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American Gods

3 stagioni - 26 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 1

  • 2017-2017
  • 8 episodi

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mck

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La recensione su American Gods

di mck
8 stelle

È in corso una sempiterna guerra tra dei. L'universo-mondo è il loro campo da gioco, e gli esseri umani non sono contemplati in esso se non come pedine costituentili, universo e guerra, e sacrificabili: le persone sono solo arredamento portante, mera carne (sognante, desiderante, creante) da macello.

 

Fuck Go(o)d and Cum Hard.

 

 

Premessa essenziale: "American Gods" è la serie mainstream con la più alta concentrazione di bigoli spuntanti a tradimento che la storia ricordi. Quindi, toh! E che, solo io - già sconvolto dall'apparizione del "beer can"-sized member in OItNB - devo soffrire? 

 

 

I. Lassù.

 

Elemento rimarcabile: “American Gods” - la serie, così come il romanzo - esprime un concetto fondamentale (per sé stessa e per l'ambiente in cui è immersa, cioè - depurato d'ogni sovrastrutturale sofisticazione sovrannaturale - il nostro) : e cioè che le religioni e gli dei devono “paradossalmente” sottostare alle leggi che governano la Teoria (descrizione e modello con solida base empirica) dell'Evoluzione: darwinismo religioso: “adattati e sopravvivi”.

 

 

WednesDay è un dinosauro. Dimenticato e vecchio. Dovrebbe semplicemente lasciare che accada [l'estinzione, la sostituzione, l'incorporazione]. Il futuro siamo noi e non ce ne frega più un cazzo né di lui né dei suoi simili. Loro sono stati consegnati alla discarica della storia. Noi abbiamo riprogrammato la realtà. E le preghiere solo una marea di spam del cazzo. Il paradigma dominante: nient'altro conta.”

Technical Boy a Shadow Moon - American Gods (la Serie).

 

 

Arrivarono - le loro propaggini, i loro pseudopodi, le loro avanguardie, i loro alias/sosia, doppelgänger, ambasciatori - in Nord America, secoli fa, da oltre oceano, che il dio bisonte, il dio aquila, il dio lupo, il dio alce, il dio puma, il dio orso già componevano, da millenni, i totem sulle vaste, alte pianure. Sono arrivati e poi se ne sono andati, sconfitti dalla fame. Ma il seme era piantato (un ricordo, una possibilità, una rivincita, un sentiero tracciato), pronto a ricevere, secoli dopo, altro sangue da cui germogliare.

 

 

Giunsero - suddividendosi e propagandosi per mitosi cariocinetica (“Un nucleo si divide - e due sono le vite / e quattro e otto ancora - in giusta progressione”) - in Nord America, prima di Colombo e dopo Colombo, portando con sé i loro i sudditi (o, meglio, portati in spalla, in testa, in grembo dai loro sudditi che compirono la traversata tenendoli stretti a sé), e con essi le usanze, le preghiere, e i sacrifici, e hanno messo radici - dalla Scandinavia, dall'Africa, dal'EurAsia Balcanica, dall'Oceania -, invocando il cielo, la terra, la natura, il cosmo, il corpo. Ora però nuovi dei sono nati, in seno al nuovo mondo creato, all'America (del Nord, U.S.A., lo mondo intero e tutto, insomma)…

 

 

Un Gesù per tutte le stagioni, le regioni, le confessioni.

Gesù se la passa piuttosto bene da queste parti. Ma ho incontrato un tale che mi ha detto di averlo visto fare l’autostop in Afghanistan e nessuno si fermava a tirarlo su. Sai com’è, tutto dipende dal contesto.”

Jacquel a Shadow Moon - American Gods (il Romanzo). 

 

 

I vecchi dei non sono stati dimenticati in patria, ma le manifestazioni della loro ipòstasi hanno trovato nuova linfa nel Nuovo Continente. Ora se la devono vedere coi nuovi dei sorti sul posto nel corso del XX° secolo...d.C.: i media di massa (telefono, radio, televisione, cinema e internet/www) e la globalizzazione (le banche, le carte di credito, pay-pal, in god we tru$t, il far soldo col soldo).

 

 

Ma no, Gesù non l'ho riportato in vita io [(il Primo Giorno de) la Primavera], no. Hanno sognato la sua resurrezione nel giorno della mia festa. Una possibilità infinitesimale all'interno del diagramma di Venn [*].”

