3 stagioni - 18 episodi vedi scheda serie
Intanto, l’autunno s’affretta ad arrivare. E la vita si spegne in un lieto fine. “Bau!” (tradotto: “Not Dark Yet”).
All’inizio di questa terza ed ultima stagione di “After Life”, interamente scritta e diretta (6 ep. da 25' circa l'uno) per Netflix dal suo creatore e interprete principale, Ricky Gervais, il mondo s’è assestato e viaggia a quote più normali: il SARS-CoV-2 è affrontato col solito understatement britannico - o, meglio, inglese – in due battute secondarie nel secondo episodio (forse solo ne "i Delitti del BarLume" la questione pandemica è stata gestita - se pur in maniera del tutto diversa, cioè presa di petto - con altrettanta intelligenza) e la piccola cittadina di Tambury vive il suo ritmo normale di vita: il gitano manesco si scopa l’ex moglie obesa dello sfigato puzzone, il postino è fatto cornuto reiteratamente dalla compagna peripatetica e i bambini che stanno morendo di cancro cercano di non morire di cancro, ché il paradiso non esiste, ma una bugia detta a fin di bene è il miglior antidoto a Dio e un toccasana per procrastinare il suicidio: e se il compromesso raggiunto di fronte alla perdita di un altrui pezzo di sé (il “trauma” che detta legge, secondo un recente articolo del “New Yorker” da prendere con le molle, perché non è che da “the Tragedy of Hamlet” a “Moby Dick, or the Whale” la narrazione anglofona – e non solo – non viva di traumi e PTSD, eh) è quello di non cercare più di ammazzarsi, ma di fregarsene del morire, ben venga. E “Bau!” (ringhiato in faccia a Jorge Mario Bergoglio).
- La scienza ci dice come sopravvivere più a lungo. I sentimenti ci danno il motivo per volerlo.
- O non volerlo.
- Stavo andando così bene…
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A volte… mi sento felice. Non felice come la gente normale, o come riuscivo ad essere un tempo, quando ero felice senza saperlo apprezzare, ma… contento. Capisci? Mi pervade una specie di sentimento, come se il mondo fosse tutto a posto. In effetti... la vita sa essere fottutamente fantastica. […] Poi crolla tutto quanto, e non vedo l’ora di morire. Succede tutto in pochi secondi, e continuamente. Capisci?
E tutt’intorno a questo nucleo di dolore: prospettiva e contesto, e gentilezza (il vero "superpotere", mieloso concetto declinato meglio rispetto a quanto fatto da Paolo Genovese, per dire) verso il prossimo. Un motivo per cui continuare a vivere. Un impegno, una responsabilità.
Intanto, l’autunno s’affretta ad arrivare. E la vita si spegne in un lieto fine. “Bau!” (tradotto: “Not Dark Yet”).
Poi, oltre a Bob Dylan: RadioHead (Let Down), Cat Stevens (the Wind), Joni Mitchell (Both Sides Now) e… Rod Stewart (Mandolin Wind).
"After Life", se non fosse per "Detectorists", sarebbe - giocandosela con "Utopia", "FleaBag" e "I May Destroy You" - la miglior serie britannica di sempre.
- Stag. 1 (6 ep., 2019): * * * * (¼) – 8.25
- Stag. 2 (6 ep., 2020): * * * * (¼) – 8.25
- Stag. 3 (6 ep., 2022): * * * * ¼ – 8.50
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