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The Terror

2 stagioni - 20 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 2

  • 0-2019
  • 10 episodi

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mck

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La recensione su The Terror

di mck
7 stelle

Una storia poco raccontata e poco ricordata di una parte delle "Hands That Built America": "the Terror: Infamy" è un prodotto dignitoso che mai esalta, spesso annoia, ma a tratti convince.

 

 

• Premessa.

 

- Internamento dei cittadini statunitensi di origini nipponiche.

 

 

Nel febbraio 1942 la nostra euforia nazionale esplode contro i giapponesi, tutti i giapponesi, perfino i giapponesi della nostra stessa nazionalità. Un clamore spontaneo dilaga sia tra i capi dell'amministrazione, sia tra i cittadini normali: i nostri interessi nazionali sono minacciati da quei centoventicinquemila americani giapponesi sparsi lungo la nostra costa occidentale non più protetta. Questo elemento imponderabile, situato sul vulnerabile bordo del Pacifico, potrebbe approfittare dell'occasione per compiere atti di guerriglia o ricognizioni per conto dell'Armata Imperiale. E' vero che queste persone potrebbero restare irreprensibili come lo sono in questo momento. Ma il sentimento nazionale, lo sfavore con cui viene vista l'idea della pace con onore e i rischi che si corrono a basarsi su una supposizione sbagliata rendono impossibile, così ragiona il pubblico, scommettere su un buon comportamento e perdere. Quanto è in pericolo la California? Potremmo venire attaccati davvero? Quale minaccia rappresentino in realtà questi AAG - americani di ascendenza giapponese - non viene mai spiegato chiaramente. Ma l'allarme generale si basa sulla possibilità di segnali dai campanili delle chiese e cose simili. A metà gennaio Roosevelt fa approvare una proposta: tutti gli stranieri devono registrarsi presso il governo degli Stati Uniti. Il 20 febbraio 1942 il dottor Vinciguerra scrive un'altra ricetta, più forte ma messa in esecuzione in modo altrettanto silenzioso. Si tratta di rastrellare più di centomila di questi giapponesi americani, due terzi dei quali cittadini americani. Sono prelevati a forza dalle loro case e deportati in zone sicure. Il governo istituisce campi di concentramento nel Colorado, in Montana, nello Utah. Non esiste altro nome appropriato per questi villaggi prigione, circondati da filo spinato e custoditi da guardie armate. Sono costruiti con l'esplicito proposito di imprigionare i nostri nemici interni. Secondo un calcolo approssimativo, viene rastrellato circa il 90 per cento di tutti gli americani di origine giapponese. Vi sono compresi non solo gli issei, o cittadini giapponesi nati all'estero, ma anche più di 60000 nisei, cittadini americani della prima generazione, a cui sono stati conferiti tutti i diritti costituzionali goduti dagli agenti dell'FBI che vanno ad arrestarli. In tutto, più di 112.000 civili sono ammassati nei campi e tenuti là per i tre anni e mezzo successivi. Tra loro vi sono laureati della Università della California, per i quali il kanji è arabo e la cui idea della conservazione della propria eredità consiste nell'indossare il kimono al ricevimento in costume che segue l'incontro degli Orsi Bruni in occasione del raduno degli ex studenti. Padri, madri e bambini piccoli finiscono dalle parti opposte dei reticolati. Alcuni vengono alloggiati in stalle per animali finché non si crea dello spazio nei campi permanenti. Degli studenti della scuola superiore di Hollywood, figli e figlie di registi e attricette, una mattina entrano in classe e scoprono che i loro compagni, figli e figlie di funzionari degli studi cinematografici e di sceneggiatori, sono misteriosamente assenti. Il progetto dell'evacuazione di emergenza è gestito da un meccanismo amministrativo capace e ben oliato. Gente che non ha commesso nessun delitto e che non è nemmeno accusata di averne commessi deve vendere tutto quello che possiede a prezzi stracciati, ridurre i propri effetti personali a due valigie e salire su un camion a pianale piatto per essere condotto ai centri di smistamento. La gente viene arrestata in abito da sera, in giacca e cravatta, in grembiule da lavoro, in tuta. A molti vengono forniti abiti da reclusi: tute di jeans con sopra un numero stampinato. Ogni internato riceve una serie di documenti che deve tenere con sé: nome, data di raccolta, luogo di internamento. Alcuni sono redatti su carta intestata del governo in cui è stampato il messaggio: ''Mantenete libero il vostro futuro sottoscrivendo le obbligazioni statali''. È una faccenda sporca. Earl Warren, durante la breve fermata come procuratore generale della California in attesa di proseguire la strada che lo porterà alla Corte Suprema degli Stati Uniti dieci anni dopo, appoggia con decisione la retata. Alcuni suggeriscono che sia stato sollecitato da gruppi con forti interessi protezionistici, desiderosi di allontanare i piccoli commercianti giapponesi dal paese della libera concorrenza. Forse è così, forse no. Possiamo permetterci il rischio di correre il rischio di andare a vedere? Una volta che il sabotaggio è avvenuto, è troppo tardi per ammettere gli errori. Quando, due giorni dopo l'approvazione dell'internamento da parte di Roosevelt, un sottomarino giapponese cannoneggia una raffineria di petrolio a Santa Barbara, ogni opposizione all'idea crolla. Alcune mongolfiere esplodono sulla costa dell'Oregon, facendo sembrare la mossa sempre più preveggente, anche se abietta e indiscriminata. Meglio vivi e compromessi, dicono in maggioranza, che virtuosi e sopraffatti. Ma quando le settimane passano e non si verifica nessun altro attacco al continente, nessuno ripensa alla questione, se non quando è troppo tardi. Nessun imbraccia le armi per opporsi al provvedimento. Le armi sono già imbracciate in altre operazioni, in altri paesi. Inoltre che cosa si può dire? Opporsi a quello che tutti gli altri ritengono un male necessario significa essere un collaborazionista.”

