1 stagioni - 5 episodi vedi scheda serie
Facili accuse di sensazionalismo per questa miniserie HBO che fa della precisa cronologia dei fatti e dell'eroico attivismo dei suoi personaggi principali, la cartina di tornasole per un prodotto mainstream alle prese con i fantasiosi effetti delle radiazioni ionizzanti e con la retorica kafkiana di un apparato di potere infingardo e pervasivo.
Dal suicidio del direttore scientifico della commissione di inchiesta sul disastro di Chernobyl, Valerij Legasov ai drammatici eventi che esattamente due anni prima avevano condotto al più grave incidente nucleare della storia, si snodano le vicende della miniserie targata HBO-Sky Atlantic in cui l'autore e produttore Craig Mazin adatta i resoconti dei protagonisti registrati dal premio nobel Svetlana Alexievich nel saggio-reportage 'Preghiera per Cernobyl' pubblicato dieci anni dopo la tragedia.
"Questa è la ricostruzione non degli avvenimenti, ma dei sentimenti. Per tre anni ho viaggiato e fatto domande a persone di professioni, destini, generazioni e temperamenti diversi. [...] Cernobyl è il principale contenuto del loro mondo. Esso ha avvelenato ogni cosa che hanno dentro, e anche attorno, e non solo l’acqua e la terra. Tutto il loro tempo." (Svetlana Aleksievic)
Una dichiarazione di intenti che avrebbe forse potuto condurre ad un'opera diversa, dove riflessioni esistenziali e indagine sociologica sarebbero confluite in un resoconto dolente e intimo sul grido di dolore di un popolo che subiva l'ennesima onta della storia: dall'ecatombe dell'Holodomor all'espropriazione dei piani quinquennali, dalle atrocità della guerra al lascito avvelenato di un apparato elefantiaco ormai al collasso; un film antispettacolare ed impegnato da affidare magari alle sapienti mani ed alla sensibilità di un manipolo di autori più interessati alla crudele eredità della storia (non solo quella soivietica) che alla curiosità morbosa che si accanisce sul corpo ormai in disfacimento del'ex impero sovietico. Difficile quindi sfuggire all'accusa di strumentalizzazione e sensazionalismo per questa miniserie (il nuovo trend delle produzioni seriali multipiattaforma) HBO, che proprio della precisa cronologia dei fatti e dell'eroico attivismo dei suoi personaggi principali fa la cartina di tornasole per un prodotto mainstream alle prese con i fantasiosi e sanguinolenti effetti delle radiazioni ionizzanti e con la retorica kafkiana di un apparato di potere infingardo e pervasivo; la scansione schematica e disascalica di una vicenda emblematica in cui la complessità dei fatti si riduce ad una lotta tra tendenze contrapposte (il dovere morale della verità scientifica e le bugie sistematiche di un apparato che antepone a tutto interessi economici e ragion di stato) e dove la contraddittorietà dei suoi protagonisti viene risolta con le facili recriminazioni in camera caritatis di un cinico carrierismo venato di antisemitismo (Legasov) e con la tardiva resipiscenza di un funzionario di regime folgorato sulla via di Pripyat (Shcherbina). Sorvolando sulla attendibilità storica e fattuale di alcune vicende (il ponte della morte, il sacrificio iniziale dei tre liquidatori, la contagiosità radioattiva dei contaminati), il racconto mette in parallelo la breve vicenda di una vittima civile della tragedia (la vedova Ignatenko) e la prevalente lotta contro il tempo per evitare una contaminazione ecologica di proporzioni continentali, sbilanciando la tragedia sul versante di quelle distorsioni politiche che ne erano state la causa principale (reattori mal progettati per ragioni economiche e mai messi in sicurezza) che si concludono con il più classico processo farsa istruito dalla Ceka (oramai KGB) con tanto di pubblico ministero in divisa militare e di perito scientifico cui solo la fantasia degli sceneggiatori e l'eroico intervento di un funzionario morente e disilluso, consentono di trasformare nella dura reprimenda verso la criminale avventatezza della catena di comando. Ancora più curioso, per una miniserie che soffre di alcuni passaggi a vuoto (gli sterminatori della fauna domestica contaminata) e di dichiarate forzature romanzesche (il personaggio interpretato da Emily Watson), è il battage mediatico (interessato?) che sembra aver suscitato, tra critici che fanno le pulci alle inesattezze scientifiche e storiche delle vicende narrate, per concludere con tesi semi-rezionarie sulla pretesa deterrenza nucleare di un conflitto mondiale definitivo e la reazione piccata dei media filogovernativi russi che, con il canale federale Ntv (Gazprom), minacciano di voler produrre una serie riparatrice complottista che dia la colpa ai soliti squallidoni di Langley in trasferta ucraina. Ricostruzione d'ambiente più che adeguata per una produzione che trova i suoi meriti artistici quasi esclusivamente nelle ottime caratterizzazioni di Jared Harris e Stellan Skarsgard.
Fortunato è quel popolo che non ha bisogno di eroi
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