4 stagioni - 35 episodi vedi scheda serie
Dalla Germania tra le due guerre agli anni di Princeton: le idiosincrasie di un personaggio curioso ed egocentrico capace di grandi slanci, ma anche di umanissime debolezze, in una carrellata che abbraccia un po' disordinatamente i tumulti politici ed i progressi scientifici della prima metà dell'ultimo secolo del secondo millennio.
La vita, gli amori, gli studi, e le scoperte del genio per antonomasia del XX secolo, nel primo capitolo della serie antologica prodotta dal National Geographic e basata sulla biografia dello scrittore e saggista inglese Walter Isaacson.
Alternando ed incrociando i momenti salienti delle due stagioni (giovinezza e maturità) della vita e dell'esperienza intellettuale del fisico tedesco, i venti episodi di questo primo capitolo della serie delineano tanto lo scenario storico in cui si inserisce la sua figura (la Germania tra le due guerre e gli anni di Princeton), quanto le idiosincrasie di un personaggio curioso ed egocentrico capace di grandi slanci, ma anche di umanissime debolezze (le donne, la pipa), con una carrellata che abbraccia un po' disordinatamente i tumulti politici ed i progressi scientifici della prima metà dell'ultimo secolo del secondo millennio, agitando lo spettro dei nazionalismi e dei prodromi della guerra ideologica (la nascita dell'FBI, il maccartismo e l'ostilità antisocialista), in perfetta sintonia con lo spirito anarchico e sregolato di chi ha saputo guardare oltre gli schemi consolidati (il meccanicismo newtoniano e la teoria ondulatoria classica), contribuendo ad un nuovo paradigma sulla natura geometrica dello spaziotempo ma rifiutando ostinatamente le inconfutabili evidenze sulla natura probabilistica della realtà subatomica. Lungi dall'essere un effetto involontario, questa parcellizzazione dei tempi e delle esperienze del riottoso Albert Eistein sono il risultato di un soggetto articolato che, non ostante il taglio televisivo e la durata limitata dei singoli episodi (solo 43 minuti, anche se moltiplicati per 20), si propone di mettere tutta la carne al fuoco possibile: dalla turbolente adolescenza di insuccessi scolastici assortiti, di scontri col padre e amorazzi per prati, agli anni mirabili del travet autore di pubblicazioni scientifiche letteralmente folgoranti (soprattutto relatività ristretta ed effetto fotoelettrico) e precoci incombenze familiari (una moglie slava, geniale e zoppa e due figli da cui si sarebbe presto distacccato), dall'avversione accademica di una Berlino sempre più cupa a quella ideologica di una democrazia d'oltreoceano non meno sospettosa e antisemita, dalla controversa amicizia con colleghi alle prese con letali armi chimiche alla palese inimicizia con luminari del Terzo Reich che ne avversavano la fama, dal tour europeo di una carriera accademica che stentava a decollare (Praga, Zurigo, Berlino) al definitivo esilio oltreatlantico che lo avrebbe consacrato (esaurita ormai la vena creativa con quel capolavoro del pensiero umano rappresentato dalla Teoria della Relatività Generale) più come influente personaggio pubblico non privo di contraddizioni (la lettera possibilista a Roosevelt ed il pacifismo senile del movimento Pugwash) che come accademico un po' suonato alle prese con una Teoria del Tutto senza sbocchi, con una giovane discente saccente cui passare il testimone ed una conturbante spia sovietica sotto copertura da portare sistematicamente sotto le coperte. Nel segno di un didascalismo divulgativo difficilmente evitabile, sono narrati tutti gli incroci con i mostri sacri del pensiero scientifico d'inizio secolo: dal mentore Max Planck al confidente Carl Jung, dall'ormai anziano David Hilbert al giovane enfant prodige Werner Heisenberg, dalla emaciata Marie Curie all'arrogante Philipp von Lenard, fino all'ultima collaborazione con un condiscendente e paziente Niels Bohr. Una messe di fatti e vicissitudini afflitta da una scansione temporale un po' ridondante, che raramente avanza ipotesi suggestive (il ruolo della Maric nella formalizzazione delle sue prime tesi) e sembra solo sfiorare la complessità epistemologica del suo pensiero (stranamente manca Godel, sostituito da un senescente Bohr), mentre indugia sulle sue mancanze di padre di un figlio fragile e disturbato e di un altro che, sebbene valente tecnico, vive costantemente all'ombra di un genitore eccessivo ed ingombrante, con cui riconciliarsi però nel finale di stagione nella più classica delle narrazioni per famiglie. Un picaresco e gioviale Johnny Flynn tiene degnamente testa all'anziano e libertino Einstein di uno spinter della senilità ormonale interpretato da un superlativo e spiritato Geoffrey Rush. Più nomination che premi per una serialità televisiva che si propone di rendere accattivante la bellezza dell'ingegno umano ignorando le neglette gioie dell'analisi tensoriale.
Dobbiamo sapere...sapremo?
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