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Russian Doll

2 stagioni - 16 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 1

  • 2019-2019
  • 8 episodi

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mck

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La recensione su Russian Doll

di mck
8 stelle

Vivere: non è difficile [potendo poi rinascere (cambierei molte cose)].

 

 

Never Ending Night, ovvero: un baco nell'algoritmo sorgente del flusso spaziotemporale: “Russian Doll” (la cui atmosfera è riconducibile, puttosto che a "Groundhog Day" di Harold Ramis, ad alcune diramazioni emozionali in parte assimilabili al losangelino “InTo the Night” di John Landis e al newyorkese “After Hours” di Martin Scorsese) è un “Black Mirror: BanderSnatch” in carne ed ossa, fattosi umano.  

 

 

- “Non è un bene o un male. È solo uno sbaglio, come quando un programma continua a bloccarsi. Il crash è solo un sintomo di un bug nel codice. Se l'arresto di sistema è la nostra morte, allora l'errore è lì, e dobbiamo correggerlo.”
- “Ma, se dobbiamo aiutarci a vicenda e non l'abbiamo fatto, come può non essere una questione morale?”
- “Cos'hanno in comune il tempo e la moralità? La relatività. Sono entrambi relativi alla nostra esperienza.”   

 

 

Tra working e middle class la macchina da presa, spesso gestita camera a mano, si aggira pedinando (precedendo, aspettando e seguendo) i protagonisti per le avenue e le street di Manhattan alla fine di un inverno newyorkese: uno scenario di sicure solide certezze: mattoni rossi a riscaldare le facciate di seminterrati e piani rialzati, balaustrate scale antincendio esterne in ferro, marciapiedi squadrettati in sanpietrini di porfido 10 cm x 10 cm e lastricati in quadrettoni di cemento 1 mt x 1 mt, e “un pompino in cambio di favori con rabbino incluso”...   

 

 

Un twist iniziale (im)portante, ripetuto al fin d'ingenerare il contesto della storia, un grande twist precipitevolissimevolmente binario a metà narrazione, e un grandioso twist sdoppiante verso il termine, che sfocerà in un'immagine finale potente e satoshikoniana, e, in parte, “convergente”, tutto ciò mentre la combriccola di barboni, clochard e homeless organizza, sullo sfondo e dietro le quinte del racconto, una colletta – elemosina, accattonaggio, appropriazione indebita colposa – al fine di organizzare un'epifanica, carnascialesca fiera della benevolenza contro la mostra delle atrocità quotidiane...   

 

 

Russian Doll” (8 ep. da ca. 25' l'uno) è anche - e finalmente! - l'One Woman Show di e per Natasha Lyonne (“Orange Is the New Black”, “AntiBirth”), che la crea (con Leslye Headland e Amy Poehler), scrive (oltre che con Headland e Phoeler, con la collaborazione per alcuni episodi, quelli centrali, di Allison Silverman, Cirocco Dunlap, Jocelyn Bioh e Flora Birnbaum) e dirige (oltre che con Headland, ep. 1-2-3-7, con Jamie Babbit, ep. 4-5-6, mentre lei si riserva l'ep. 8, ovvero il finale di stagione).  

 

 

Al suo fianco le amiche Greta Lee e Rebecca Henderson. La psicologa e “zia” Elizabeth Ashley (rivista recentemente in “Treme”). Il doppelgänger del destino Alan (Charlie Barnett). L'ex (Yul Vazquez), la botta e via (Jeremy Bobb) e il senzatetto barbiere/parrucchiere Horse (Brendan Sexton III). E ancora: Ritesh Rajan, l'amico di Alan, e Dascha Polanco (OitNB), l'ex di Alan.
Piccole parti, cesellate in corpi filmici esperienziali, per Chloë Sevigny [la madre, in un frammento anale-ss-(pt)-tt-ico dal 1991: a quel tempo, la figlia e l'amica di famiglia di professione psichiatra tentarono di "riparare le forze", stimolare, salvare, portare indietro ad una situazione migliore la donna, figlia, a sua volta, di due genitori entrambi sopravvissuti ai lager nazisti (o erano i gulag stalinisti?)] e Burt Young (un vicino di casa di Alan, in un cammeo che ricorda le performance penniana di Ernest Borgnine in 11'09''01 ed eastwoodiana di Eli Wallach in "Mystic River"), ambedue indimenticabili.   

 

 

Fotografia di Chris Teague. Montaggio di Todd Downing e Laura Weinberg. Musiche di Joe Wong.

 

Modello Matrioska (a seconda del cambio di scelte, strade e differente punteggiatura, la vita assume decisioni, prospettive e valenze diverse...): "Vivere: non è difficile [potendo poi rinascere (cambierei molte cose)]". Ma la vita, scava scava (nonostante l'evidenza per cui ognuna delle Nadia/Natasha cerca il suo schrödingeriano gatto - lo "stesso" - mentre il collasso della funzione d'onda genera l'interpretazione a molti mondi), una/quella è.

 

* * * ¾ (****) 

 

m.c., 02-02-'19

(giorno molto marmottoso)

 

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SoundTrack ("Gotta Get Up" di Harry Nilsson a parte, per l'appunto) parziale:

 

 

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