2 stagioni - 20 episodi vedi scheda serie
In assenza di Nanni Moretti, da circa trent’anni, Paolo Sorrentino è il più morettiano dei nostri autori. Ha traslato i tic dei suoi personaggi, fagocitato le nevrosi in uno stile personale e inconfondibile: ipnotico, ieratico, riflessivo, ironico & iconico. The New Pope è la quintessenza del Morettismo applicato ad un Sorrentinismo pop andante. Se Moretti era generazionale e politico, Sorrentino rappresenta il nostro tempo in cui la politica – nonostante le prime pagine dei giornali con sempre meno lettori, i talk-show invasivi e i post sui social con la cloaca di commenti al seguito – è relegata ai margini della vita di un cittadino. Non essendoci più ideologie e chiese di partito (Il Portaborse, infatti, è stato il film definitivo di un’epoca), Sorrentino è andato a indagare e a fantasticare dentro il Vaticano. L’unico luogo e ministero che resiste da millenni e che ancora suscita mistero e (quasi) rispetto. Le ultime vicende che ruotano intorno al Cardinal Becciu potrebbero far impallidire il dittico sui Papi. Eppure, l’ottimo regista riesce ancora una volta a fare centro creando una serie che trasuda fascino, commozione e ammirazione.
The New Pope è un omaggio vivente a quel monumento sottovalutato di attore che è Silvio Orlando. Il suo Voiello riempie la scena dal primo all’ultimo episodio. Un Andreotti ecumenico, infido e perfido, dotato all’uopo di umanità. Un Mazzarino partenopeo e parte Morettiano per appunto. La serie non si fa mancare nulla: un vero Papa francescano (l’ex mite Viglietti) che si rivela troppo rivoluzionario (non come le prime finte mosse di Papa Bergoglio), interpretato dal bravo e sconosciuto Marcello Romolo. Episodio che cita con leggerezza pensante la misteriosa scomparsa di Papa Luciani. Inoltre si inventa un dio in carne ossa sigaretta elettronica e ostriche di nome Bauer. Racconta le omosessualità implodenti dentro gli abiti talari dei perfetti Assente e Gutierrez (e che attori Lombardi e Camara). Il soggiorno inglese per convincere al santo soglio il seducente e indolente John Brannox (l’eccellente John Malkovich) è un film a sé per come riesce a raccontare la malinconia soffusa dei luoghi, delle anime e l’ennesimo capitolo di uomo debole. Sorrentino, come diceva Fellini, gira sempre lo stesso film: l’uomo e le sue umane fragilità. La fragile porcellana Brannox perse un fratello gemello, vero autore del caposaldo La via media, e ha più di un segreto da non confessare, in primis il contenuto della scatolina d’argento. Oggetto non Lynchiano bensì sorrentiniano: la droga come ossessione e riparo alle citate debolezze. Altro personaggio/attore esaltato dalla serie è Antonio Petrocelli, feticcio proveniente dalla galassia Moretti e orfano di Nanni. Il sottile e formidabile Cavallo ha nella risatina il tocco di genio citazionista di una intera carriera. Anche le due donne protagoniste e antitetiche, Sofia ed Esther, sono raccontate nelle crisi esistenziali. La prima cede all’umano innamoramento, la seconda - incarnazione della credulità popolare - in un primo momento rappresenta il sacrificio e la devozione ad una buona causa (rendere felici dei freaks, moltiplicazione del Michele licantropo di Sogni d’oro?) con la complicità di Fabiano, strumento ambiguo di illusione e inganno, interpretato con aderenza dal sorprendente Alessandro Riceci. Esther, dopo la perdita delle illusioni, resta preda del fanatismo (e ottusità sono la stessa cosa), culmine dell’ultimo episodio.
La serie si porta avanti nel descrivere ciò che già avviene e immagina il futuro della Chiesa che cade vittima dell’integralismo. Papa Pio XIII in coma è un santo che tornato in vita non sa fare più miracoli e rimane vittima della sua stessa presunzione e sicumera. Papa Giovanni Paolo III, dopo aver ridimensionato il collega a semplice prete, realizza finalmente la sua sola e unica ambizione di essere dimenticato, e ritorna alle sue stanze, ai suoi non si sa mai nella vita e ad una sorpresa; l’ex giovane Papa ha bruciato mille sigarette e il fanatismo verso dio, fallimentare e non rivelatore di amore. Quasi come Moretti consunto dal suo stesso narcisismo con un glorioso avvenire alle spalle. Sorrentino, a differenza del padre Nanni, va oltre: uccide i suoi Papi e i loro fallibili dogmi. Con quest’opera, in un certo senso bergmaniana, potrebbe ritirarsi e vivere di rendita artistica. Traccia bilanci esistenziali ed ecumenici senza condizionamenti, libero e con nuove tracce di poesia: vedi la scena sottolineata da Come and see di Lean Year e chiudi gli occhi per sempre.
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