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The OA

2 stagioni - 16 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 1

  • 2016-2016
  • 8 episodi

L'autore

mck

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La recensione su The OA

di mck
5 stelle

"Non dica olistico!"

Attenzione : questa pagina contiene minimi spoiler (tranquilli, leggete pure, tanto capirete meno del solito). 

 


I.
“It's not a tunnel, it's a place[bo].”

Iniziamo dal voto : " * * ¾ - " (che sarebbe stato un " * * ½ - 5 " senza la ragionevole presupposizione - ora confermata - di una 2a stag. già messa in cantiere che possa...risolvere le cose lasciate in sospeso... Si, va beh).
Ecco il perché.

Anzitutto, qui non si tratta di mettere in moto dosi massicce di Sospensione dell'Incredulità, ma di innescare l'intervento della Sospensione del Ridicolo, un meccanismo molto più pericoloso che, se non si è capaci di controllare, pur se avviato in tutta cosciente consapevolezza, può generare mostri. Mostri (anche patentati, tesserati, vidimati, diplomati) che, poi, nell'immediato, si scatenano, affollando in massa il web, passando con incredibile rapidità dallo schermo dell'elettronico libro delle note portatile alla sua tastiera, facendo compiere tal simile lungo tragitto agli occhi e poi alle dita delle mani in meno di un attimo sminuzzato, per poi venire raccolti, rastrellati, ammonticchiati da IMDb, RottenTomatoes, MetaCritic & C., rilasciando voti dal 9 al 10 come se non ci fosse un domani (e io lo spero vivamente che un domani qualsiasi, per loro, non sia previsto). No, io non sono un mostro. I mostri sono gli altri, diceva quello. Io non gliel'ho data la sufficienza a “the OA”. Io ho la salvezza assicurata. E stringo forte forte la mia copia de “gli Anelli di Saturno” di Sebald, prima che la pazzia mi porti, via.

The OA - stag. 1”, ovvero: il suono delle sfere (e vi lascio immaginare quali siano, le sfere, e quale sia il loro suono, prodotto, quando raggiungono - e non qualora raggiungessero, perché che lo raggiungano è sicuro - il pavimento).
Ché, davvero, ci manca solo Sebald, nascosto (da chi?) e poi trovato sotto il letto, nella sua bella scatola Amazon, perso tra la mitopoiesi incapita e travisata (l'Iliade), la cronica cronaca bufalistica (gli Oligarchi), l'arte colonizzata dal misticismo (gli Angeli) e la pseudo-scienza (in)incipiente e incapiente (Near-Death), in questo melting-pot minestronesco (che riesce abilmente a non generare paradossi che non siano risolvibili con l'uso della logica : ad esempio quando nel sottofinale uno dei co-protagonisti ''diegetici'' vede riflesso nello specchio del bagno uno dei protagonisti ''extra-diegetici'' non si viene a creare alcun cortocircuito e la spiegazione è desumibile e rintracciabile col buon senso delle informazioni messe a disposizione dello spettatore).
Certo è che, però, una serie NetFlix che utilizza un pacco Amazon per simboleggiare l'inganno non può non starmi, nonostante tutto, simpatica.

 


