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Succession

4 stagioni - 39 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 1

  • 2018-2018
  • 10 episodi

L'autore

Stanley42

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La recensione su Succession

di Stanley42
7 stelle

Brian Cox

Succession (2018): Brian Cox

 

Sulle note del raffinato tema musicale di Nicholas Brittel – premiato con un Emmy nel 2019 – scorrono in montaggio alternato le immagini di una grigia e fredda New York unite ai filmati ricordo di una famiglia benestante. Di sfuggita scorgiamo i volti di quattro bambini, a stento si coglie la presenza della figura paterna, è invece assente quella materna.

Dei personaggi di Succession non ci è dato conoscere il passato, se non attraverso le parole dei diretti interessati, tanto loquaci su qualsiasi argomento ma estremamente reticenti a riflettere su sé stessi. Non ci sono flashback nel corso della serie, nulla che possa dischiudere le porte di un vissuto lasciato a intendere come traumatico; soltanto le poche immagini della sigla permettono di gettare un fugace sguardo sui tempi andati e pian piano tentare la ricostruzione di un puzzle cui manca sempre e comunque il pezzo decisivo.

Nella settima puntata (Austerliz) la famiglia Roy si riunisce per una terapia di gruppo con un famoso analista: la speranza è quella di poter appianare i conflitti interni tra padre e figli, portando così allo scoperto gli irrisolti attraverso il confronto diretto. Lo spettatore si attenderebbe un episodio introspettivo e dalla forte carica drammatica, inserito allo scopo di scandagliare l’intimità dei protagonisti, se non fosse che la sceneggiatura glielo nega. L’analista infatti, ospite nella sontuosa villa di famiglia, fa un maldestro tuffo in piscina, rompendosi tutti i denti sul fondo della vasca; il bilancio conclusivo non è dei migliori: ricovero immediato del malcapitato e psicoanalisi troncata sul nascere. Non sarà dunque attraverso un racconto esplicito che verremo a conoscenza dei retroscena dei Roy, impenetrabili per gli spettatori, ma solo se saremo attenti a cogliere i dettagli.

 

Nicholas Braun, Peter Friedman, Matthew Macfadyen, Sarah Snook, Brian Cox, Hiam Abbass, Kieran Culkin, Alan Ruck, Jeremy Strong, Justine Lupe

Succession (2018): Nicholas Braun, Peter Friedman, Matthew Macfadyen, Sarah Snook, Brian Cox, Hiam Abbass, Kieran Culkin, Alan Ruck, Jeremy Strong, Justine Lupe

 

Volendo essere brevi, Succession è già tutta riassunta qui: soluzioni narrative mai concilianti, personaggi odiosi ed enigmatici dal fascino indiscutibile, dolorosi drammi familiari attraversati da situazioni tragicomiche. Jesse Armstrong e il suo team confezionano una serie tv dalla scrittura brillante, avvincente anche nelle parti più dense. La storia non è di quelle facili da seguire, complice un'articolazione dell’intreccio che specialmente nell'annata iniziale richiede un certo sforzo in termini di attenzione. Cruciale è la prima parte di stagione, con l’inizio in medias res potenzialmente respingente per lo spettatore non interessato a seguire un racconto difficile: veniamo introdotti senza troppi preamboli al giorno dell’ottantesimo compleanno di Logan Roy, patriarca dell’omonima famiglia e presidente della ditta di telecomunicazioni Waystar Royco, tra le più potenti del paese.

L’anziano imprenditore deve annunciare chi tra gli eredi prenderà il suo posto di amministratore: in pole position c’è Kendall, già inserito all’interno della compagnia e smanioso di sostituire il padre, ma i due fratelli Roman e Siobahn (Shiv) minacciano una decisione solo in apparenza definitiva. In mezzo c’è spazio anche per raccontare le vicende di Tom, futuro marito di Siobahn, Gregg, nipote di Logan e Connor, figlio nato da un precedente matrimonio ma totalmente disinteressato alla successione. La situazione cambia drasticamente quando il patriarca annuncia che non lascerà il suo posto di CEO, ma anzi continuerà a dirigere la Waystar a tempo indeterminato. Tra tutti, Kendall è quello a temere di più per la propria posizione, tanto da cospirare contro il genitore; nel mentre Roman viene assunto nella ditta e Shiv persevera nel lavoro di consulente politico per i candidati delle prossime elezioni presidenziali, dissimulando l’interesse per la compagnia.

 

Brian Cox, Jeremy Strong

Succession (2018): Brian Cox, Jeremy Strong

 

La prima puntata (Celebration) si chiude con un'inquadratura significativa: lo zoom a retrocedere mostra uno dei tanti quartieri popolari di New York al tramonto con gli enormi palazzi di appartamenti. È una delle pochissime volte nella serie in cui vediamo la popolazione comune, non appartenente a quello 0,1 % dei ricchissimi protagonisti: Succession non ha la minima intenzione di raccontare vite ordinarie, anzi se ne distacca immediatamente per introdurre il pubblico in un mondo che corre parallelo al nostro. Un universo fatto di yatch, ville sontuose e miliardi di dollari trattati come spiccioli; se il portafoglio è ciò che distanzia i ricchi dai poveri, i problemi relazionali invece li accomunano. Torna l’incipit tolstoiano secondo cui "Ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”: Succession prende due temi abusati nel cinema e nelle serie televisive degli ultimi decenni - la famiglia disfunzionale e lo scontro per il potere (The Sopranos e Game of Thrones, tanto per citare due probabili ispirazioni) - ma li cala nella realtà contemporanea dei mass media in una riuscita commistione tra tragedia dagli echi shakespeariani suggeriti dalla colonna sonora e farsa comica. Logan Roy è un King Lear che, invece di scegliere a chi affidare il trono, preferisce tenerlo tutto per sé, in barba al rapido cambiamento dei tempi, dove la carta stampata e le televisioni sono sul viale del tramonto della popolarità a causa dell'avvento del web.

