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Skam Italia

6 stagioni - 63 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 2

  • 2018-2018
  • 11 episodi

L'autore

scapigliato

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La recensione su Skam Italia

di scapigliato
10 stelle

La seconda stagione conferma il successo della precedente. Ascolti triplicati e trending topic su Twitter (Di Lorenzo, 2018), Skam Italia 2 segue la formula dell’originale che, oltre il taglio naturalistico delle immagini, si distingue per soffermarsi, di stagione in stagione, su un personaggio diverso. Mentre la prima stagione era appannaggio di Eva/Ludovica Marino e del rapporto tormentoso con Giovanni/Ludovico Tersigni – come succede in Skam España (Andem/Álvarez/Ayerra, 2018) ma senza la stessa efficacia – la seconda stagione si concentra su Martino/Federico Cesari.

È proprio il suo personaggio, durante la stagione precedente, a chiudere in cliffhanger l’ultimo episodio e aprendo quindi le porte al plot successivo. Martino, che avevamo lasciato nell’ambiguità di un’identità omosessuale, inizia a provare emozioni particolari per un nuovo ragazzo arrivato a scuola, tale Niccolò Fares. Il ragazzo, presentato fin da subito come il classico bello e maledetto, con una personalità sì creativa, ma anche problematica, è interpretato da Rocco Fasano, un giovane attore potentino che oltre alla recitazione ha coltivato la musica, diplomandosi presso il Conservatorio Gesualdo da Venosa, e lo sport, come nuoto e kung fu. La fisicità in effetti è la caratteristica che prevale nel suo personaggio energico, dinamico, vivace, persuasivo, determinato e risoluto. Una copia totalmente contraria a quella del Martino di Federico Cesari che nella seconda stagione si incupisce e immalinconisce portando il famoso “dolore di vivere” in superficie, trasfigurandolo nel volto, nei gesti, nella recitazione sottrattiva, sconfessando il personaggio brioso e brillante della stagione precedente. Un lavoro sul personaggio molto maturo e di notevole talento, che mi ha ricordato il giovane Elio Germano – per altro, proprio nel terzo episodio della seconda stagione, viene realmente accostato all’attore romano dai suoi amici.

La storia d’amore tra i due ragazzi, materia già di per sé poco raccontata nella serialità televisiva e nel cinema italiano, non è modulata su facili stereotipi e rapide svolte narrative. La bravura di Bessegato sta anche nel saper personalizzare il format norvegese di successo e adottare un’estetica propria con cui rappresentare, secondo il suo sguardo e, perché no?, il suo “tocco”, i temi principali. Nonostante i molti non-detti, tra cui l’assenza di nudità benché il tema lo richiedesse secondo la mia personale idea di rappresentazione e utilizzo del corpo attoriale (Fradegradi, 2018), Bessegato sa dare forma, una forma viva, naturalistica e al tempo stesso evocativa, alla storia. La poetica si fa estetica e il contenuto si fa discorso. La messa in scena è tale che il pubblico si immerge nelle storie, nelle strade, nelle aule e nelle camere dei suoi personaggi. I giochi di luce, il montaggio, una fotografia ricercata e magari antinaturalistica, come il primo bacio tra Martino e Niccolò in piscina di notte, agiscono come eccezioni visive, trasgressioni dello sguardo naturalistico per celebrare e iconizzare una scena, un volto, un sentimento.