Partiamo dalle cose buone. "the OA" non è "the OC". OK, c'è altro? Ebbene si.
Assistere allo scatafascio sensoriale, alla profezia autoavverantesi di “the OA” è tanto frustrante (e imbarazzante) quanto appagante [ si pensi - sforzando un poco la Sospensione del Ridicolo pure a distanza di tempo - al pilatesco (si, nel senso di pilates. Oppure: no, nel senso di pilates) macarenico momento coreografia alla heather parisi & lorella cuccarini (magari...) che omeopaticamente ti apre tutti i chakra con placebo all'acqua di rosa e lavanda e altri fiori di bach ]. E in fondo cos'è questa duale dicotomia antinomica se non la ''morale'' della serie?
Ed ecco perché sono qui a consigliarvi comunque di assistere a questo guazzabuglio polpettonico e mappazzonico in tutta o quasi serenità.
Per due ragioni : "Avy" e "Kaufman" : Avy Kaufman è la migliore ricercatrice-selezionatrice-compositrice di cast(ing) che abbia mai calcato la faccia della Terra dai tempi in cui il Caso selezionò le giuste molecole e le corrette scariche elettriche per creare i primi amminoacidi nel prebiotico brodo della pozza primordiale. E qui ha fatto un lavoro superbo : gli attori - dai principali (Scott Wilson, a tratti, è gigantesco) ai secondari fino alle comparse (e queste ultime due categorie sono quelle su cui la direttrice del casting ha più responsabilità) - sono magnifici (oltre che ben diretti).
Ma il ''bello'', inoltre, è che tutto il comparto tecnico-artistico alla fine va a comporre un quadro (inteso qui sganciato da ogni intento, morale o senso, ché se volessimo considerare - come si è già fatto e come si tornerà a fare - questi fattori e qualità allora la cornice non basterebbe a salvare la crosta), semplicemente, nient'altro che ottimo : fotografia, musiche, e persino la sceneggiatura e i dialoghi (ripeto, qui recepiti, esaminati e calcolati in base alle loro dinamiche interne e non nella prospettiva generale del significato ultimo della serie tutta) risultano essere (stati) architettati, disposti e utilizzati in maniera perfetta.
Il tutto crolla, però, quando nella messa in scena degli eventi e nelle interazioni tra i personaggi entra in gioco il sottile filo rosso che - col senno di poi e non solo - collega il suddetto tutto, ovvero il senso ultimo della serie stessa (ad oggi, col senno di ora), il quale sortisce come effetto principale anzi unico quello di sganciare lo spettatore dal flusso fin lì creatosi, una forte corrente che per la sua impetuosità garantiva il galleggiamento, il respiro (e il suo trattenerlo), e non lasciava affondare e affogare l'attenzione : da quel momento in poi, a ritroso, il rimarchevole, financo entusiasmante e commovente lavoro di psico-sociologia (che funziona benissimo anche in relazione a quell'ustionante filo conduttore, almeno fino a quando quel ''sottile'' tratto d'unione rimane schrodingerianamente vivo/morto/x, cancellabile come le matite copiative di pelùsiana memoria) sfuma in un torpore gassoso e svanisce, così.
Per fortuna, quel momento, è costituito dagli ultimi frame della stagione, e in realtà non fa altro che NON recidere quel filo. Tutto è – lostianamente – rimandato alla stagione due.
Ecco, quel momento.
Quel momento...potrebbe non finire, mai.
La 2a stag. potrebbe essere da ** così come da ***.

 


II.
Sounds like…

Sbrigata la pratica del parlarvi delle cose buone...adesso passiamo al resto.

Quei benedetti cellulari, quando riprendete dei video, teneteli in orizzontale, porca paletta [o bestemmia a piacere] !
Questa potrebbe essere la tagline fantasma della serie.
Certo, l'incipit di "the OA" - che di questo, ora, stiam parlando: i primi 30 secondi - è ripreso dagli occhi di una bambina, in auto con sua madre.
Ma è l'intera serie che sembra scritta da una classe delle medie con l'aiuto del professore di educazione artistica strafatto di colla pritt assunta per via orale.

Regia di Zal Batmanglij (non so voi, ma io ogni volta che leggo mentalmente il suo cognome – spero ''pronunciandolo'' correttamente - non posso esimermi dal proferire ad alta voce “Hey boy, Hey Girl / SuperStar DJ's / (T)here We Go!”).
Soggetto di Brit Marling e Zal Batmanglij [ "Explanation" (?) ].
Sceneggiatura di B.Marling e Z.Batmaglij + Melanie Marnich, Dominic Orlando e Ruby Ray Spiegel.
Fotografia di Lol Crawley, che ha illuminato tutta la 2a stag. di “Utopia”.
Musiche di Rostam (il fratello di Zal) Batmanglij (Sound of My Voice) e della coppia formata da Saunder Jurriaans e Danny Bensi (“Martha Marcy May Marlene”, “Enemy”) + Jay Wadley. Da rimarcare la prova di Sharon Van Etten che qui si esibisce nella sua "I Wish I Knew". E, a chiosa, il dream pop dei Beach House di Victoria Legrand e Alex Scally con "All Your Yeahs".