La serie lo racconta scegliendo la coralità, imbastendo trame e sottotrame per i personaggi più importanti, qui sullo sfondo rispetto allo scontro principale che fa da ossatura alla stagione, dopo l'iniziale assestamento: Kendall tenta disperatamente di rubare la scena al padre, nella convinzione di poter battere allo stesso gioco chi quel gioco lo ha inventato. Logan è sempre un passo avanti rispetto all’aspirante parricida e la sceneggiatura ci tiene a far percepire la sostanziale invincibilità del vecchio re, cui nemmeno un ictus toglie la forza combattiva.

Al contrario, saranno una serie di scelte sbagliate e avventate a condannare Kendall alla sconfitta. Il ragazzo, inizialmente prescelto per diventare capo, nel giro di poco ripiomba nel baratro della droga da cui era faticosamente uscito, umiliato a più riprese dal genitore che dimostra di aver cresciuto i figli senza il minimo affetto, poiché solo due cose contano davvero: concludere gli affari e vincere contro chiunque, anche se consanguineo. Il processo di disgregazione psicofisica di Kendall culmina nell’episodio conclusivo (Nobody is ever missing), dove la corda a lungo tesa finisce per spezzarsi, mentre sullo sfondo si festeggia il tanto atteso matrimonio tra Shiv e Tom.

 

Jeremy Strong

Succession (2018): Jeremy Strong

 

Nonostante l'incedere faticoso dei primi episodi, non si avverte mai la sensazione di essere abbandonati a sé stessi, come troppe volte capita nelle serie: gli sceneggiatori sanno perfettamente dove andare a parare, talmente sicuri da permettersi di costruire una stagione intera basata sull’attesa, dove la tensione accumulata per più episodi si scioglie soltanto in precisi momenti, svelando un enorme potenziale ancora trattenuto. La caratterizzazione dei personaggi viene prima di tutto e la volontà di condurla sottotraccia, puntata dopo puntata, accresce le aspettative per ciò che accadrà in futuro; mentre Tom e Gregg restano per ora più defilati, ricoprendo il ruolo di coppia comica, Roman e Shiv manifestano invece due comportamenti opposti nei confronti del padre-padrone: il primo non riesce minimamente a staccarsi dall’influsso nocivo di Logan, la seconda al contrario preferisce disattendere la volontà del padre di lavorare nell’azienda con l’intenzione di emanciparsi dal nucleo familiare. Ma nonostante i tentativi di mantenere il controllo, alla fine entrambi tornano a gravitare attorno al genitore, attratti più dal potere che da qualsiasi scrupolo morale o parvenza di dignità.

Ancora una volta, è come tali storie vengano narrate a fare la differenza: Armstrong abbina una scrittura tagliente delle battute a un umorismo satirico, inserito persino nelle situazioni più drammatiche, che rende Succession un concentrato di cinismo spietato e commedia nera in sorprendente equilibrio. La scelta vincente è quella di unire lo spiccato realismo delle vicende a una caratterizzazione dei personaggi costantemente sopra le righe, qui a tratti forse un po’ troppo caricaturale rispetto alle successive stagioni, ma efficace nel rappresentare la vita contraddittoria di persone problematiche. 

Peculiare anche il tipo di regia usato sullo stile di Adam McKay, produttore della serie e regista del primo episodio: la prevalenza di camera a mano con zoom sui volti degli attori nei momenti concitati, sporadici totali e inquadrature fisse, permette alla serie di fare un passo avanti rispetto alla regia cinematografica da dramma seriale alla Game of Thrones e un passo indietro rispetto al falso documentario in stile The Office. Dovendo concentrarsi molto sui dialoghi e le interpretazioni, queste caratteristiche si rivelano buone idee ma nella in questa  stagione non sono ancora dosate nella giusta maniera, causando in più di qualche occasione un effetto di confusione parecchio fastidioso. Note di pregio per il lavoro del cast: da Brian Cox a Sarah Snook, ogni attore è perfettamente aderente al personaggio e autore di performance in odore di premio che dimostrano il talento di tutti (Jeremy Strong e Kieran Culkin si rivelano due piacevoli sorprese).

 

Matthew Macfadyen, Sarah Snook, Brian Cox, Holly Hunter

Succession (2018): Matthew Macfadyen, Sarah Snook, Brian Cox, Holly Hunter

 

Appassionano le vicende dei Roy, non certo perché i suoi membri siano personaggi con cui poter empatizzare, ma per la crescente sensazione di assistere a un dramma dal respiro ambizioso, da tempo assente in televisione: una storia che senza fronzoli sapesse raccontare al meglio delle possibilità una realtà distante, troppo spesso vagheggiata o idealizzata dai media. Nell'ultima puntata tutti i personaggi toccano il fondo a eccezione di Logan, ma la chiusura dell’episodio non è affatto soddisfacente e lascia intravdere nubi all’orizzonte: la successione resta aperta.   

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