3 stagioni - 22 episodi vedi scheda serie
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"-Sai, questo è il quarto funerale al quale sono stato in questo mese.
-Alla nostra età questa si chiama vita sociale!"
Sandy Kominsky è stato un attore promettente, poi catapultato in un ostinato anonimato che lo ha indotto a specializzarsi come insegnante di recitazione, circostanza che, probabilmente, lo ha reso ancora più distante ed inviso allo star system hollywoodiano.
Alla soglia delle settantacinque primavere, l'uomo si divide tra le sue lezioni verso un pubblico prevalentemente composto da giovani aspiranti attori in cerca di fama, tra i suoi crucci familiari di padre pluri-divorziato con velleità di conquista sentimentale mai dome, e l'amicizia-complicità con un facoltoso agente hollywoodiano più anziano di lui, reduce da una dolorosa vedovanza che lo avvicina ancora di più al suo fraterno amico, afflitto sempre più da una salute che l'età avanzata e probabilmente qualche trascuratezza di epoche passate hanno almeno in parte compromesso.
La professione, i sogni andati alla deriva, l'amicizia che aiuta a sopravvivere, le amanti, una delle ex mogli, e soprattutto il rapporto ironico e disincantato con la morte, che sfiora sempre più il nostro Kominski, che non per questo rinuncia a vivere e a godersi il lato sarcastico di una vita altrimenti assai avara di soddisfazioni e belle notizie.
Sono tendenzialmente e da tempo assai poco avvezzo al fenomeno dei serials, pur conscio che molti di essi sono lavori confezionati con estrema cura e mestiere, meglio di molto cinema con vane aspirazioni di qualità.
Le ragioni di questa mia reticenza si annidano principalmente nella consapevolezza di non riuscire personalmente a gestire con determinazione e lucidità concreta l'eventuale dipendenza da fenomeni episodici di lunga durata.
Ma anche a causa di una certa consapevolezza che la serialità, tolto il ricorso necessario ed obbligato a colpi di scena indispensabili per guadagnarsi la continuità di seguaci, presuppone un tendenziale soggiacere a regole e schemi narrativi noti, che non stimolano quell'effetto sorpresa che un film a dinamica "monouso" regala allo spettatore, nel bene come nella eventuale delusione.
Detto questo ho lasciato che Il metodo Kominski facesse il suo corso e si guadagnasse i (meritati) elogi e premi che ne hanno giustificato le successive due stagioni.
Ma alla notizia che la serie avrebbe permesso una sorta di spuria reunion dell'indimenticabile terzetto "guerrafondaio ed avventuroso, oltre che glamour e sfavillante risalente agli ormai lontani anni '80, rappresentato da Michael Douglas+Kathleeen Turner + Danny De Vito della trilogia spuria composta da All'inseguimento della pietra verde, il suo seguito Il gioiello del Nilo, e il film cult sulla fine dell'armonia e dell'equilibrio familiare nel distruttivo, corrosivo e miliare La guerra dei Roses, ecco che non ho saputo resistere, al punto da far miei tutti in tre sere i 22 episodi da circa mezz'ora l'uno che compongono le tre stagioni.
E che arguzia!, Che intelligenza di dialoghi sapidi e scoppiettanti di sana ironia!
Non è poi così semplice e scontato sbeffeggiare la morte raggiungendo vette sarcastiche così cinicamente sopraffine, sferzanti, acute ed esilaranti.
Merito di una intuizione geniale del regista, produttore e sceneggiatore televisico Chuck Lorre, ma non meno dell'accoppiata vincente ed irresistibile rappresentata dai due protagonisti assoluti del serial, ovvero un ironico e parzialmente autobiografico Michael Douglas nei panni di Sandy Kominski, e del suo amico facoltoso e vedovo Norman Newlander splendidamente reso da uno straordinario Alan Arkin (se possibile il migliore di tutti), la cui assenza pesa eccome sulla terza ed ultima serie, orfana di cotanto personaggio.
Completano il cast, come dicevamo, una Kathleen Turner nei panni della tenace ex moglie medico senza frontiere del Kominski, che entra in scena nella terza stagione, la ancora bellissima sessantenne Nancy Travis, nei panni di un'alunna più matura della media, ma non per questo meno degna di nota e mire da parte del Kominski; la figlia sciroccata e strafatta di Newlander, Lisa Edelstein, il figlio basso, fesso e grasso di quest'ultima (un irriconoscibile Haley Joel Osment ex enfant prodighe de Il sesto senso) la ricchissima amante dello stesso Norman, la ancora assai avvenente settantenne ex bondgirl Jane Seymour.
Danny De Vito invero si ritaglia poco più di un cameo nei panni di un estroverso e scanzonato urologo, mentre Sarah Baker e Paul Raiser sono la strana, esilarante coppia rappresentata dalla pingue ma tosta figlia di Kominsky, e l'attempato fidanzato di lei, coetaneo del futuro suocero.
La serie scorre scoppiettante, forte di qualche guest star di lusso (Elliott Gould, Ann Margret, Allison Janney, Barry Levinson, Morgan Freeman, Corbin Bernsen) spesso, ma non esclusivamente nei panni di se stessa, regalandoci una sorta di apologo divertente e tutt'altro che politically correct sulla vita che passa, la vecchiaia che coglie tutti quasi sempre impreparati ed increduli, ed una morte beffarda che si rifugge più efficacemente con lo spirito goliardico ed irriverente, piuttosto che con un sano e corretto stile di vita ostentato fino al sadismo.
Il cast di attori maturi gioca sul tempo che ha modificato e scolpito, non certo in senso positivo e clemente, i corpi belli e levigati (a parte il buon De Vito tascabile, che è l'unico che non è formalmente mai stato giovane, e l'unico su cui il tempo non si riesce a concentrare nella sua opera di perpetua inesorabile consunzione) che negli anni '80 hanno reso celebre, sexy e battagliera la coppia Douglas-Turner, ora destinati saggiamente a prendersi in giro con quella sana ironia che diviene uno dei più validi alleati per la sopravvivenza.
"...è interessante: non appena diminuisce il testosterone, la moralità aumenta… questa dovrei scriverla … è davvero buona."
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