4 stagioni - 40 episodi vedi scheda serie
Ode postuma alle ceneri di Laika: non c’è alternativa al futuro.
• Dove eravamo rimasti...
“Un sistema di attracco completamente androgino: nessuna sonda attiva, nessuna ansa conica passiva, nessun componente maschio o femmina. Tre petali, su entrambe le capsule, che simultaneamente si agganciano con manovre identiche.”
Qui di seguito, la cronaca, raccontata da articoli divulgativi, del vero (uno dei climax di questa seconda stagione di "For All Mankind", che avevo anticipato nella recensione alla prima annata e che qui ripropongo in esergo a prologo) primo incontro fra astronauti U.S.A. e cosmonauti U.R.S.S. [ovviamente in orbita terrestre (SkyLab = Soyuz-19 + Apollo-18) e non sulla Luna, e, se pur sempre in Guerra Fredda, ad ogni modo svoltosi in maniera più pacifica rispetto alla serie, ma, alla fine, altrettanto costruttiva...]. Tra i protagonisti, due nostre vecchie conoscenze: Alexei Leonov e Deke Slayton...
- https://www.nasa.gov/vision/space/features/astp_30.html
- https://it.wikipedia.org/wiki/Programma_test_Apollo-Sojuz
- https://lunasicisiamoandati.blogspot.com/2017/12/16220-apollo-soyuz.html
- https://it.rbth.com/societa/2015/07/15/usa-urss_e_quella_stretta_di_mano_nello_spazio_36683
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• Dove ci troviamo adesso...
“Che cavolo stai dicendo, Ronald?”
E iniziamo subito con un bel vaffanculo a Ronald D. Moore, e non certo per l’apologia verso un altro Ronald, Reagan, organizzata in un clima di piena utopia, e comunque “Reagan non era certo Bush Sr. né Jr. né Trump!”, e grazie al cazzo: “Roman Polanski è stato arrestato alla frontiera canadese mentre…”, recita il “cinegiornale su microfilm” proprio quando sullo schermo scorrono in concomitante sottofondo le immagini di Gary Coleman (¿¡) da “Diff’rnt Strokes”. Quando si dice “Le priorità!”, eccole.
Tra i Clash di “I Fought the Law” e il Richard Wagner della cavalcata delle Valchirie: “Il solo modo di difendere un pezzo di terra in questo o in qualunque altro pianeta è un uomo armato.”
Parlando della prima stagione di “For All Mankind” iniziavo il pezzo chiedendomi se, finalmente, avessimo incrociato davvero, anche solo per lo spazio-tempo di dieci episodi (lungo tre lustri), l’universo in cui si svolge “2001: a Space Odyssey”, quella linea dell’esistente che diverge percepibilmente dalla nostra soprattutto per la grande accelerazione che l’astronautica ebbe a patire da metà anni ‘70, mentre nel nostro creato dominio dopo le prime missioni Apollo facemmo rifluire tutti gli sforzi verso lo spazio orbitale terrestre (MIR, Hubble, ISS), dimenticandoci della Luna, lasciando Marte in mano ai rover e abdicando all’Oltre l’Infinito in favore delle sonde (Pioneer, Voyager, Galileo, Cassini, New Horizons…), ed ora, al termine della seconda stagione, si può affermare con scurezza che la progressione ha portato la serie creata per Sony/Apple da Ronald D. Moore (“BettleStar Galactica” e il progetto abortito dopo il solo pilot di “Virtuality”) a superare quella versione della Storia, anche se, per farlo, s’è dovuto incrociare - dopo qualche bella notizia, tipo l’Unione Sovietica di Breznev che decide di non provare ad invadere l’Afghanistan per investire quelle risorse risparmiate nella corsa all’esplorazione spaziale, la parziale fusione del nocciolo dell’incidente di Three Mile Island sventata grazie ad una tecnologia sviluppata (dritto in culo a quelli che “Cosa ci andiamo a fare nello spazio buttando via i soldi?!”) per la base lunare di JamesTown e il fallimento dell’attentato a John Lennon - un’altra opera di Stanley Kubrick, “Dr. Strangelove, or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb”…
Qualsiasi siano le diramazioni e le ramificazioni delle linee S/T, i 269 in volo sopra al Mar del Giappone quel 1° di settembre del 1983 - le "Vittime del Futuro" - continuano a morire. Spara, Jurij (Andropov).
• For All Mankind.
