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Romanzo Criminale

2 stagioni - 22 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

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Andreotti_Ciro

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La recensione su Romanzo Criminale

di Andreotti_Ciro
10 stelle

Chi parla è ‘il teribbile’, le sembianze quelle di Marco Giallini, ragazzo di strada cresciuto trasportando e consegnando bibite ai bar e studiando la sera per diventare un attore, e che attore, concedetecelo. Quella frase? Una sentenza scolpita nella roccia, ma solo sino a quel momento, perché sulla metà dei ’70 cambiò tutto e con lei la realtà dei fatti, nulla è impossibile se hai sangue freddo, armi e una profonda determinazione. A farne le spese non poche vittime che con due piedi in avanti toglieranno il disturbo senza colpo ferire. Eseguono tre menti brillanti e un gruppo di straordinari comprimari: Dandi, il Libanese e il Freddo; tre per i quali la storia, quella più nera e cupa, ha parlato chiaro; luogo di provenienza? Roma, quartiere Magliana, o meglio quartiere Portuense; consiglio spassionato: se andate in quei lidi e parlate di pessimi e loschi figuri dite che provengono o provenivano dalla ’ Magliana’, dovete sapere che gli autoctoni potrebbero offendersi, che la Magliana è solo una piccola parte del Portuense.

 

Nel frattempo il romanzo criminale del titolo ha già preso vita e un uomo di almeno 65 anni viene malmenato a morte da un gruppo di ragazzi poco più che ventenni che una volta sicuri del fatto loro torneranno al bar più vicino con aria di sfida. Il 65 enne di cui sopra però si rialza, li raggiunge e, nel mezzo di palazzi, spara a uno di loro prima alle gambe e poi finendolo al grido di: “Io stavo col Libaneseeeeeeeeeeeeee…”.

 

Già nel 2005 Michele Placido, qua nella veste di supervisore e consigliere, portò in scena il romanzo enciclopedico dell’ex magistrato Giancarlo De Cataldo, riguardante la disgraziata parentesi della ‘Banda della Magliana’. In quel caso il regista foggiano scelse ‘la meglio gioventù’ del cinema di casa nostra, portando in scena una pellicola che ha fatto non poca gola anche al mondo Made in USA. Questa volta il figlio d’arte Stefano Sollima, il padre ebbe l’intuizione di trasporre il romanzo di Salgari: Sandokan per il grande schermo; è riuscito a dilatare il romanzo in 22 episodi, divenuti pietre angolari della TV di casa nostra. Il tutto senza l’aiuto di grandi nomi, tutti capaci comunque di destreggiarsi nelle rispettive parti, non facendo rimpiangere gli ‘equivalenti’ del film. Francesco Montanari è un Libanese livido e cupo; Vinicio Marchioni un Freddo che non spreca sorrisi, che fuma e intimidisce con la sola presenza; e Alessandro Roja un Dandi scialacquatore e approfittatore. Alla serie si aggiungono poi ottimi caratteristi e attori celebri nei ruoli secondari; il già citato ‘Teribbile’, interpretato da Giallini, che funge da primissimo nemico della ‘Banda’; Edoardo Leo in quello di ‘Nembo kid’, alias Daniele Mastronardi; Ninetto Davoli, nel ruolo di Gerardo il Barbaro.

 

La prima stagione, che vanta di 12 episodi, è fissata sull’ascesa al potere della banda. La seconda prende il via all’inizio di una lotta che a cavallo degli ‘80 si abbatté sulla capitale bagnandola di sangue e morti.

 

Completano una trama perfettamente mixata fra pathos e violenza anche i sentimenti, iniziando dai più contrastanti: amore, odio e vendetta e desideri di riscatto personale; oltre a una città che fa da protagonista aggiunto, perché senza Roma non ci potrebbe essere la banda e senza la borgata, che sia Magliana, Tufello, Primavalle o San Basilio, non ci potrebbe essere una storia da narrare, il tutto unito a una ricostruzione perfetta in termini di luoghi, usi e costumi dei ‘70 e primi anni ‘80.

 

Da questa serie protagonisti e personaggi secondari ne sono usciti carichi di riconoscimenti e possibilità, anche se lo stesso Montanari ha recentemente ammesso le non poche difficoltà nel crearsi nuove occasioni distanti dal Libanese. Sollima ha dato il via a due serie nate dalle medesime ‘situazioni criminali’, Suburra e Gomorra, rispettivamente tratte dai romanzi dello stesso De Cataldo e Roberto Saviano. Marco Giallini ha avuto finalmente il giusto riconoscimento per gli anni di gavetta e per i precedenti ruoli minori, ed Edoardo Pesce ha definitivamente spiccato il volo verso una carriera che lo sta issando ad attore di fama nazionale. Una storia di periferia, molto dura e per palati tutt’altro che delicati. Da vedere, o rivedere, con la certezza che abbia rappresentato l’inizio della serialità di casa nostra degli anni ‘10.

 

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