American Gods, la serie, il romanzo. [*] Qui e qui.

 

 

II. Quaggiù.

 

American Gods” è una serie del 2017, prodotta da Starz e distribuita da Amazon, creata e show runnerizzata da Bryan Fuller -[collaborazioni con/per “Star Trek: Voyager” ed “Heroes”, ma soprattutto i progetti più personali quali “Dead Like Me”, “Pushing Daisies” e “Hannibal”: e AG ha qualcosa in comune - sia per tematiche che per stile - con tutte loro (intendo queste ultime tre), non solo con la (creatura di Thomas Harris) ultima]- e Michael Green (“Kings”, “Alien: Covenant”, “Blade Runner 2049”), e tratta dall'omonimo romanzo (che, letto al tempo della sua mondadoriana traduzione italiana ad opera di Katia Bagnoli, pian piano, durante il corso dell'audio-visione, mi è tornato in mente, l'ho letteralmente rivissuto dopo 3 lustri) del 2001 (dedicato a Roger Zelazny) di Neil Gaiman (Nessun Dove, SandMan, StarDust, Coraline), consulente e produttore esecutivo (e un Signor Signore, punto).

 

 

Si avvale di un ottimo comparto tecnico: se i direttori della fotografia e i montatori, come molto spesso accade, si succedono e si avvicendano, le musiche originali, come invece quasi sempre avviene, sono opera di un unico compositore, in questo caso Brian Reitzell (quasi tutte le opere di Sofia Coppola, “Boss”, “Hannibal”), e sono veramente buone, ed eccone un assaggio (una versione di “I Put A Spell On You” feat. Mark Lanegan) :

La colonna sonora preesistente invece comprende: Bob Dylan, the Band, the Tads, Creedence ClearWater Revival, the Dixie Cups (“Iko Iko”), etc…

 

La regia è affidata a David Slade (ep. 1-3; Hard Candy, 30 Days of Night, Breaking Bad, Hannibal), Craig Zobel (ep. 4; stretta collaborazione con David Gordon Green per i suoi primi film, a partire da “George Washington”, poi 3 ep. delle 2a e 3a stag. di “the LeftOvers”), Vincenzo Natali (ep. 5; Cube, Cypher, Splice, Hannibal, WestWorld, the Strain), Adam Kane (6-7; Pushing Daisies, Kings, Hannibal), e Floria Sigismondi (ep. 8; “the RunAways”, “the HandMaid's Tale”).

 

 

Per quanto riguarda gli attori una volta tanto si vorrebbe qui non sprecare aggettivi né sostantivi, ma solamente nomi: Ian McShane (Performance, Exposed, Sexy Beast, Scoop, Coraline, DeadWood, Kings, Ray Donovan), Emily Browning (Sucker Punch, Sleeping Beauty, the Host), Crispin Glover (Wild at Heart, the Doors, CowGirl, Dead Man, the People Vs. Larry Flint, Alice in WonderLand, Hotel Room), Gillian Anderson (X Files, the House of Mirth, Hannibal), Pablo Schreiber (“the Wire”, “Weeds”, Pornstache (PornoBaffo) in “Orange is the New Black” e qui LepreCauno), Cloris Leachman (Kiss Me Deadly, Butch Cassidy, the Last Picture Show, Dillinger, Young Frankenstein, Bad Santa), Peter Stormare (Joel & Ethan Coen, Lars von Trier, Ingmar Bergman, Steven Spielberg, Wim Wenders, Jonathan Glazer, Terry Gilliam), Kristin Chenoweth (Pushing Daisies, Stranger than Fiction), Jeremy Davies (Dogville, Manderlay, Rescue Dawn, Lost, Hannibal, strafattone in “Twin Peaks - the Return” e qui Jesus), Fionnula Flanagan (Sinful Davey, the Others, Lost), Betty Gilpin [Nurse Jackie, Master of Sex, GLOW; e bellissima la scena dell'incontro tra lei (Audrey) e Laura (E.Browning)], Chris Obi, Orlando Jones, Demore Barnes, Yetide Badaki, e, si, persino il protagonista, toh: Ricky Whittle.

