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For All Mankind

4 stagioni - 40 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 3

  • 2022-2022
  • 10 episodi

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mck

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La recensione su For All Mankind

di mck
8 stelle

Tanti passi, anzi balzi. E giganteschi.

 

Al dispiegamento (forse un po’ troppo velocizzato) delle vele solari non ci si può non esaltare commossi, così come per l’ascensore spaziale di “Aniara” e “Ad Astra”. La scena è situata nel pieno e all’acme della corsa verso Marte (al suono di Frank Sinatra, Smashing Pumpkins, SoundGarden, Dean Martin, SuperGrass, OMC e RadioHead: insomma, oltre alla colonna sonora originale di Jeff Russo & Paul Doucette, il futuristico passato nel suo svolgersi si avvale di un paio di classici degli albori dell’Era Spaziale, da Mercury ad Apollo, per poi pescare a piene mani nel meglio degli anni ‘90, prima di entrare con “Kid A” nel XXI secolo: “Everything In Its Right Place”, even in Russia...) che caratterizza la prima parte di questa terza stagione della “For All ManKind” di Ronald D. Moore (che da ideatore, sviluppatore e showrunner per quest’annata lascia la scrittura diretta degli episodi totalmente in mano ai suoi collaboratori: dai co-creatori Matt Wolpert & Ben Nedivi di “Fargo” a David Weddle & Bradley Thompson di “BattleStar Galactica”, l'opus magnum di Moore, passando per Nichole Beattie, Joe Menosky, Sabrina Almeida ed altri), la quale inizia col botto per poi reggere alla grande almeno sino al giro di boa, quando la tensione narrativa cede eccessivamente venendo esageratamente condizionata dalle azioni di un paio di pazzoidi, appartenenti per altro alla stessa schiatta, essendo le folli gesta indipendenti tra loro frutto delle menti distorte di due fratelli, gli psycho-schizzati figli orfani dei due eroi lunari Tracy e Gordo Stevens: si tratta di una scorciatoia un po’ troppo, pur nel contesto di Hard SF iperrealista, inverosimile (di solito le teste bacate stanno al potere, elette dal popolo, e non – per lo meno non in questa misura fuori scala – in missioni militar-scientifiche selezionate secondo protocolli psicologici di sicurezza, anche se d’altro canto è pur vero che in parte qui c’entra il nepotismo e il privilegio), e venendo trascinata, stiracchiata e diluita per quasi metà del tempo complessivo può senza dubbio - e pur non compromettendo il risultato finale, eccellente - apparire (nella sua rappresentazione finzionale, non nella concretezza - ad esempio la traslazione dell'attentato stragistico di Oklahoma City da parte di McVeigh e soci -, delle loro azioni) un poco irritante.

 


Il passaggio da un ulteriore decennio all’altro spinge verso il limite della sospensione dell’incredulità, senza raggiungerlo, il make up (“Better Calla Saul”), ma non la CGI (“the IrishMan”), sul volto della maggior parte degli attori (ovviamente di quelli presenti sin dalla prima stagione), tutti bravissimi: Joel Kinnaman [“the Killing”; Ed Baldwin, capitano della Phoenix (ex Polaris) per la Helios; carattere basato su Thomas P. Stafford], Krys Marshall (qui al suo primo ruolo importante; Danielle Poole, capitano della Sojourner per la NASA), Lev Gorn (“the Americans”; Grigory Kuznetsov, capitano della Mars per RosCosmos), Wrenn Schmidt (“BoardWalk Empire”, “the Americans”, “the Looming Towers”; Margo Madison, direttrice - ora ex, con vista su Mosca - del Johnson Space Center, JSC, ora CSC, Cobb Space Center; carattere inizialmente basato su Frances Northcutt), Jodi Balfour (“Quarry”, “True Detective 3”; Ellen Wilson, da astronauta a semi-repubblicana “spodestatrice” di Bill Clinton), Shantel VanSanten (Karen Baldwin, da gestore dell’OutPost Tavern a direttrice della Polaris e poi vice-CEO della Helios), Sonya Walger (“Lost”, “FlashForward”, “Night Sky”; semplicemente: Molly Cobb, ovvero Jerrie Cobb), Coral Peña (Aleida Rosales, pupilla di Madison), Cynthy Wu (Kelly Baldwin, astrobiologa) e Piotr Adamczyk (anche lui “fatidicamente” in “the Americans”; Sergei Nikulov, ingegnere aerospaziale sovietico). Senz’altro meno performanti Casey W. Johnson e David Chandler, i già nominati Danny e Jimmy Stevens. E new entry per Edi Gathegi (Dev Ayesa, fondatore della Helios).    

Regìe di Sarah Boyd, Wendey Stanzler (Camping), Andrew Stanton (Finding Nemo, WALL•E, Finding Dory, Stranger Things, Better Call Saul, Legion, Tales from the Loop), Dan Liu e Craig Zisk (Weeds, Nurse Jackie, United States of Tara, the Big C, Parks and Recreation, the Looming Tower). 

Fotografia di Stephen McNutt (“BattleStar Galactica”) e Ross Berryman (“DoolHouse”).

 

 

Dai presidenti attori ai presidenti astronauti (saltando a piè pari gli handy-mongo-clown).        
Quello di “For All ManKind” è sì un mondo che a metà degli anni ‘90 del XX secolo si ritrova - un poco in anticipo sui tempi - sull’orlo della terza guerra mondiale, ma è anche un universo parallelo che viaggia lungo una linea spazio-temporale divergente dalla nostra in cui Margaret Thatcher è stata ammazzata dall’I.R.A., John Lennon è vivo e vegeto, Mikhail Gorbaciov esprime la propria solidarietà alla Signora Presidente U.S.A. che ha appena annunciato al mondo la propria omosessualità («C’è un famoso proverbio russo. Tradotto, suonerebbe così: “Sono scappato dal lupo, ma ho incontrato l'orso.”») e il back-ground tecnico-scientifico di “2001: a Space Odyssey”, alieni a parte (ma chissà se nelle ctonie profondità del sotterraneo lago marziano diguazzano xeno-batteri ipogei...), è stato quasi pienamente realizzato ben prima di entrare nel III millennio. Per cui, soppesando un po’ le cose, i pro e i contro (la Corea del Nord spara per prima due uomini su Marte mentre - non è dato sapere se - in Italia va in scena la crisi del Berlusconi I), beh, dai…

- Stag. 1 [1969-1975 (1983)] - 10 ep., 2019 - (***¾) * * * * (¼) 
- Stag. 2 [1983 (1995)] - 10 ep., 2021 - * * * * 
- Stag. 3 [(1992) 1995 (2003)] - 10 ep., 2022 - (***¾) * * * * (¼)   

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