4 stagioni - 24 episodi vedi scheda serie
“Si dice che gli Eskimo abbiano 40 modi per dire la parola neve”
Cardinal si inserisce nella (oramai affollata) scia del thriller nordico, imperante principalmente in ambito letterario (la serie è ispirata al romanzo “Quaranta modi per dire dolore” dello scrittore Giles Blunt), ma che si è ritagliato spazio anche nel folto (sotto)bosco delle serie tv crime.
Ambientato in Canada, nella regione di Algonquin Bay, vede come protagonista John Cardinal (interpretato dal “veterano” Bill Campbell), poliziotto scrupoloso con problemi familiari (la moglie bipolare) ed una nuova partner (la collega Lise Delorme, interpretata da Karine Vanasse [praticamente una sosia – più giovane - di Linda Cardellini https://cheezburger.com/8748833536]) da gestire.
La direzione della trama si concentra su un unico caso per stagione (4 in totale di 6 episodi ciascuna), di solito incentrati sulle azioni di spietati serial killer e sulle peripezie “orizzontali” della famiglia Cardinal (comunque in subordine rispetto al tema principale).
Le fonti d’ispirazione sono varie, si spazia da “True Detective” (soprattutto per la sigla espressionista, sempre diversa per immagini nelle 4 annate sul medesimo tema musicale: “Familiar” di Agnes Obel: https://www.youtube.com/watch?v=o4twJODCxVY) a “Fargo” (sia il film che la serie TV), dalle quali si “saccheggia” la dilatazione degli spazi e l’essenzialità dei dialoghi.
Con l’unica variante (“Colombiana”, ovvero l’espediente alla base del “Tenente Colombo” con Peter Falk) di mostrare allo spettatore quasi da subito (di solito al 2° episodio) anche il punto di vista dell’assassino/i (il/i feroce/i serial killer di stagione, in questo caso), con un efficace montaggio alternato non rivoluzionario nella resa ma funzionale nel dosare/contrapporre il “crescendo” delle indagini con le azioni degli antagonisti; tutti immersi nella fredda staticità di un paesaggio naturale (onnipresente, fortunatamente fotografato in maniera anti-cartolinesca) particolarmente inospitale, se non letale (nella 1^ e nella 4^ annata la natura è l’arma del delitto). Ritmo all’inglese (compassato e rarefatto) e sequenze d’azione molto realistiche, lontane dalle usuali “bassezze” del mainstream seriale “Made in USA”, con l’incertezza che frena nelle irruzioni e la paura che tramuta il respiro in ansimo negli scontri a fuoco, situazioni ben rese da interpreti convincenti (Bill Campbell su tutti, ma anche Glen Gould).
Derivazioni stilistiche efficaci alle quali si contrappone di contro una innegabile ripetitività delle situazioni, che alla lunga palesa una certa debolezza di scrittura e un eccessivo ricorso a cliché abusati (la setta indiana della 2^ stagione o il gruppo paramilitare apocalittico della 3^) che risultano poco applicabili – pur in ambito seriale – alla realtà canadese, facendo alzare il livello di inverosimiglianza di alcune soluzioni (soprattutto nella 4^ stagione, la più debole) palesemente cozzanti con il ricercato “realismo” dell’impianto narrativo.
Il tutto comunque senza far mai venir meno la godibilità della visione (ne va dato atto al carneade autore Aubrey Nealon, anche sceneggiatore) né una robusta vena antiretorica che non risparmia allo spettatore (in controtendenza rispetto all’english style) la giusta dose di morbosità ed efferatezze varie.
Con dolore.
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