“[…] There is no strife, no prejudice, no national conflict in outer space as yet. Its hazards are hostile to us all. Its conquest deserves the best of all mankind, and its opportunity for peaceful cooperation may never come again. But why, some say, the Moon? Why choose this as our goal? And they may well ask, why climb the highest mountain? Why, 35 years ago, fly the Atlantic? Why does Rice play Texas? We choose to go to the Moon. We choose to go to the Moon...
We choose to go to the Moon in this decade and do the other things, not because they are easy, but because they are hard; because that goal will serve to organize and measure the best of our energies and skills, because that challenge is one that we are willing to accept, one we are unwilling to postpone, and one we intend to win, and the others, too.” - JFK, 12/09/‘62
Scrittori (lo showrunner Ronald D. Moore che coordina Matt Wolpert, Ben Nedivi, David Weddle, Bradley Thompson, Nichole Beattie, Joe Menosky, Stephanie Shannon), registi (Michael Morris, Andrew Stanton, Meera Menon, Dennie Gordon, Sergio Mimica- Gezzan), attori (Joel Kinnaman, Shantel VanSanten, Jodi Balfour, Wrenn Schmidt, Krys Marshall, Coral Peña, etc…) e le musiche di Jeff Russo (“Fargo”, “Legion”) confermano la potenza di questa serie che si situa solo un passo al di sotto dei capolavori di David Chase (the Sopranos), Matthew Weiner (Mad Men, the Romanoffs) e David Simon (the Wire, the Deuce), andando a pareggio con Terence Winter (“BoardWalk Empire”) e Aaron Sorkin (“the NewsRoom”).
Richie Havens suona e canta, da “Mixed Bag” del 1966, “Follow” di Jerry Merrick.
La colonna sonora preesistente ringrazia il divergere degli eventi che non hanno impedito a Tom Petty & the HeartBreakers, Herbie Hancock, Bob Marley & the Wailers, the Alan Parson Project, Devo, the Specials, the Chambers Brothers, Ramones, Waylon Jennings, Frank Sinatra, the Band, Elvis Presley, Huey Lewis & the News, Billy Swan, AC/DC, e pure gli Spandau Ballet, toh, di produrre i loro solchi e tracce.
• “I hold some grapes up to the sun…”
Molly (Sonya Walger), che tocca il nero stellato con un dito, mentre le particelle ad alta energia sparate da un’eruzione solare le attraversano il corpo creando onde nella polvere sabbiosa del suolo lunare (una sequenza terribilmente terrificante, in senso buono e tremendo), ed ora pilota una scrivania; e Tracy (Sarah Jones) e Gordo (Michael Dorman)… Tracy e Gordo, punto.
• “La via per Marte non passa per Houston, ma per Washington.”
1995: e mentre Kurt Cobain giura di non avere una pistola, uno scarpone calzato da un umano (statunitense, sovietico, cinese?) lascia un’impronta sul suolo marziano.
Mille e novecento e novanta e cinque.
- Stag. 1 [1969-1975 (1983)] - 10 ep., 2019
- Stag. 2 [1983 (1995)] - 10 ep., 2021
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• Dove ci stiamo dirigendo, ovvero: la strada che abbiamo percorso.
“Why Explore Space?” (in soldoni: “Perché spendere tanto per lo Spazio?”), ovvero: Ernst Stuhlinger (direttore scientifico della NASA) risponde (Letters of Note e il Post) a suor Maria Gioconda.
“Questa immagine è trattata con un algoritmo sviluppato per correggere i difetti dello specchio del telescopio spaziale Hubble. Ma quello che vedete non sono galassie: sono tumori al seno che prima erano invisibili. La nuova tecnica diagnostica viene dallo spazio. Letteralmente.” - Fonte: Federico Ronchetti, via Twitter.
“Le tecniche di elaborazione delle immagini astronomiche utilizzate per rendere più nitide le prime immagini riprese da Hubble si sono dimostrate efficaci anche nell'identificazione delle micro calcificazioni nelle mammografie (come quelle viste nell'immagine di accompagnamento), che sono indicative di cancro al seno. Quando applicate alle mammografie, le tecniche software sviluppate per aumentare la gamma dinamica e la risoluzione spaziale delle immagini inizialmente sfocate di Hubble hanno permesso ai medici di individuare calcificazioni più piccole di quanto potessero prima, portando a un rilevamento e un trattamento precoci. Prima viene individuato e trattato il cancro, maggiori sono le possibilità che un paziente si riprenda completamente e preservi la sua qualità di vita.” - Fonte: Rob Garner, via NASA.
Ode postuma alle ceneri di Laika: non c’è alternativa al futuro.
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