4 stagioni - 33 episodi vedi scheda serie
"For What?"
Amour fou, e fu. La fine, allora (che con comprensibile ed immaginabile inesorabilità ricusa e confuta eloquentemente il titolo). La fine è (una) nota (ai margini della Storia Segreta). F’un amor fou, poi non fu più.
“Il dolore ci rende estranei, persino a noi stessi.”
Villanelle le ha ammazzato la vita, per via diretta e indiretta.
“Penso che reinventarsi sia una forma di negazione.”
Toccava amarla, dunque, per liberarsi di tutto quel carico di afflizione.
La quarta ed ultima stagione di "Killing Eve", dopo Phoebe Waller-Bridge (FleaBag), Emerald Fennell (Promising Young Woman) e Suzanne Heathcote (Fear the Walking Dead), vede alla guida Laura Neal, entrata nel team di sceneggiatori l’annata precedente e, coadiuvata soprattutto da Kayleigh Llewellyn (In My Skin) che scrive in solitaria tre puntate, qui alla sua prima prova importante sulla lunga durata, e proprio rispetto a quel capitolo è sviluppata un po’ meglio e, anche se magari non raggiunge l’acume e la compattezza dei primi due volumi, chiude come altro non poteva essere nei fatti e con qualche felice intuizione nelle modalità di raggiungimento del climax: ad esempio, dopo 23 episodi di titoli in color neon/pastello stampati sulla panoramica architettonica della città in cui le nostre eroine si ritrovano a svolgere le loro avventure a spasso per il mondo, ecco che la serie si prende una “pausa” proprio durante la dirittura d’arrivo, con Eve e Villanelle in tranquilla “gita” di ritorno alla civiltà dalla fittizia isola scozzese di Feasgar (aka evening in gaelico locale: crepuscolante meriggiare vespertino) durante la quale hanno la possibilità di parlarsi, capirsi, accettarsi, reinnamorarsi, baciarsi, darsi reciprocamente pacche sul culo e fare all’ammmore.
• Un paio di scambi di dialogo.
(Cronaca. Corsi e ricorsi storici. Cause, concause e casualità.)
- Insurrezioni socio-politiche fallimentari nei paesi sovietici occupati dal 1975 al 1989. Psicologia peculiare di rivoluzionari ostacolati.
- Good title. Long.
(Le rotelle per la pizza in acciaio inossidabile non credo siano accessori standard della Bella Napoli d’Asporto.)
- Sono sempre stato ad un passo dal farmi uccidere da coloro con cui ho lavorato. La paura ce l’ho nel sangue. E quando non ho paura… ho paura.
- Io non voglio vivere così, però. E non voglio che lo faccia neanche tu.
• Un po’ di foto gorgeousissime.
…e alla fine di ogni preghiera / contava una vertebra [cicatrice, ematoma] della mia schiena…
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• Press Play!
Jodie Comer (“the Last Duel”, “Help” e la prossima “Big Swiss”), Sandra Oh (“Dancing at the Blue Iguana”, “SideWays”, “Hard Candy”, “Rabbit Hole”, “the Chair”), Fiona Shaw (“the Black Dhalia”, “the Tree of Life”, “True Blood”, “Ammonite”, “Enola Holmes”) e Kim Bodnia (“Pusher”, “Bleeder”, “Broen/Bron”): nulla d’aggiungere, niente. Anzi sì: Camille Cottin (Helene), Marie-Sophie Ferdane (Gunn) e soprattutto Anjana Vasan (Pam).
Stella Corradi dirige i primi e gli ultimi due episodi, mentre Anu Menon ed Emily Atef si dividono gli altri nel mezzo, due per una.
Grandissimo valore aggiunto, le musiche degli Unloved (gli statunitensi Jade Vincent e Keefus Ciancia e il nordirlandese David Holmes).
Oltre a quelle preesistenti di Shirley Bassey con “Don't Take The Lovers From The World”, Dalida con “Tzigane”, the Mistys con “Bite Marks”, WarGirl con “Sass Girl”, She Drew the Gun con “Behave Myself” e il ritorno di Der Räuber und Der Prinz (in odor di Deutsch-Amerikanische FreundSchaft) con “MoogWalzer”.
- Stag. 1 (2018) - Oh, Dear! - * * * ½-¾ (7.25)
- Stag. 2 (2019) - I Love You? - * * * ½-¾ (7.25)
- Stag. 3 (2020) - Smell Me! - * * * ¼-½ (6.75)
- Stag. 4 (2022) - For What? - * * * ½-¾ (7.25)
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