In questa seconda stagione, intorno ai due protagonisti e alla loro storia, ruotano soprattutto gli amici di Martino, mentre le ragazze, molto più presenti nella stagione precedente, sono più marginali non incidendo sulla narrazione e non contribuendo allo sviluppo dei propri personaggi, a parte Sana che instaurerà con Martino un rapporto quasi puer-senex. Mentre invece, regolarmente presenti e influenti sulla trama ci sono Giovanni, a cui Tersigni conferisce sempre una freschezza e genuinità disarmanti, Elia, interpretato da Francesco Centorame e poco utilizzato nella prima stagione, e Luca, interpretato da Nicholas Zerbini, probabilmente, il miglior acquisto della stagione. Tutti e tre gli amici di Martino utilizzano le loro sfumature e i loro cliché per lasciar emergere il tormento interiore dell’amico innamorato, ogni giorno sempre più cupo e molesto. Se Giovanni è maturo e riflessivo, forse anche lui con un universo emozionale articolato, Elia è lo spaccone del gruppo, abbastanza rancoroso e utilitaristico, l’adolescente medio italiano che passa più tempo a pensare alla scopata epica che a concretizzare davvero qualcosa, mentre Luca è il fool, del quartetto, sostituendo di fatto il Martino della prima stagione. Zerbini irrompe nella serie come una piacevole sorpresa, dando al proprio corpo attoriale un tratto comico davvero efficace. Se al personaggio di Giovanni spetterebbe una stagione a lui dedicata, non si può fare a meno di rilevare come Centorame e Zerbini siano ormai fondamentai per la riuscita delle prossime stagioni.

I dieci episodi in cui è articolata la seconda stagione non lasciano un attimo di tregua allo spettatore attento perché il prodotto instaura un rapporto di complicità tale per cui la riconoscibilità delle emozioni vissute e delle storie raccontate risponde all’orizzonte d’attesa sia del pubblico più giovane come più adulto. I più giovani ritroveranno la loro attualità e il loro mondo rappresentati con efficacia, mentre i più adulti, sottoscritto compreso, rivivranno emozioni già vissute, rivedranno storie già viste, oppure si crogioleranno nel dubbio di come sarebbe potuta andare. Sicuramente, per ogni tipo di pubblico sarà piacevole la visione anche da un puro punto di vista cinematografico. La recitazione, la regia e gli accorgimenti tecnici, come già ampiamente detto, sono di ottima fattura.

Basterebbero solo alcune scene esemplari per sottolineare questa distanza estetica con la serialità e il cinema, per esempio, di Andrea De Sica (I figli della notte, 2016; Baby, 2018), per restare in tema. Pensiamo all’alchimia tra i personaggi maschili, Tersigni, Centorame e Zerbini e al gusto slapstick delle loro gag. I loro dialoghi, come quelli degli altri personaggi, non sono mai banali, bensì incisivi ed efficaci anche quando non veicolano informazioni fondamentali per l’avanzamento dell’azione. Assistiamo a una “coreografia del testo” in cui predomina il ritmo, incalzante e armonioso dei turni di parola, che evidenzia non solo un ottimo lavoro di gruppo, ma conferma la naturalezza degli attori nella recitazione, superando il limite tipico italiano della recitazione ad azione minima (Vicentini, 2007: 22). L’intero cast di Skam Italia 1 & 2, utilizza lo spazio e gli oggetti di scena in modo totale e continuo. Non solo: pensiamo alla scena in cui Martino svela la sua omosessualità a Giovanni. La reazione dell’amico è un ottimo esempio, innanzitutto di testo e regia, ma anche di recitazione mimetica. Tersigni, con piccoli scarti recitativi, comunica una serie di emozioni tra loro contrastanti, ma vere, sentite e pure coinvolgenti per il pubblico proprio attraverso l’utilizzo che l’attore fa dello spazio – il salotto e il divano su cui sono seduti – degli oggetti – la console della play station che ha in mano e il televisore dove è in azione il videogioco – e del suo corpo – gli sguardi, i movimenti impercettibili, gli scarti.

Skam Italia può ritenersi così soddisfatta di aver contribuito al miglioramento del linguaggio televisivo e cinematografico italiano attraverso tecnica e contenuti. La “bella generazione” (Fradegradi, 2018b) passa anche da Skam Italia, permettendoci di conoscere attori e attrici di disarmante bravura e competenza, di un’abilità scenica rara, capaci di trasmettere, in una serie dalla forte intenzione immersiva, emozioni e sensazioni precise e di evocare altrieri dossiani con la loro recitazione sincera.

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