 

Brit Marling, il già citato Scott Wilson, Alice Krige, Jason Isaacs (che replica/anticipa lo stesso personaggio nel trascurabilmente contemporaneo/prossimo "a Cure for WellNess" di Verbinski, con la non altrettanto trascurabile Mia Goth), Emory Cohen, Phillis Smith, Patrick Gibson, Ian Alexander, Paz Vega, Hiam Abbass, Riz Ahmed, etc., al peggio portano a casa la pagnotta in tutta onestà, al meglio - come già scritto - interagiscono con lo script assurdo nobilitandolo (per quanto possibile) e restituiscono un'incredibile atmosfera di autenticità (ove, chiaramente, non v'è).

 

La serie si sviluppa lungo 8 episodi : dei quali i primi 5 durano all'incirca 1 ora ciascuno (tra questi il pilot con 10 minuti in più), il 6° 30 minuti, il 7° 40 e l'8° ed ultimo 50.

Non ho assistito ai due precedenti lavori co-sceneggiati da Brit Marling (classe 1983) col regista Zal Batmanglij (“Sond of My Voice” e “the East”), ma sotto molti aspetti sostanziali questo "the OA" purtroppo mi ricorda certe opere(tte) dell'insulso Drake Doremus (Equals), dell'inutile Juan Solanas (UpSide Down) e dei rivoltanti/fallimentari "Cloud Atlas" e "Jupiter Ascending" dei Wachowski.
Inoltre ho profondamente disprezzato sia "After Earth" -{ scritto da Marling insieme all'insipido regista Mike Cahill [ la cui opera maggiore rimane il montaggio (anonimo, a tratti convincente: ti credo, con quel materiale a disposizione, bisognava impegnarsi parecchio per riuscire a sprecarlo) di "Leonard Cohen: I'm Your Man" ], conosciuto alla GeorgeTown University come accadde per Zal Batmanglij }- che, maggiormente (ma qui Marling vi recita e basta), "I Origins".

 


"The OA" è il contrario esatto (cioè sbagliato) di "Stranger Things" : se la serie dei fratelli Duffer accumulava in una cernita scopertamente accessoria e consapevolmente a-critica gli anni '80, quella di Marling-Batmanglij accatasta olisticamente [ "Non dica olistico!", ci ricorderebbe il buon Daniele Luttazzi, nelle vesti del Professor Dervis Fontecedro, se fosse tra noi e non impegnato a riscrivere Nabokov e Joyce, con buona pace di sua maestà Douglas Adams e del suo ottimo Dirk Gently, ora rimesso in scena da Max “figlio di John” Landis per BBC America [trailer], dopo la miniserie di Howard Overman per BBC Four del 2012, con pilot del 2010 ] di tutto e di più : DragonBall, Holly & Benji (e la Catapulta Infernale), Ken(shiro) il Guerriero (delle Stelle del Nord), Cloud Atlas, Jupiter Ascending, Equals, Sense 8, UpSide Down, I Origins, After Earth, the LeftOvers, It Follows, les Revenants, WayWard Pynes (Batmanglij ne ha diretti 2 ep.), Lost, Womb, MidNight Special, UpStream Color, e...Cronenberg, e...Lynch..., riuscendo a cavare da essi tutto il peggio possibile (e alcuni di questi - li ho elencati in senso decrescente, dal peggiore al migliore - sono composti solo da peggio allo stato puro).

