6 stagioni - 65 episodi vedi scheda serie
La fredda distesa, l’infinita estensione di un universo indifferente. E, nel mezzo, le vicende di minuscoli esseri che si credono più di ciò che sono: si fanno chiamare umani. Posti infine di fronte alla loro limitatezza da scoperte sconvolgenti circa civiltà aliene operanti su piani tecnologici e spaziotemporali difficili fin da concepire, figuriamoci comprendere.
Questa, a modo di vedere di chi scrive, è sempre stata la parte più interessante di una serie di buona fattura ma che, purtroppo, spesso non raggiunge l’eccellenza. Anche le questioni sociopolitiche mantengono un certo grado d’intrigo, ma il fatto che dalla 4a stagione in poi si mettano sempre più in secondo piano – relegandoli quasi al grado di macguffin – i Costruttori e i Distruttori, l’Anello e i millemila pianeti oltre lo stesso, per concentrarsi insistentemente su patemi pseudo-esistenziali e, negli intermezzi tra questi, in subordine, sugli scontri tra Terra, Marte e la Cintura, beh, lascia con un po’ d’amaro in bocca.
Alcuni punti deboli palesi fin dall’inizio si fanno ancor più accentuati a partire da dei dialoghi che, in special modo nelle scene intimistiche, raggiungo vette di banalità e imbarazzo involontario tali da costeggiare gli aridi lidi della telenovela.
E la recitazione, altalenante a dir poco, di norma non aiuta: il protagonista afflitto perpetuo (con tanto di barba tagliata male per tutta l’ultima stagione) è certo il peggiore, vero, ma anche diversi altri attori lasciano a desiderare (un esempio? L’esasperante figlio di papà, Filip). Tra le migliori prove si possono, d’altro canto, annoverare quelle di Gee e Strathaim.
La scrittura, ad ogni modo – stanti alcune cadute di tono nei dialoghi di cui s’è detto –, si mantiene serrata e convincente per le prime tre stagioni, quelle a marchio Syfy. Certo – al netto dell’innegabile attenzione alla verosimiglianza tecnico-scientifica – talvolta la situazione sfugge di mano e qualche momento da lasciare perplessi si crea (ad esempio con la questione dei liquidi che, posti in delle normali tazze o semplici bicchieri anche a gravità zero, non si spandono ovunque), ma in linea di massima non si può parlare di manchevolezze eccessive.
Col passaggio al baraccone di Amazon risulta evidente che qualcosa non quadra più. Con la 4a stagione, difatti, la serie subisce un cambio di ritmo francamente ben poco apprezzabile (e comprensibile), stile primi episodi della 2a stagione di The Walking Dead nei quali una questione risolta nel fumetto in una manciata di pagine impiegava invece ore e ore di filmato nella fattoria ia-ia-o a concludersi, tra melensaggini interminabili e monotonia imperante.
Inoltre, tornando a The Expanse, si mostra una tendenza a concentrarsi eccessivamente su parentesi “sentimentaloidi” al fine di approfondire, si fa per dire, i caratteri dei personaggi. Peccato che sia tutto molto poco intrigante (vuoi mettere rispetto ai mondi alieni, tecnologie sconosciute ecc. ecc.) e, di nuovo, tendente alla soap opera, con alcuni tra i peggiori siparietti e tra le peggiori interazioni di tutta la serie.
Poi talune disattenzioni diventano più difficili da ignorare: ad esempio, pianeta sconosciuto, solo perché l’aria è respirabile allora si va senza alcuna protezione ed ecco che, come previsto dieci secondi dopo dallo spettatore non catatonico, succede un "piccolissimo" guaio. Ma pensa te!
La 5a stagione, peggio ancora: troppo tempo perso dietro a Naomi e pargolo e via di urla, grida, tragedie, pianti e ancora e ancora. Anche basta. Questa cosa si trascina fino agli ultimissimi episodi quando si spererebbe invece che finalmente i nodi vengano al pettine con una certa, come dire, premura.
Infine, l’ultima stagione, causa – supponiamo – chiusura prematura, appare monca, e nonostante ciò apre pure ulteriori scenari (Laconia) quando non c’è neppure il tempo per concludere degnamente i moltissimi già in corso da tempo. Peccato.
Intendiamoci: non si tratta di una pessima annata epperò rimane il fatto che – à la Lost – evita accuratamente di chiudere molte vicende con l’attenzione che meriterebbero.
Sì, va bene, ci sono altri tre romanzi nei quali c’è un salto temporale di qualche decennio, ma resta il punto che la serie letteraria si conclude mentre chi non l’abbia letta e abbia come metro di riferimento unicamente questo adattamento rimane abbastanza spaesato di fronte ad un’ultima stagione di nome soltanto e non di fatto. Chissà che non venga recuperata per la seconda volta da un’altra emittente/piattaforma e che si guadagni, al dunque, un finale degno. Per ora, ribadendo, ci assestiamo su una valutazione ben più che discreta, ma come in sospeso, in speranzosa attesa della fine con la F maiuscola.
"Work in progress"
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