3 stagioni - 35 episodi vedi scheda serie
Non c’è due senza tre, e sulla distanza “LD&R” regge più che bene.
«They have passed beyond my ken. They have all discovered something, learned something, that has caused them to transcend my understanding. It may be that they even transcend being. At any rate, I cannot sense their presence anywhere. They seem to do nothing, they seem to interfere in nothing; for all intents and purposes, they seem to be dead. Vanished. They may have become gods, or ghosts. In either case, I have no wish to join them.»
Bruce Sterling - "the Swarm" - the Magazine of Fantasy & Science Fiction - 1982
1. “Three Robots: Exit Strategies” - * * * ½
Adattato da John Scalzi basandosi s’un suo soggetto originale e diretto da Patrick Osborne per Blow Studio (Spagna).
Tornano i tre robot, mascotte e manifesto della serie, e sulle spoglie ammuffite e rinsecchite delle umane vestigia citano, senza saperlo, Douglas Adams: la loro umanità è inscritta nel loro codice macchina sorgente tanto quanto l’animalità lo è nel DNA umano. Interrompe George Santayana («Those who cannot remember the past are condemned to repeat it», ovvero «Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo»: robot avvisato mezzo salvato) e rifila un finalino stupidino/sciocchino, ma è John Scalzi, prendere o lasciare.
2. “Bad Travelling” - * * * ¾
Adattato da Andrew Kevin Walker basandosi s’un racconto di Neal Asher e diretto da David Fincher per Blur Studio (U.S.A.).
Siamo in zona China Mieville con questo iper-classico (ammutinamenti e contro-ammutinamenti, in territorio crostaceo-brachiuro: il thanapode – colui che porta la morte con le zampe e le chele a tenaglia/cesoia – è una creatura tanto lovecraftiana (e uno...) quanto appartenente al Bas-Lag dove naviga l’Armada) horror marinaresco che solca oceani d’altri mondi sette-ottocenteschi.
Pseudopodi in qualità di controllo menti / 1.
3. “The Very Pulse of the Machine” - * * * ¾
Adattato da Philip Gelatt basandosi s’un racconto di Michael Swanwick e diretto da Emily Dean per Polygon Pictures (Giappone).
Iper-classicheggiante anch’esso, come il precedente, ma questa volta in rapporto all’Hard SF: delle quattro lune galileiane di Giove, Europa è senz’altro la più sfruttata – e a ragione – dalla letteratura e dal cinema, ma qui tocca al mediceo satellite iper-vulcanico Io, l’oggetto geologicamente più attivo del Sistema Solare. “Tutti questi mondi sono vostri…”, per citare l’A.C.Clarke di "2010", ma – continuando parafrasandolo – Io sono (m)io, anzi noi. E gran bel titolo / 1.
Voce protagonista di Mackenzie Davis.
4. “Night of the Mini Dead” - * * *
Adattato, basandosi s’un soggetto di Jeff Fowler e Tim Miller, e diretto da Robert Bisi e Andy Lyon per BUCK (U.S.A.).
L’utilizzo a manetta del miniature tilt-shift effect è la ragion d’essere dell’episodio. La “morale” finale (meglio: terminale) ingombra un poco in quanto parzialmente superflua anche/forse - perché – virata in farsa/sberleffo.
5. “Kill Team Kill” - * * ¾
Adattato da Philip Gelatt basandosi s’un racconto di Justin Coates e diretto da Jennifer Yuh Nelson per TitMouse (U.S.A.).
Banalmente “carino”.
6. “Swarm” - * * * * ¼
Adattato da Tim Miller e Philip Gelatt basandosi s’un racconto di Bruce Sterling e diretto dallo stesso Tim Miller per Blur Studio (U.S.A.).
Da un racconto classico, complesso, importante, proverbiale, seminale e storico del grande Bruce Sterling datato 1982, facente parte dello Shaper/Mechanist universe, ecco il cortometraggio migliore di questa terza stagione: trattata come una classe (regina, operaie, fuchi) della colonia, da utilizzare solo alla bisogna, l’intelligenza sorge all’uopo, a guisa di anticorpi del sistema immunitario dello Sciame, la genetica (non)consapevolezza collettiva ad alveare composta da una specie originaria che col tempo ha inglobato e “soavemente schiavizzato” decine e decine di altre specie coscienti di sé, rendendole simbionti senza cognizione e libero arbitrio.
Pseudopodi in qualità di controllo menti / 2.
Voce co-protagonista di Rosario Dawson.
7. “Mason’s Rats” - * * * ½
Adattato da Joe Abercrombie basandosi s’un racconto di Neal Asher e diretto da Carlos Stevens per Axis Studio (Scozia).
Ricorda un po’ the Dump commisto a Ice Age, entrambi della prima stagione, questo Ratatouille in versione Wallace e Gromit (non è vero, ma per dire). Simpatico quanto “prevedibile”, con qualche ratto-umano momento sorprendentemente commovente.
8. “In Vaulted Halls Entombed” - * * * ½
Adattato da Philip Gelatt basandosi s’un racconto di Alan Baxter e diretto da Jerome Chen per Sony Pictures ImageWorks (Canada).
Finale “telefonato”, ma sempre meglio che “Kill Team Kill”. E poi un’arcana, gigantesca e misteriosa divinità lovecraftiana (...e due) ci sta sempre bene. E gran bel titolo / 2.
9. “Jibaro” - * * * ¾
Scritto, basandosi s’un suo soggetto originale, e diretto da Alberto Mielgo per PinkMan TV (Spagna).
La forma e lo stile surclassano il contenuto e la sostanza… Ma che forma e che stile!
"Live" from Puerto Rico.
¡Muerte a los conquistadores!
Non c’è due senza tre, e sulla distanza “LD&R” regge più che bene, e speriamo in unª/º 4ª/º, 5ª/º, 6ª/º, settordicesimª/º antologia/volume.
Stag. 1 (18 ep., 2019) * * * ¾ (****)
Stag. 2 (8 ep. 2021) * * * ¾ (****)
Stag. 3 (9 ep., 2022) * * * ¾
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