5 stagioni - 56 episodi vedi scheda serie
"tHm’sT-4": AN ELISABETH MOSS EXPERIENCE.
“Il giusto si laverà i piedi nel sangue dell’empio.” - Vecchio Testamento (roba forte, roba buona).
Sì, i NightHawks in caccia di gileadiani piacerebbero un sacco a June.
D’altronde… Differenze fra Gilead e U.S.A.:
- Gilead: “Succhiamelo o muori impiccata.”
- U.S.A.: “Succhiamelo o muori di fame.”
“The Handmaid’s Tale” è da sempre, anche, un body-horror, e questa 4ª stag. principia dai postumi di un massacro, quello cui è stato sottoposto il corpo di June al termine dell’annata precedente [non che il finale distopico (ma il software di telecomunicazione per videoconferenze Zoom esiste anche in quella linea S-T, essendo nato ad inizio anni '10) del presente 2021 A.D./d.C. o giù di lì sia da meno: tra dita mozzate a morsi e volti ricoperti di sangue rappreso], ma “The Handmaid’s Tale” è anche, da sempre, uno studio in progresso sul volto di Elisabeth Moss, e mai come in questa 4ª stag. – con la fotografia (a cura di Stuart Biddlecombe, per 8 ep., e di Bérénice Eveno, per i 2 ep. diretti da Christina Choe, ma qui è una questione di tendenza generale dettata dall’alto, ovvero, immagino, da Bruce Miller ed Elisabeth Moss) molto caratterizzata da una deriva verso i toni ciclamino che certo non aiuta da questo PdV – lo stile/forma della ritrattistica cinetica…
[reiterati primissimi piani fissi e mossi da zoom/carrelli: nel 2° - “Testimony” - dei 3 ep. da lei diretti, Elisabeth Moss, oltre ad aprire - con l’usurato espediente retorico del tagliarsi da sé i capelli per “voltare pagina” - e chiudere con la magnifica “Glory Box” dei PortisHead, si concede un long-take di 7 (sette) minuti composto da un lunghissimo ed impercettibile movimento in avanti della MdP verso il di lei viso]
…prende il sopravvento sulla sostanza/contenuto, veicolando sé stesso - il significante - più che un eventuale, ulteriore significato.
Bruce Miller, il creatore e showrunner della serie che nasce dal romanzo di Margareth Atwood cui l’autrice ha dato recentemente un seguito indiretto con “the Testaments”, scrive pilot e final season, più il 3° ep., il 1° diretto da Elisabeth Moss, mentre fra gli sceneggiatori più importanti c’è Kira Snyder. I restanti registi sono Colin Watkinson (che aveva iniziato a lavorare alla serie come direttore della fotografia), Richard Shepard e Liz Garbus.
Del cast storico-principale svettano le prestazioni di Ann Dowd, Madeline Brewer e Bradley Whitford.
Ottima new entry per McKenna Grace (Designated Survivor, the Haunting of Hill House, Troop Zero, GhostBusters: AfterLife).
E molto buoni i restanti, eterogenei fra loro, Joseph Fiennes, Yvonne Strahovky, Samira Wiley, Max Minghella, O.T. Fagbenle e Amanda Brugel (e, tra i nuovi, Zawe Ashton).
Indimenticabile: il sorriso sul volto di Alexis Bledel poco prima del “Via!” alla macellazione a mani nude (e denti snudati).
Give me a reason to be a woman.
I just want to be a woman.
- Stagione 1 (10 ep., 2017): * * * * (¼)
- Stagione 2 (13 ep., 2018): (* * * ¾) * * * *
- Stagione 3 (13 ep., 2019): (* * * ¾) * * * *
- Stagione 4 (10 ep., 2021): (* * * ¾) * * * *
"tHm’sT-4": AN ELISABETH MOSS EXPERIENCE.
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