 

 

Titoli di Testa della Elastic di Patrick Clair, Raoul Marks & soci (Game of Thrones, Justified, Carnivale, Master of Sex, Halt and Catch Fire, True Detective, the LeftOvers, WestWorld, the Young Pope...) che ricordano (“smaccatamente”, e “quindi”...“consapevolmente”), sia dal PdV visivo che da quello musicale (Jimmy Page & Robert Plant + Trent Reznor (NIN) + Atticus Ross + Karen O), quelli di “the Girl with the Dragon Tattoo” di David Fincher ad opera di Blur Studio. In questa sede ed occasione occorre sicuramente almeno citare altre due controparti in gioco che vanno a costituire e comporre una sorta di santissima quaterna delle compagnie di produzione di Art Titles: la Imaginary Forces (Se7en, Minority Report, Shutter Island, Stranger Things, Game of Thrones, Luck, Better Call Saul, Vinyl, South Park, BoardWalk Empire, Mildred Pierce, Mad Men, the Pacific, Band of Brothers) e la Method Design con l'art direction di Johnny Likens ("the Night Of", "Taboo"). 

 

Alla luce del fatto che la narrazione copre, a tutti gli effetti, e rispettandone lo svolgersi, il concatenarsi e il progredire degli eventi, le prime 100 pagine del romanzo, e considerando inoltre il fatto che, extradiegeticamente, Bryan Fuller aveva premesso ciò in sede di presentazione, che l'intera ("breve": PdV) stagione composta da 8 ep. da ca. 55 minuti l'uno alla fine si sia risolta con l'essere non altro che un lungo, articolato e (magnificamente) divagante (e dilagante) prologo (di 7 ore e mezza) non dovrebbe stupire e condizionare alcun tentativo d'approccio e disamina critica. Si deve aggiungere, sottolineare e rimarcare che gli episodi “filler”, in/con Fuller, tutto sono men che riempitivi [le storie incentrate su Laura Moon ed Essie McGowan (“Aveva sbucciato solo metà delle mele...”), entrambe interpretate da E.Browning], ma fanno progredire la Storia, la Trama e la Narrazione tanto quanto il Piacere (ch)e (è) l'Essenza stessa del Racconto.

 

 

"Il modo migliore per descrivere una storia è raccontarla. È chiaro? La si descrive, a sé stessi o al mondo, raccontandola. Raccontare è un atto compensatorio, un sogno. Quanto più dettagliata è la mappa, tanto più somiglia al territorio. La mappa più accurata possibile diventa il territorio. Quindi perfettamente dettagliata e perfettamente superflua.

Il racconto è la mappa che è il territorio.

Non bisogna dimenticarlo."

Dal taccuino del signor Ibis [che deve sicuramente aver letto Jorge Luis Borges (e Umberto Eco).]

Bibliografia parziale: Game of Thrones - "FlugFallan" (Fredrik Sjoberg) - "Annihilation" (Jeff VanderMeer).  

 

E, a proposito di prologo, il prologo (del prologo) prosegue in versione NWR(efn) - Valhalla Rising : la versione "mainstream" (mistica e trascendente: no, per niente) e condensata dei “Sette Sogni” di William T. Vollmann (con, a margine, un braccio mozzato che ancora impugna una spada roteante oltre i margini del frame, come nei trompe l'oeil (Escapando de la Crítica, 1874) di Pere Borrell del Caso…).

 

 

III. Oltre vs Tomba, Ultra vs Terreno.

 

Non che i nuovi dei siano “migliori” (aka: più giusti) di quelli nuovi, eh.

L'universo è il loro campo da gioco, e le persone sono solo arredamento portante.

È in corso una sempiterna guerra tra dei, e gli esseri umani non sono contemplati in esso se non come pedine costituentili, universo e guerra, e sacrificabili, se non come mera carne (sognante, desiderante, creante) da macello.

E questo, per oggi, è tutto il loro futuro. Arrivederci alla stagione 2, e alle prossime 100 pagine.

Considerando che se la Religione è il Sistema Operativo, il Linguaggio (della Scienza) è il Virus.

E che l'idromele è piscio di diabetico. 

 

 

"...it's                                                             "...è

         spring                                                         primavera

         and                                                             e

                the                                                         il

                      goat-footed                                       capri-pede

balloonMan whistles                                   palloNaro¹ fischia

         far                                                               da lon-

         and                                                             -tanis-

         wee..."                                                         -simo..."

 

                        E. E. Cummings - "[in Just...]"

 

¹ O anche: ambigUomo, buffUomo, pallo-n/m-Baro... 

 

* * * * (¼)  -  8 (½)          

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