5 stagioni - 35 episodi vedi scheda serie
Superflua, inutile, banale
Odio le serie tv buttate in vacca.
Esattamente come per Terminator, Stranger Things aveva fatto il botto con la prima serie, aveva avuto un’accettabilissima correzione di rotta con la seconda, e si è buttata al porco con la terza. I ragazzi non devono crescere, anche se è inevitabile lo facciano. Però si può lavorare su questa inevitabilità, che non consista nell’adottare i più vieti e telefonati luoghi comuni di genere. Nel voler a tutti i costi fare un’antologia delle tipicità adolescenziali, Stranger Things-3 non solo diventa un catalogo di banalità irrealisticamente (data l’epoca) politically correct ma crea una galleria di assurdità tenute insieme a stento e con lo spago. Il politically correct, vera e propria pestilenza odierna, impone ragazzine sempre un passo avanti gli stolidi maschietti, l’inclusione contrattuale di qualche gay e più recentemente di una o due lesbiche, un pensiero debole quando non debolissimo a permeare ogni scelta, decisione, azione.
La serie è diventata grottesca nella sua implausibilità, soprattutto visto che è ambientata nel 1984 reaganiano, quello che da noi aveva il riscontro della Milano da bere. Un falso storico a tutti gli effetti. Il completamento del ridicolo si ha introducendo una base russa sotterranea nel paesello, costruita in meno di un anno (e gli sbancamenti? e i materiali?) presidiata da un battaglione di cattivissimi in divisa che girano per il centro commerciale comunicando tranquillamente in russo con i walkie-talkie. Sì certo come no, sotto Reagan e il suo Impero del Male.
Queste stronzate da cartone animato di serie B fanno ancora più male se si pensa al suggerimento con cui si chiudeva la seconda serie: quella visione speculare del mondo-altro che poteva far presagire un terzo capitolo à la King. Invece di riportare tutto e tutti a un qui e ora da luna park di paese, perché invece non precipitarli tutti in uno spazio ambiguo e intermittente come il SottoSopra? Le citazioni volontarie inserite in ST-3, come la proiezione di Ritorno al futuro, non trovano un seguito negli eventi e nell’ambientazione, che inspiegabilmente vira con piatta decisione verso la rappresentazione di un’America rurale di cui avevamo già fatto il pieno con i vari horror-movie della nostra giovinezza, e che francamente già allora ci aveva portato a disgustata sazietà. A concludere la farsa, l’inspiegabile marchetta di Neverending Story cantata per intero da due ragazzini semi-stonati, a testimoniare il loro inutilissimo amore nerd mentre il mondo aspetta che finiscano, per essere salvato. Patetico. Peggio: inutile, come tutta la serie.
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