I don’t forget the sea).
Arabella - una anti(non)eroina nel senso più completo e compiuto del termine: adorabile e sgradevole, attraente e respingente, sensata ed irragionevole - cerca di licenziare il suo primo/secondo romanzo/collage lungo tutto il corso dei 12 episodi da 25/30 minuti l’uno, e nel finale di stagione (o di mini-serie) ci riesce, post-it dopo post-it, con l’aiuto risarcitorio del bagaglio universitario di trucchetti da scrittore di chi la abusò commettendo stealthing violando la sua dignità ed autonomia sessuale: catalizza, esorcizza, gestisce, sublima con la letteratura l’inconoscibile umano, ovvero l’elaborazione di una maggiore violenza subita, il precedente stupro perpetratole tramite drink spiking: lo assorbe, lo espleta, lo invera, lo supera, lo travalica, lo rivela: dopo che per tutta la serie ha cercato di risolvere un romanzo (nato da un e-book in PDF che raccoglieva vari tweet) ecco che adesso fa compiere un passo in avanti, verso il futuro (che prima o poi arriva, senza aspettare che noi si sia pronti o meno, perciò vale la pena provare ad esserlo), alla sua vita, organizzando il racconto attraverso un what if tripartito (vendicatrice assassina della brutalità inflittale e/o confessore del suo aggressore e/o santa martire per alcuni aspetti epifanica dispensatrice di giustizia del taglione e da un ulteriore e complementare punto di vista complice affetta da Sindrome di Stoccolma) e solo per certi versi, quindi non nella sua totalità, caratterizzato dalla compartimentazioni fra i blocchi narrativi che lo compongono: una è vera e due sono false, non necessariamente identificabili l’una o le altre grazie alla sequenza temporale con le quali vengono presentate? Una è impossibilmente derivata dalle conoscenze acquisite da un’altra? Tutte vanno a costituire un mash-up di un frammento, una breccia di improbabile verità possibile? Etc…
Michaela Coel (“Chewing Gum”, “Black Mirror: USS Callister”, “Black Earth Rising”) scrive, interpreta, produce (per BBC ed HBO) e dirige (con Sam Miller) questa potente ed antiretorica messa in scena di un evento violento accadutole realmente. Ottimo cast che comprende Weruche Opia, Paapa Essiedu, Stephen Wight, Marouane Zotti, Karan Gill, Lewis Reeves… La fotografia è di Adam Gillham. Il montaggio se lo dividono in 6, ma l’impronta omogenea ed inventiva è una. Le musiche originali son di Raffertie mentre il juke-box contiene Daft Punk, the Prodigy, Sons of Kemet, Ghali, Salmo, Tierra Whack…
“I May Destroy You” - considerando (per citare uno dei passaggi fondamentali della catarsi finale) la fame e la sete, le malattie e le guerre che punteggiano e pervadono il mondo - è la serie del momento, nel senso di momento socio-storico-politico, nel senso dello zeitgeist “occidentale”, tra Londra e Ostia Lido, nel senso ch’è la serie che rimarrà come riferimento per quando fra un quarto di secolo si vorrà spiegare il trapasso dagli anni dieci agli anni venti in tema di Me Too (e, collateralmente, di Social Media Addiction, Black Lives Matter, Enby e Framily; dopo GoogleGänger, MansPlaining, Revenge Porn, InfoVore, Ghosting, Cli-Fi e Fake News, e in attesa di Cancel Culture).
Potrei distruggerti: con una vera e concreta azione violenta o con una falsa ed inventata accusa penale. In un continuo, parossistico e contro-referenziale gioco serio e grave di scambio delle parti tra chi subisce l'azione o l'accusa e chi la compie o proferisce, la serie-capolavoro di Michaela Coel inquadra lo Stato delle Cose e lo restituisce frammentato e limpido, elaborato e profondo, collassando e risorgendo in un finale prismatico in cui le epifaniche agnizioni cortocircuitano e deflagrano sino a ricomporre il reale nella sua complessità.
E una pianta di pomodori in vaso che compare a scandire il tempo che passa - toh, è "già" passato - poggiata in un angolo contro la parete in mattoni di uno spoglio cortiletto interno urbano è un atto poetico ed esistenziale.
Bella, consapevole, coraggiosa, cruda, divertente, lucida, profonda, sorprendente, viscerale. La serie, e la sua autrice.
* * * * ½
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