2 stagioni - 20 episodi vedi scheda serie
Attualmente, è facile pensare di vivere in un mondo regolamentato da modalità assurde, anche quando il profitto, che sarà bastardo ma almeno rimane (parzialmente) decifrabile, rimane fuori campo. Bastano un paio di telegiornali - e non parliamo dei sempre più in voga social media, aree di condivisione in cui il brivido corre subitaneamente lungo la schiena - per porsi quesiti esistenziali destinati sistematicamente a rimanere senza risposta.
Forse, c’è qualcosa che sfugge a noi comuni cittadini e da un magma celato allo sguardo del mondo, prende vita Counterpart, una serie originata da un presupposto fantascientifico – il pianeta ha un doppio cui è materialmente interconnesso - per poi imbastire un raffinato congegno thriller e diramare questioni morali, legami interpersonali, porte scorrevoli che determinano chi, e cosa, siamo, distribuendo alcune potenziali risposte sul valore delle nostre decisioni, sul futuro che ci attende, così come sul presente che avremmo potuto vivere se fossero state intraprese scelte differenti in passato.
Berlino, oggi. Howard Silk (J.K. Simmons) è un uomo tranquillo, che lavora in un’agenzia governativa di cui non conosce nulla, se non lo stretto necessario. Proprio quando chiede ai suoi superiori una promozione, scopre che il nostro mondo è collegato a una sua copia, creatasi dal nulla circa trent’anni prima, ed è chiamato a confrontarsi con il suo se stesso, caratterialmente quanto mai distante da lui.
Questo incontro fuori programma deriva dal palesarsi di una minaccia, tesa a distruggere un equilibrio sconosciuto e di lungo corso. I due Howard sono chiamati ad affrontare il problema in prima persona, anche perché la loro moglie Emily (Olivia Williams) è in cima alla lista dei bersagli e Nadia Ferro (Sara Serraiocco), il killer da scovare, è già sulle sue tracce.
Scavando in una selva sempre più intricata, verranno a galla cospirazioni su larga scala, tali da poter gettare nel panico quel mondo che conosciamo da sempre come unico.
Tra la Storia, la scelta di ambientare la serie a Berlino con il suo iconico muro assume significati implicitamente legati alla contemporaneità, e un mondo reale sempre più incasinato e imperscrutabile, prende forma Countepart, una serie che getta le sue radici in molteplici campi, diventando oggetto consono alla soddisfazione di altrettanti palati, regalando a ciascuno di essi le soddisfazioni che tanto anela.
La base è fantascientifica e nemmeno argomentata, d’altronde tante questioni rimangono ignote e il prodotto ha una tale abbondanza di sviluppi che ogni domanda in tal senso finisce velocemente riposta nel comodino. A essere preponderante è un assetto da thriller, con numerosi misteri da svelare, seguito dall’azione, con alcune coreografie articolate, mentre il dramma legato ai singoli personaggi avvolge l’intero sviluppo, senza mai mollare la presa, annoverando alcuni acuti (in tal senso, il settimo episodio è colossale) e una progressione sostenuta.
Ciò è reso possibile da costruzioni psicologiche approfondite, laceranti e scattanti, con focalizzazioni multiformi, ad esempio sul doppio Howard (nel primo episodio), regalando a J.K. Simmons la preziosa occasione di manifestare un carico di talento quanto mai trasversale, ma poi prende a cuore anche i presunti personaggi scomodi, primo tra tutti Nadia (nel secondo episodio), un killer letale per professione, che però aspira ardentemente a quell’amore di cui è stata sempre privata, mostrato carnalmente senza falsi pudori (e Sara Serraiocco è audace e selvatica, una prestazione sorprendente e lontana dai cliché nostrani).
Quella che nasce è una ragnatela che intreccia molteplici destini, giostrando due linee spazio temporali, con confronti che aprono gli occhi procurando dolore, divergenze e analogie continue, senza mancare di uno sguardo globale: ogni scelta storica impostata su larga scala crea differenti velocità di sviluppo, diramazioni che modificano l’orizzonte a livello indefinito e mostrare un’altra evoluzione concorre ad allargare la visuale, oltre le nostre – per giunta circoscritte - disponibilità.
Una tavola imbandita a festa, che si allarga a chiazza d’olio, con rivelazioni sparpagliate in lungo e in largo a modificare lo stato dell’arte, rivalità e sospetti, la contrapposizione tra reale e la singola opinione, i piani alti sempre fuori portata, le scelte essenziali che nessuno vuole assumere, uomini misteriosi che sopravanzano gli Stati, con tanti buchi aperti che, a partire dal settimo episodio (momento in cui si combinano periodi differenti con abbondante uso di flashback), cominciano a essere tappati.
Inevitabilmente, agendo su svariati livelli, l’impasto accusa qualche passaggio a vuoto, più in generale questa stagione subisce dei faticosi rallentamenti nella parte centrale, ma su tutte le lunghezze d’onda ripaga della fiducia, producendo tensione e curiosità perpetua su quanto avverrà, ricordando quanto sia arduo stabilire un dialogo fruttifero.
In conclusione, questa prima stagione è stuzzicante sul tratto breve così come sulla lunga distanza, avvalendosi di evoluzioni incessanti e di molteplici punti di vista privilegiati, giusto la fase finale guarda un po’ troppo oltre (chiude una porta e apre un portone), a una seconda annata già confermata, lasciando un senso di (parziale) incompiutezza, ma un ricettario così ricco di opzioni, peraltro squadernate su più livelli (intrigo, azione, ma soprattutto umanità, condivisibile su più strati), produce un’essenza saporita, della tipologia difficilmente respingibile anche dallo spettatore più disattento o pretenzioso.
Incisivo e polifonico, un’autentica prelibatezza.
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