6 stagioni - 60 episodi vedi scheda serie
Non era semplice riconfermarsi sugli altissimi livelli qualitativi della prima stagione per The Crown. Eppure Peter Morgan ce l'ha fatta: facendo leva sulle peculiarità autoriali dello showrunner/sceneggiatore, la seconda annata della serie Netflix gode di un grande senso della narrazione, chiara, veritieria e che non perde mai di vista il racconto. Ogni episodio è un vero e proprio mediometraggio a sé che racconta con grande intimismo le persone che stanno dietro ai titoli nobiliari, umanizzandole e rendendo evidenti le difficoltà delle loro scelte, quindi le cause e le conseguenze, in un continuo dialogo tra passato e presente (vedasi lo splendido nono episodio, in cui il rapporto padre e figlio tra Filippo e Carlo viene esplorato attraverso il parallelismo delle infanzie di entrambi).
Morgan non ha paura di osare, va in controtendenza: quando molte serie tendono a serrare il ritmo, quindi velocizzare la narrazione, The Crown invece si prende il suo tempo. Una lentezza che non è assolutamente sinonimo di noia, siccome ci pensa l'eccezionalità della scrittura e delle interpretazioni a tenere alto l'interesse. Un modo di raccontare la storia che si crogiola nei dettagli, dando ampio spazio allo sviluppo psicologico dei personaggi, tanto che le relazioni tra essi spesso si chiariscono tra una stagione e l'altra (vedasi ad esempio il sesto episodio, che finalmente ci svela il motivo dell'astio della famiglia reale nei confronti del re abdicante). A proposito delle performance attoriali e vista la sua imminente uscita di scena, dato il cambio di attori che avrà luogo nella terza stagione, non si può non elogiare Claire Foy che, giocando sui silenzi e l'espressività corporea, ha reso appieno la tragedia personale di Elisabetta la quale, ancor prima che regina, è una donna sopraffatta dal peso della corona, in continuo conflitto tra dovere e affetti.
Dear Mrs. Kennedy è il titolo dell'ottavo episodio di questa seconda annata: se il già citato discorso di raccontare la donna dietro al titolo nobiliare si esplicita nel divertente rapporto, squisitamente femminile, di invidia e ammirazione che si instaura tra la protagonista e la first lady statunitense, il fulcro reale, che poi è lo stesso dell'intera serie, è il senso del potere. Non solo svelare gli uomini e le donne dietro ad esso, ma anche come questi riescano a manovrarlo attraverso la sempre maggior rilevanza dei nuovi media. Un'abilità che scinde la vecchia dalla nuova generazione: distacco sempre più accentuato dal secondo dopoguerra in avanti, è interessante vederne le complicazioni familiari (la sorella della protagonista) e come il vecchio ordine affronti il rinnovamento.
The Crown si conferma una delle migliori serie televisive del momento. L'accuratezza storica e la posata messa in scena squisitamente british non fanno altro che elevare quello che è, oltre che una grande ricostruzione storica, un gioco continuo tra realtà e finzione, il tutto rimarcato dal finale che, rivelando la struttura ad anello che chiude tutto ciò che la serie è stata fino ad ora, saluta il cast uscente all'interno di un ritratto "ready-made", una falsa scenografia: è tutta questione d'apparenza.
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