6 stagioni - 65 episodi vedi scheda serie
The thing about civilization...
Quand’è accaduto che “the Expanse” dopo essere passata da SyFy ad Amazon, che l’ha salvata, è approdata alla HBO o alla AMC? No perché, più che la “the Expanse” che conoscevamo delle prime quattro stagioni, questa quinta annata sembra un prodotto di Chase, Weiner, Simon, Winter, Gilligan, Gould…
- Sai qual è il tuo problema?
- Dimmi.
- Tu pensi che se qualcuno è un debole o un perdente ciò significhi automaticamente che sia anche una brava persona.
Vuoi un po’ per le sceneggiature, con Naren Shankar e la coppia formata da Daniel Abraham & Ty Franck (i quali, col nom de plume di James S.A. Corey, altro non sono che gli autori dei romanzi alla base della serie) che, assurti a showrunner a tempo pieno dopo l’uscita di scena dalla writing room, col pilot della stagione precedente, la quarta, dei pur bravissimi creatori e sviluppatori della serie, Mark Fergus & Hawk Ostby (già co-adattatori con Cuarón e gli altri del “Children of Men” di P.D.James), hanno scritto le coppie di episodi iniziali e finali, lasciandone altri 4 a Dan Nowak e gli ultimi 2, i centrali, rispettivamente a Matthew Rasmussen e Hallie Lambert, e vuoi un po’ per le regìe, affidate a Breck Eisner (regista storico della serie, autore di “Sahara”, “the Crazies” e “the Last Witch Hunter”, a cui tocca la traslazione per MdP dei primi e degli ultimi due), Thomas Jane (l’attore interprete del detective Joe Miller, poi trasceso/protomolecolato), Nick Gomez, Jeff Woolnough e Marisol Adler, che le mettono in scena con dovizia, perizia, inventiva e spunti tecnico-stilistici coraggiosi che assurgono anche al rango di veicolatori di ulteriore contenuto -[la Super-EVA (una extra-vehicular activity… d’emergenza) di Naomi Nagata (una bravissima Dominique Tipper), molto classica - il rimando ovvio ed immediato è a quella effettuata da David Bowman per rientrare manualmente, aggirando il blocco digital-elettronico operato da HAL 9000, dal pod (capsula) alla capsula all’astronave madre Discovery -, ma al contempo di formidabile resa emozionale, e con aggiunta di auto-somministrazione con intra-muscolare alla cieca nel quadricipite di una dose di sangue iper-ossigenato, e il suo reiterato andirivieni in semi-apnea sulla navicella-trappola esplosiva cercando di disattivarne l’esca/richiamo; l’utilizzo - non continuativo e duro e puro, ma comunque molto più plausibile della media - dell’assenza di onde sonore prodotte e trasportate durante le scene d’azione nel vuoto dello spazio interplanetario; il piano-sequenza della fuga di Amos (Wes Chatham), Clarissa (Nadine Nicole) e compagni da Baltimora verso la Luna, e il conseguente allunaggio (come non riandare, aancora, con la memoria, a quello di Heynwood Floyd in 2001?); alcuni finali di episodio, di una purezza assoluta; il PdV soggettivo degli ascensori orizzontali; etc…]-, questa quinta e penultima (?) stagione di “the Expanse” è senz’altro la più adulta (per grammatica/sintassi, forma e sostanza) e, grazie a questo, ma non solo per questo, decisamente la migliore, e non è che le altre fossero qualcosa di diverso dal molto buono!
“Il problema della civiltà è che ci mantiene civili: tolta una cosa non puoi contare sull’altra.”
Steven Strait (James Holden) rimane l’elemento più impacciato del cast, così come Shohreh Aghdashloo (Chrisjen Avasarala) resta la più bad-ass (la sua espressione/risata di schifo/scherno al discorso di Marco Inaros…). Spiace cinematograficamente un bel po’ invece per l’inevitabile dipartita forzata di Alex (Cas Anvar è stato accusato di molestie sessuali, e l’innocenza sino a prova contraria non vale in molti ambiti della vita). Confermate le ottime prestazioni di Cara Gee (Camina Drummer) e Frankie Adams (Bobbie Draper), e molto brave la new-entry Sandrine Holt (Oksana), Bahia Watson (Sakai; “the HandMaisd’s Tale”) e José Zúñiga (Bull).
Eccezionali effetti speciali, e per un VFX-heavy show in cui 1/3 del minutaggio è interamente CGI questo è un valore fondamentale : sarebbe interessante capire come il remote-working (allo scattare dell’emergenza SARS-CoViD le riprese erano già terminate: mancavano il montaggio e la post-produzione) possa aver influenzato (in meglio?) la realizzazione degli stessi (e la medesima cosa può essere accaduta anche in occasione del completamento di “Star Trek: Discovery - 3”).
Unica pecca: gli alieni utilizzati - come un po’ sempre nella serie, ma particolarmente in quest’annata - come un mero McGuffin in sottofondo (dopo l’immersiva scorpacciata della precedente stagione) e ai quali è riservata una grande ri-entrata in scena deusexmachinale (ma comunque valida: in culo - se pur collateralmente - ad ogni ottuso fondamentalismo fottuto) sul finale dell’ultimo episodio.
Valore aggiunto ulteriore: Naomi (e colgo la palla al balzo per ribadire: grande interpretazione di Dominique Tipper) che , poco prima di morire - e no, NON è uno spoiler! -, pronuncia, come ultime parole, un grazie: no, non un grazie al cazzo, ma un generale grazie al mondo/universo, prima, e un particolare e specifico grazie ad Alex (sì, proprio quell’Alex di cui la serie ha dovuto fare a meno per ragioni estranee al plot), dopo: “Thank you. Thank you. Alex. I'm sorry I called you an idiot.”
- Stag. Uno, 10 ep. (2015-‘16): * * * ½-¾ (7.25)
- Stag. Due, 13 ep. (2017): * * * ¾ (7.50)
- Stag. Tre, 13 ep. (2018): * * * ¾ (7.50)
- Stag. Quattro, 10 ep. (2019): * * * ½ (7.00)
- Stag. Cinque, 10 ep. (2020-‘21): * * * ¾ - **** (7.75)
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