1 stagioni - 10 episodi vedi scheda serie
Attori di assoluti livello (Emma Stone, Jonah Hill, Sally Field, Justin Theroux..) compongono il cast di “Maniac”, la miniserie tv prodotta da Netflix.
In un imprecisato futuro distopico, in cui gli anni 80’ sono tornati prepotentemente di moda, numerose persone si candidano per entrar a far parte di una ristrettissima schiera di scelti, i quali saranno le cavie di un esperimento innovativo e ancora primitivo, che promette, senza complicazioni o effetti collaterali, di guarire tutte le loro malattie in modo permanente.
Annie (Emma Stone) e Owen (Jonah Hill soffrono di depressione. Entrambi, isolati dal resto del mondo, vivono alla giornata, con i ricordi che incombono di continuo a ogni loro passo. Annie ha perso la sorella a causa di un incidente; Owen ha una famiglia, ma si sente escluso ed estraniato per aver scelto, anni prima, di non entrare nell’azienda di famiglia, come invece avevano precedentemente fatto i fratelli. Quando i due entrano all’interno del progetto, un feeling inspiegabile li unisce e i loro destini si incrociano più volte durante la serie.
La cura del nostro presente e dei nostri mali va ricercata nel passato, nel profondo inconscio dove spesso nascondiamo i motivi del dolore che ci perseguita. La psicanalisi è l’unica in grado di aiutarci a dare una risposta, soprattutto grazie all’interpretazione dei nostri sogni. Lo psicanalista, anzi la psicanalista, non è un essere umano, bensì una macchina: il che ci permette di inoltrarci nel paragone con Black Mirror, simile anche nell’atmosfera plumbea e ostile che si stagna intorno ai protagonisti (almeno nelle scene esterne), in un mondo sempre più virtuale e meccanizzato. Se gli esseri umani non sono in grado di trovare una risposta alle loro domande, una medicina per i loro dolori, le macchine sembrano in grado di farlo. Ma in realtà non è così: anche il computer creato per guarire prova dei sentimenti, si piega alle emozioni tipicamente umane. La macchina-umana di Maniac ricorda moltissimo Hal 9000, il celebre occhio rosso di “2001: odissea nello spazio”, che è stato il pioniere del genere, il primo film a trattare un tema così innovativo e futuristico (il film è del 1968). Hal ha paura, lo dimostra nonostante egli non sia uomo, ma una macchina creata per sfidare la perfezione.
Pervasa dai sentimenti la macchina diventa umana, mentre l’umano aspira sempre più a divenire macchina. Una contrapposizione che ha dell’assurdo.
Così, mentre i protagonisti umani si affannano in cure e sogni, con la speranza un giorno di eliminare il dolore creato dai ricordi e dalle emozioni, l’unica via di fuga possibile è in loro stessi: ritrovare l’umanità e i rapporti umani, che ormai non possediamo più! Anche il più assurdo e inspiegabile rapporto umano, con qualcuno di distante e differente da noi, che non condivida i nostri gusti e abbia pregi e difetti opposti ai nostri.
“Più che macchinari ci serve umanità(..)Soldati, non consegnatevi a uomini macchina con macchine al posto del cervello e del cuore: voi non siete macchine, non siete bestie, siete uomini!” Le immortali parole dell’immenso Charlie Chaplin, si incastrano perfettamente con la realtà raccontata da Maniac.
In dieci puntate, Maniac è riuscita a raccontare una storia(non totalmente originale come ho già detto sopra) che, oltre a intrattenere, fa riflettere. Non si discutono le prestazioni degli attori, che confermano le aspettative poste prima dell’uscita. Ciò che rende Maniac un buon lavoro e non un ottimo lavoro è l’altalenante ritmo delle puntate, una scrittura non eccezionale e personaggi che tendono a banalizzare la vicenda in maniera eccessiva. Il finale non sembra aver lasciato spazio per una seconda stagione (ma, come visto con “la casa di carta”, tutto è possibile), ma la curiosità di vedere come Owen e Annie abbiano sviluppato il loro rapporto umano è veramente tanta.
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