Spiego ulteriormente, per le anime belle scese con la piena dalla montagna del sapone aggrappate ad un pero : io posso decidere di godermi – a prescindere dai loro valori morali e dalle loro qualità artistiche – un mucchio di ottimi film (alcuni dei quali capolavori sempiterni) eterogeneamente differenti come “Lost Horizon”, “It's a Wonderful Life”, “a Matter of Life and Death”, “Rosemary's Baby”, “Star Wars”, “Always”, "the Lovely Bones" perché si muovono all'interno di un genere, o, quando ne mischiano diversi differenti tra loro lo fanno in modo da non piegare un genere all'altro, snaturandoli così tutti quanti, e con essa la Realtà. Ma quando, al contrario, il fantasy viene mesciato con la SF e con dosi letali di filosofia spiccia di riporto mista a misticismo d'accatto, allora tutto si sfascia : la SF viene sporcata dal ''magico'', il fantasy diventa complice di una mistificazione, e la psicologia, la filosofia, la sociologia iniziano a zoppicare...
Da questo PdV risulta emblematica la scena in cui la protagonista Prairie - suprema e superna narratrice inaffidabile all'ennesima potenza e valenza : siamo nella presitoria ("Ecco una frase che durerà") : un Racconto attorno al Fuoco - cerca di convincere per tornaconto personale la professoressa del liceo a non agire contro il tenero bullo spacciatore di ormoni : una sequenza che mette in campo una sequela di tòpoi usurati e usuranti, carichi di tutto l'armamentario del banale più retorico, trito e stra-abusato -[ per fare un esempio divergente - perseguendo in ciò lo stile della serie -, aggeggi e caratteri tanto improbabili (e, nel caso in questione, proprio per questo funzionali) quanto coerenti con il loro contesto quali lo sniffoscopio, l'olofono e l'ipnorospo di "Futurama" sono di tutt'altra pasta, per dire ]- : ma ecco che, un attimo prima del punto di rottura del patto con lo spettatore, lo script subisce un twist, e questo pedestre, squallido, superficiale e prevedibile arsenale (non) in disuso di estenuante e mortificante anodina convenzionalità viene sovvertito, disinnescato e rigirato a proprio favore, scardinandone l'assunto più ritrito e innestandovi un'ambigua - ma in parte risolutiva - protesi aggiuntiva : il ridicolo viene messo in discussione giustappunto dai dialoghi, e viene così a crearsi un alibi, un terreno di nessuno in cui le perplessità dello spettatore si afflosciano confuse, desistono e lasciano che la narrazione prosegua nel farsi ascoltare. 

Eppure (o meglio: e quindi) mi sono buttato a capofitto - o mi sono lasciato irretire, dipende dai PdV... - in questo "the OA". La serie, come detto, necessita di una sospensione dell'incredulità totale. O, meglio, paradossalmente, al contrario, il livello di sospensione dell'incredulità richiesto è talmente alto che...si fa prima a farne senza. Mi spiego : da "Star Wars" non si può pretendere che le astronavi nel vuoto non facciano "Ssswuuossshh!". Ecco. Punto.

Qualcuno vi dirà che in "the OA" potrete trovare traccia di "WestWorld" : bene, se questo dovesse accadere (e accadrà...), atterratelo con una testata diretta sul trigemino, rincagnandogl'il naso all'interno della scatola cranica (davvero, non penso sia un reato, non lo voglio credere).

 

Spiegazione : in “the OA” compare, di sfuggita, una variante del gioco del labirinto con pallina presente nella serie di J.Nolan e L.Joy.

 

Rimane rimarchevole il fatto che, per i tempi in cui viviamo, “the OA” riesca a piazzare due momenti memorabili, l'uno nel mezzo della narrazione e l'altro al suo termine, completamente scevri da retorica, e molto riusciti : passa per un attimo da Liberty/Ellis Island per ''approdare'' infine, dopo una "trasferta" cubana (degna di "Miami Vice" e "BoardWalk Empire"), a Columbine.

L'importante è che da una sola serie di questo tipo (by NetFlix) - perché “Sense 8” o “the LeftOvers” non hanno avuto un simile impatto (sto scrivendo ad una settimana dall'uscita della prima stagione di questa serie, un serio bilancio sulle eventuali ''conseguenze'' si potrà fare tra 12/18 mesi) - non si passi a produrne in...serie [ShowTime, Amazon, SyFy, Hulu, ABC (dio ce ne scampi, ché quest'ultima fa già schifo così, pur inquadrandola nel giusto contesto NBC-FOX-CBS), o addirittura AMC ed HBO (e qui dio ce ne scampi davvero, per le ragioni opposte], per poi crearne uno sciame.

 

 

Per ulteriori approfondimenti: si può "sfogliare" la sezione commenti al post originale raggiungibile attraverso questo indirizzo :

//www.filmtv.it/post/34071/in-serie-35-guilty-pleasure-3--bthe-oab-stag-1--inon-dica-ol/#rfr:user-47656

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