 

Richard Powers (1957) - “Prisoner's Dilemma” - 1989 [trad. ital. di Luigi Schenoni (1935-2008), Bollati Boringhieri, 1996]

 

 

• Svolgimento.

 

“Non sono una spia. Sono un semplice pescatore. Amo questo paese.”

 

- 1919: Prefettura di Wakayama, Giappone & Terminal Island, San Pedro, California, U.S.A.

- 07 Dicembre 1941: Pearl Harbor, Hawaii, U.S.A.

- 19 Febbraio 1942: Ordine Esecutivo 9066 (Wikipedia e AgenziaComunica

- 1942-'43: Guadalcanal, Isole Salomone

- 06-09 Agosto 1945: Hiroshima & Nagasaki, Giappone

- 1950: Little Tokyo, Los Angeles, California, U.S.A.

 

 

"It’s a Plan."

Temporaneamente raccolti e stazionati in stadi ed ippodromi della costa ovest, dalla California (campo di raccolta di Manzanar) i cittadini statunitensi di origine giapponese finiscono in campi di detenzione, internamento e “concentramento” (nell’accezione neutra e letterale del termine) in Oregon, Colorado, Montana, Utah, North Dakota...

 

 

“Non è romantico, non è entusiasmante, ma per lo meno... è un progetto di vita.”

 

La seconda stagione della serie antologica “the Terror”, che per l'occasione riceve l'appropriato - relativamente all’argomento trattato - sottotitolo di “Infamy”, cerca di e riesce a, in parte, mantenersi lontana - per quel che può e vuole - dal mortale tedio che promana scaturendo dal filone del J-Horror contemporaneo (dell’ultimo quarto di secolo, non proprio “a partire da”, ma insomma girando intorno al “via libera” alla deriva del genere inferto dall’orrido quanto inutile Hideo Nakata) - anche se “per forza di cose” la radice quella è (famiglia: yurei, specie: onryo), col suo strascico di banalità telefonate e teleguidate: tanto per sostanza e contenuto quanto per forma e stile -, ma il confronto con la prima stagione è impietoso: lo showrunner (“ovviamente”) cambia, e, passando da David Kajganich (che a sua volta prendeva spunto, abbrivio ed ossatura da un ottimo testo di partenza qual è l’omonimo romanzo di Dan Simmons del 2007) alla coppia composta da Alexander Woo ("True Blood" e "the Immortal Life of Henrietta Lacks") e Max Borenstein [i film del MonsterVerse by Legendary ("Godzilla", "Kong: Skull Island", "Godzilla II: King of the Monsters" e "Godzilla vs. Kong") e un prossimo "Game of Thrones - UnTitled Spin-Off"]: l’alchimia interrazziale (e interfolkloristica) è forse la cosa, non solo “moralmente”, più riuscita [due protagonisti con relative famiglie meltingpot: ispano-americana + nippo-americano = abuele curanderiste + yukai (o)bake(mono)].

 

 

“Non c’è bisogno di spazzare via il dolore. Col tempo svanirà da solo.”

 

Ma i difetti di regìa (Josef Kubota Wladyka, Michael Lehmann, Frederick E.O. Toye, etc...), di sceneggiatura (Alexander Woo, Max Borenstein, Tony Tost, Shannon Gost, Naomi Iizuka, Steven Hanna, etc...), di montaggio [si consideri il prologo dell’ultimo episodio: un accenno ad Hiroshima che lì per lì potrebbe anche non per forza significare quel che quasi sicuramente significa, un movimento di macchina a rivelare - magnificamente - quel che infatti, in realtà, altro non poteva significare, e… rovinare tutto con l’incongruenza interna (conseguenza della ricerca di un facile, superfluo, “di troppo” surplus emozionale) di un solo volto sfregiato dalla schiuma dell’ondata di plasma generato dal Little Boy partorito dall’Enola Gay; riguardo allo stesso finale di stagione, invece, bellissimi i titoli di coda con le reali fotografie d’epoca ritraenti i famigliari e parenti di parte del cast artistico e tecnico impegnati a sopravvivere sotto alle armi e nei campi di detenzione o a morire sotto al maglio del KamiKaze Gaijin, il Vento Divino made in U.S.A.] e in parte di recitazione (il protagonista, Chester/Taizo, interpretato da Derek Mio).

 

 

• Conclusioni.

 

Però “the Terror: Infamy” merita comunque la visione: per due quartetti d’attori, uno maschile [C. Thomas Howell ed Eiji Inoue, ma soprattutto George Takei (sì, lui) e Shingo Usami] e l’altro femminile [Kiki Sukezane (Yuko) e Naoko Mori, ma soprattutto Miki Ishikawa e Cristina Rodlo).

 

Stagione 1 (2018): * * * * (¼) - 8(+)  

Stagione 2 (2019): * * * ¼ (½) - 6½ (7-) 

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