1 stagioni - 7 episodi vedi scheda serie
Destinazione: "Scappa!"
Non è certo stupida, ma intelligentemente sciocc(hin)a sì, “RUN” (maiuscolo messaggisticament’esclamativo, non acronimico), la serie (7 ep. da 25' l’uno) creata, showrunnerizzata e scritta (con Adam Countee, David Iserson, Georgia Pritchett e Kristie Swain) nel 2019...
-[un paio d’anni dopo aver steso il copione di uno degli episodi più impattanti della prima stagione di “Killing Eve” (il 3°, con Villanelle vs. Bill) e qualche mese prima d’aver curato la regìa del ritorno nell’originale versione teatrale di “FleaBag” (dopo l’uscita della seconda stagione della serie derivata) con l’assolo di Phoebe Waller-Bridge (che qui compare come attrice in una tenera e folle parte secondaria e anche tra i produttori esecutivi) sull’assito di un palcoscenico del West End]-
...da Vicky Jones per HBO e trasmessa attraverso gli eterei cavi di quell’emittente nel corso della primavera dell’anno successivo, in pieno coprifuoco semi-planetario. In questo senso è pienamente… “british” [anche se poi, per ovvie ragioni, la storia è ambientata lungo un classico coast to coast ferroviario statunitense est to west da New York a Los Angeles, perché, insomma, un railroad trip da Trieste a Trapani ci sta alla grande - nonostante o proprio grazie al fatto che gli ultimi 750 km, pur estremamente caratteristici, assumerebbero forse l’aspetto di un Grand Tour... de Force -, ma un tragitto da Penzance a Thurso non mi pare, ecco, proprio la stessa cosa: non voglio dire che Busto Garolfo a novembre o a febbraio sia comunque sempre meglio di Kilmarnock in tarda primavera o prima estate, questo no, ecco, però…], con tutti i difetti e i pregi del caso.
- Sono morte due persone a causa della mia carriera. Non è una gran bella pubblicità per un cazzo di life coach.
- Sai cosa? Stavano entrambi percorrendo il loro cammino…
- Che fai, adesso, citi dalle mie opere?
- Oh no, no… Pensavo fosse solo un cliché da usare un po’ così, giusto per dire…
Molti sedicen-t/n-i critici hanno per l’occasione tirato spesso in ballo (pur contestualizzando e riproporzionando il tutto, per carità) Alfred Hitchcock: diciamo solo che in codesta circostanza citare “the Darjeeling Limited”, “SnowPiercer” o “the 15:17 to Paris” sarebbe altrettanto “sensato”, e chiudiamola così.
Non so cosa sia successo, m’all'improvviso ci si aspettava che io rinunciassi alla mia vita, che tutto d’un tratto apparteneva ad altre persone, due delle quali sono minuscole, e adorabili, ma non hanno neanche una vaga idea di quello che mi hanno portato via. E io sono terrorizzata dal fatto che la mia infelicità in qualche modo li ferisca. Volevo soltanto essere vista. E dopo aver cercato per non so quanti cazzo di anni di farlo nel modo più giusto, sembra che il metodo più efficace che abbia trovato sia quello scomparire.
Poi, con Merritt Wever (“Series 7: the Contenders”, “Signs”, “Studio 60 on the SunSet Strip”, “Michael Clayton”, “InTo the Wild”, “Nurse Jackie”, “GreenBerg”, “Tiny Furniture”, “BirdMan”, “MeadowLand”, “Godless”, “Charlie Says”, “Welcome to Marwen”, “UnBelievable”, “Marriage Story”, “ROAR”) al comando come protagonista davanti alla macchina da presa, coadiuvata dallo sparring partner Domhnall Gleeson (“Ex Machina”, “the Revenant”, “Mother!”, “the Kitchen”), il valore aggiunto già dalla partenza è sensibilmente alto (e confermato dal risultato finale), ed è quasi impossibile sbagliare il bersaglio dell’intrattenimento artistico. Chiudono il buon cast Rich Sommer (“Mad Men”, “GLOW”, “Summer of 84”), Archie Panjabi (“the Good Wife”), Tamara Podemski (in un ruolo consimile - costruito attorno alle sue origini Anishinaabe materne più che a quelle ebree paterne - a quello interpretato inel di lì a poco successivo “Outer Range”), Saamer Usmani, e, in cameo condiviso, due grandissimi caratteristi: Stephen McKinley Henderson (“Lady Bird”, “DEVS”, “Dune - Part One” e i prossimi “Disappointment Blvd.” e “Civil War”) e Annie Golden (da “Hair” a “Orange Is the New Black”).
I tre registi coinvolti nel progetto sono suddivisi e (s)compartimentati per location: Kate Dennis dirige i primi 4 ep. ambientati sul treno, Natalie Bailey invece si occupa dei 2 che raccontano dell'amena sosta imprevista in mezzo al bucolico nulla boscoso del placido sprofondo provinciale americano, mentre Kevin Bray, infine, gira l'ultimo ep. di nuovo in carrozza.
Gran bella soundtrack (due canzoni, tra le seguenti, non appartengono alla tracklist di “RUN”, ma vi aderiscono perfettamente: chissà quali sono…). Oltre a Lake Street Dive, Brittany Howard, the Kills, Joni Mitchell, Suzi Quatro, Colter Wall…
Feist – I’m Not Running Away
Piero Ciampi – Adius
Wolf Alice – Blush
Madame – Clito
Frazey Ford – If You Gonna Go
Cancellata dopo una sola stagione, la serie termina così (e forse con consapevole preventivazione) in maniera tutto sommato… conclusiva.
* * * ½ (¾)
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