4 stagioni - 33 episodi vedi scheda serie
Per quelli che comunemente definiamo poteri forti, è un periodo storico dalla doppia faccia. Mentre sembra che il controllo decisionale sia condensato in un numero sempre minori di mani, l’opinione pubblica mostra tutto il suo sdegno per gli scandali, le sperequazioni sociali o semplicemente per le tante piccole ingiustizie di ogni giorno.
La prima stagione di Goliath, oltre a vantare una garanzia assoluta qual è Billy Bob Thornton, pone in prima linea uno scontro giudiziario riassumibile metaforicamente come quello tra un transatlantico e una barca a vela controvento: nella serialità, le aule di tribunale e delle corporazioni da combattere con poche armi abbondano, semmai è più difficile trovare personaggi e dialoghi così ben articolati e decifrati.
Dopo un lungo periodo di apatia, l’avvocato Billy McBride (Billy Bob Thornton) sembra ritrovare un po’ di motivazione quando Rachel (Ever Carradine) lo convince a impegnarsi in un caso, riguardante suo fratello apparentemente morto per suicidio quando l’azienda militare per cui lavorava, la Borns Tech, potrebbe avere delle responsabilità. L’inizio farebbe desistere anche il più temerario, tra minacce e una montagna legale da scalare ma Billy intuisce la presenza di qualche crepa e soprattutto imbarcandosi in questa mission avrebbe finalmente la possibilità per rivalersi sull’ex socio in affari, Donald Cooperman (William Hurt), rimasto a capo dello studio legale Cooperman McBride che avevano fondato insieme e che è ormai tra i tre più importanti del mondo.
Nel frattempo, dall’alto della sua torre d’avorio, Donald sembra volerlo sfidare apertamente, anche se i più miti consigli di Callie Senate (Molly Parker) e di Leonard Letts (Damon Gupton), consulente della Borns Tech, farebbero propendere per un altro tipo d’azione.
La prima stagione di Goliath si muove sul tracciato del legal drama, proponendo parecchi colpi di scena – e alcuni cliffhanger fragorosi - senza mai perdere il polso della situazione.
Ciò che emerge con maggior evidenza è la definizione dei personaggi, con i due competitor principali, Billy e Donald, sugli scudi. Usciti dalla stessa ciminiera, entrambi capaci di orientare e piegare gli interlocutori di turno, intrecciano un duello (per lo più) a distanza che in superficie propone il classico duello tra giustizia personale e giganteschi interessi economici, mentre la potenziale soddisfazione, data dalla possibilità di sconfiggere il nemico giurato, non è mai messa in discussione.
Due uomini descritti con dovizia: Donald sembra l’esemplare umano più vicino al vampirismo, già solo per il suo ufficio/residenza avvolto dalle tenebre, mentre Billy, deciso e impavido nella dialettica, non manca di mostrare i suoi punti deboli, delle derive che non gli permettono, anche alla fine, di liberarsi completamente dei demoni che lo attanagliano.
Intorno a loro, sgomitano altri personaggi tutt’altro che marginali, ad esempio Callie e Lucy sono modelli congrui per inscenare le faide intestine all’interno di un grande studio legale, che vale anche come luogo simbolico per rappresentare qualsiasi stanza dei bottoni.
Insieme, costituiscono il panorama umano di partenza che, attraverso il cinismo e lo spirito caustico, soprattutto di Billy, rivela un dispositivo che tesse la tela con ripetuti affondi, distrugge potenziali rapporti collaterali, ne lascia altri in disparte e ama giocare con il fuoco, d’altronde non sempre la legge ha un senso, svegliando il can che dorme, anche se poi in Goliath i cani non dormono mai realmente.
Così facendo, il clima diviene perennemente acceso, valorizzato anche da una produzione, Amazon Studios, che non vuole passare sottotraccia. Da qui, alla prevalenza dei confronti in luoghi chiusi, comunque soggetti più volte a variare i punti di ripresa, vengono contrapposte insistite panoramiche aperte, tra le strade e le spiagge dell’assolata Santa Monica.
Secondariamente, fino a un certo punto, non potevano mancare stoccate dirette alla politica (alla domanda «chi vuoi che sia eletto come presidente?», un ragazzo di prima superiore risponde «sono entrambi pessimi») che sono poi oggetto di tutto un discorso più generale riguardante la Borns Tech, l’imputato del procedimento, presentato nella doppia veste di ente protettore della sicurezza di tutti gli americani, ma anche potenziale minaccia non controllabile.
Alla fine sono comunque due uomini a dettare una linea fatta di esche piazzate e ambiguità disseminate, di udienze gestite con spavalderia e rapporti dominati dall’esercizio del potere nelle sue varie forme (anche sessuale). Indubbiamente, se il lavoro di preparazione di David E. Kelley e Jonathan Shapiro è laborioso, è altrettanto vero che Billy Bob Thorton e William Hurt creano il gap decisivo, con due interpretazioni ispirate e l’innata capacità di reggere la scena così come sgretolare certezze.
Una prima stagione quindi positiva, con episodi di lunghezza misurata con il goniometro, per una rilettura di genere che non rappresenta una novità assoluta ma che possiede abbastanza sapore da lasciarsi prima assaggiare e poi invogliare a passare alla pagina successiva, nonostante alcuni agganci un po’ spericolati (comunque limitati e spesso laterali al fulcro della questione).
Alacre e inquieto.
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