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Crisis in Six Scenes

1 stagioni - 6 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

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La recensione su Crisis in Six Scenes

di mck
8 stelle

"Ain't it amazing all the people I meet?"

 

• Crisis in Six Scenes : Sit(uation/down)-Com? Up(grade/on)-Com!

“Gli americani non gettano via, mai, i loro rifiuti. Li trasformano in show televisivi.” 

 

Peter Lorre – Secret Agent – Alfred Hitchcock – 1936 / Franklin Pangborn – the Bank Dick – Edward Cline – 1940

Percy Helton – Kiss Me Deadly – Robert Aldrich – 1955 / Elisha Cook, Jr. – the Killing – Stanley Kubrick – 1956

 

Allen torna alle origini, letteralmente, del mezzo - ai tempi di Ed Sullivan e Johnny Carson -, e si cimenta per la prima volta con una modalità produttiva (e, di conseguenza, solo in minima parte, di scrittura) mai esplorata-adottata prima, relazionandosi con (in un percorso a slittare da ''televisione'' a ''cinema'') i cliffangher di fine episodio   

 

[ nulla - ma proprio niente - di diverso rispetto al montaggio di “Manhattan Murder Mistery” o “Small Time Crooks”, per intenderci: più che una serie tv, un film a fette (sei ep. da poco più di 20 minuti l'uno) : questa l'unica differenza tra le due modalità e forme di espressione artistica ]

e le successive e subitanee risoluzioni (ed altrettante sovrapposte complicanze), le dissolvenze e le sfumat(ur)e a nero, i piani sequenza sia fissi sia esplorati da eterogenei e complessi movimenti di macchina e, finalmente, di nuovo, a sé stesso in scena, sfornando per l'Amazon di Jeff Bezos

[ che in questi anni ha prodotto “Mozart in the Jungle”, “Transparent”, “One Mississippi”, e, in questo mash-up liquido e pixelato, anche (il) “the Grand Tour” di Clarkson-Hammond-May: il primo licenziato da BBC e gli altri due licenziatisi di conseguenza ]

un racconto ferocemente dolente e desuetamente terminale

{da parte mia mai ho usato prima d'ora questo termine ''testamentale'' nei confronti di Allen [ma attenzione, Woody è sempre stato ''vecchio'' (o meglio, ''in ritardo'' rispetto alla piena esposizione al mezzo) : il suo primo ''vero'' film (l'esperimentale “What's Up, Tiger Lily?” è del '66) lo ha scritto e diretto nel '69 (“Take the Money and Run”), a 34 anni, mentre il successo planetario giunse nel '77 (“Annie Hall”), a 42] : questi sono i suoi sixties, finalmente è tornato a casa, e nessuno può permettersi di mangiare le sue arance},

in cui non si cita Fanon a memoria, lo si ciclostila, e si tira Mao per la giacchetta gettandolo in pasto (se lo merita) ad un ginoide Club del Libro geronto-para/semi-controrivoluzionario...

 

 

• Crisis in Six Scenes : Mad Men? Bad, Bad, Bad Girl!

“È assolutamente evidente che l'arte del cinema si ispira alla vita, mentre la vita si ispira alla TV.”

Superba Elaine May [nota personale: è abbastanza impressionante assistere a pochi giorni di distanza alle performance prima di madre - May, appunto, qui in Ci6S - e poi di figlia - Jeannie Berlin, in “The Night Of” e in “Café Society”], motore perpetuo dell'opera (la cui ultima apparizione cinematografica porta proprio la firma di Woody Allen e va ricercata più di tre lustri orsono in quel già precedentemente citato “Small Time Crooks”).
A Miley Cyrus, improbabile White Panther bombarola e assassina e adorabile sonnambula (una delle ''invenzioni'' assurde e apparentemente inutili del film: in realtà nulla è superfluo se serve a costruire una battuta nell'episodio successivo…) perennemente affamata (un delicato e androgino Erisittone), sufficienza piena anche solo per il ranteghino in gola con cui parla.  

 


Montaggio L→INEARE di Alisa Lepselter, dal 1999 (“Sweet and LowDown”) al fianco di Allen, dopo essere succeduta al ventennio precedente a cura di Susan E. Morse (da “Manhattan” a “Celebrity”, ultimamente in sala taglia e cuci con Louis C.K. per “Louie”) : nulla al confronto con le collaborazioni pluritrentennali imbastite da Francis Ford Coppola e Walter Murch, Clint Eastwood e Joel Cox, Martin Scorsese e Thelma Schoonmaker e David Cronenberg e Ronald Sanders, dei veri e propri matrimoni cinematografici, o, in taluni casi, delle inevitabili convivenze forzate da sindromi tripolari (Ethan e Joel Coen e Roderick Jaynes).


Fotografia di Eigild Bryld (In Bruges”, “Not Fade Away”, “House of Cards”).   

 

 

Nota.
Le due citazioni virgolettate delle frasi di Woody Allen poste in esergo alle due parti della recensione sono tratte da “Capovolgere il Mondo per Rimetterlo in Piedi”, a cura di G.Salvioni, EduCatt.

L'impianto ''satirico'' di Allen sfiora l'Occam della morale (il dialogo col barbiere e la scena della moglie-puttana / marito-pappone valgono di per sé/loro/ess* la visione).
Il sotto-finale imploso e depressurizzato accantona la screwball e si getta a capofitto nello slapstick, mentre la risoluzione trova, finalmente, la giusta somiglianza: ancora una volta non nell'arte, ma nell'assonanza dei nomi, e dell'aspetto.  Ecco a chi diamine rassomigli, Sidney!

 

 

Volunteers of America...

Ci6S (una casuale costante ebraica) : un “American Pastoral” (P.Roth) alla rovescia (comico tinto di tragico) senza il rapporto diretto padre-figlia (ma una dissonante simile convergenza di vite), un “the Time of Our Singing” (R.Powers) costretto in quell'ultima singolarità (la narrazione si sviluppa lungo pochissimi giorni), un “Dissident Gardens” (J.Lethem) disordinato e liberato racchiuso in un dettaglio-ritaglio-fotogramma.

 


“Per l'amor di Dio, Sidney, rispondi al campanello!”
“Oh!, giusto: potrebbero essere i fratelli Marx...”

* * * ¾  -  7 ½   

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