5 stagioni - 35 episodi vedi scheda serie
Jane, in the World.
I. The Now-Memories.
“Stranger Things - 2” gioca esplicitamente e seriamente (coming of age + adventure arcade) sulla riecheggiante ripetizione del già assimilato, sulla reiterazione della replica, sulla fotografia di una fotografia, sull'autoritratto di una copia conforme/carbone, sull'eterno ritorno del già conosciuto (si prenda ad esempio il terrificante, annichilente loop in cui è imprigionata la madre di Eleven/Jane), e...sulla variazione del canone: un dialogo multi ma soprattutto metamediale con (dis)soluzione e con consolid(ific)azione di continuità tra i ricordi del presente di Will e il presente dei ricordi della serie stessa creata dai Duffer Brothers, fratelli gemelli classe '84, che finisce col creare la propria {dalle suggestioni (rimasticate grezze) di H.P. Lovecraft, passando per l'Amblin' spilberghiano [l'uno-due (uno dei tanti del regista ebreo statunitense) composto da “Close Encounters” ed “E.T.”], ai rimandi diretti all'universo accanto/complementare/sovrapposto di Stephen King (“It” e “the Body”)} mitopoiesi.
- It's crazy, but I really liked it.
- Liked it?
- Yeah. Well, I mean, I had a few issues.
- Issues?
- I felt it was a little derivative in parts.
- What are you talking about?
- I just wish it had a little more originality. That's all.
- You don't believe me...
Rispetto alla stagione precedente questa seconda annata è composta da un episodio in più (si passa da 8 a 9, sempre da 45-55 minuti l'uno), e quell'episodio in più ha un nome, un numero, il 7° (anzi, lo 008), e due funzioni non filler: una secondaria e derivata (trasportare la narrazione da Hawkins, Indiana a Chicago, Illinois), e l'altra primaria: la tensione, giunta a saturazione col finale del 6° capitolo, viene interrotta, sospesa, blindata, spostata, accantonata, rimandata: un bel cliffhanger, e poi...puf! Cambio. È un espediente classico, che, se ben gestito [si consideri il 3° ep. in trasferta californiana di “Fargo / 3”, che si scosta geograficamente del tutto dalla trama principale pur rimanendovi ben agganciato e contribuendo alla sua progressione, così come il 4° (la storia di Laura) e il 7° (la storia di Essie) di “American Gods / 1” e l'8° di “Twin Peaks / 3”], è un tassello che dona ed esprime solo e tutto valore aggiunto all'opera.
II. “It's not a puzzle, it's a map! It's a map of Hawkins!”
Interessante riconoscere la ripartizione geometrico-industriale dei compiti [escluso dalla conta il 7° episodio, per ogni dittico (il primo splendidamente introduttivo, e poi...a crescere) si alternano un regista col proprio direttore della fotografia e due coppie di sceneggiatori e di montatori che si spartiscono il lavoro], dalla quale emerge chiara la figura del “macchinario da film”, la fearsome engine produttrice a catena di opere autorial-industriali:
Ep. 1 - “MADMAX”, scritto e diretto da the Duffer Brothers (fotografia: Tim Ives, montaggio: Kevin D. Ross).
Ep. 2 - “Trick or Treat, Freak”, scritto e diretto da the Duffer Brothers (fotografia: Tim Ives, montaggio: Nat Fuller).
Ep. 3 - “the PollyWog”, scritto da Justin Doble e diretto da Shawn Levy (fotografia: Todd Campbell, montaggio: Kevin D. Ross).
Ep. 4 - “Will the Wise”, scritto da Paul Dichter e diretto da Shawn Levy (fotografia: Todd Campbell, montaggio: Nat Fuller).
Ep. 5 - “Dig Dug”, scritto da Jessie Nickson-Lopez e diretto da Andrew Stanton (fotografia: Tim Ives, montaggio: Kevin D. Ross).
Ep. 6 - “the Spy”, scritto da Kate Trefry e diretto da Andrew Stanton (fotografia: Tim Ives, montaggio: Nat Fuller).
Ep. 7 - “the Lost Sister”, scritto da Justin Doble e diretto da Rebecca Thomas (fotografia: David Franco, montaggio: Katheryn Naranjo).
Ep. 8 - “the Mind Flyer”, scritto e diretto da the Duffer Brothers (fotografia: Tim Ives, montaggio: Nat Fuller).
Ep. 9 - “the Gate”, scritto e diretto da the Duffer Brothers (fotografia: Tim Ives, montaggio: Kevin D. Ross).
Paradigmatici di questa (consapevole, voluta, ricercata) riproposizione della “non” originalità sono i titoli di testa, che Imaginary Forces ha giusto ritoccato con un bel “2” e qualche pixel bianco glitchante. Ma basterebbero i nomi di Sean Astin e Paul Reiser…! Enjoy:
III. Le regole del Gioco.
“Stranger Things”, con le sue citazioni, i suoi ricalchi, le sue ruberie, i suoi omaggi, è, parafrasando la risultanza di un battibecco tra Dustin e Lucas, una metafora e un'analogia: le ninfe d'essere umano, le imago dell'Homo s. sapiens, i ragazzini, nel loro coming of age, mutano pelle tante volte quanto una larva-girino-lucertola di Demogorgone.
Più o meno in qualsiasi epoca e più o meno in qualunque parte del mondo, quotando ancora il Re: “Non ho mai più avuto amici, in seguito, come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, e voi?” +, tag-line del brand ST by Duffer Brothers, “Friends Don't Lie”: semplici, basilari regole epigenetiche specie-specifiche della società/civiltà/razza umana.
Le regole prima si imparano, poi si rispettano, poi si mettono in discussione, poi si trasgrediscono, e poi si scrivono.
Con le relative e dovute eccezioni del caso di volt'in volta.
“Che avevamo detto? Prima la cena, poi il dolce. È la regola.”
ST2 è una conferma, senza una eccessiva reinvenzione [lo spettro “antologico” - oltre che, e non "solo", ontologico - viene scacciato: spingersi troppo in là con un recasting (lo splendido lavoro fatto da N.Hawley con “Fargo”) sarebbe stato un suicidio], e con un immenso background extradiegetico (“Stranger Things” è uno pseudopodo, uno spin off degli anni '80) da introiettare e restituire da cui attingere (diegetico per “Better Call Saul”, lo spin off di “Breaking Bad”).
Jane, in the World.
Eleven re-impara qual è il suo nome (e noi – così come accade in “the HandMaid's Tale” però per bocca della voce narrante della protagonista, June – con lei), e i suoi piedi la portano a ripercorrere il cammino percorso dalle proprie radici (mentre quelle della godzillesca ombra nel cielo a forma di ragno-mantide gigeresc'aliena si espandono prima sotto i pumpkin e poi sopra i clover fields del cortile della scuola media dove la brigata allargata dei Perdenti sta danzando al ballo d'Inverno 1984-'85, ché l'anno prossimo “Stranger Things - 3” reinizierà col primo giorno di scuola di Eleven/Jane...?...).
ST2 è come un cruciverba facilitato (“Easy Peasy!”, ovvero: affronta di petto le tue perturbanti paure, e male che vada ne sarai invaso e annientato), ma il risultato è una (im)pura poesia.
* * * ¾ (****)
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