4 stagioni - 35 episodi vedi scheda serie
L’evento televisivo del 2014 si presenta caratterizzato da una duplice anima: la dicotomia palese tra la messinscena e la sceneggiatura/dialoghi degli episodi, tutti comunque sotto il controllo “dittatoriale” dell’autore Nic Pizzolatto. (La regia di Fukunaga si limita infatti ad agevolare il racconto, assecondando puntualmente lo spirito della serie).
Le scenografie, la fotografia, gli interni e le lunghe carrellate di ambientazioni “southern” sono appunto quanto di più affascinante abbia mostrato la televisione in materia di stilemi e stereotipi, patrimonio comune di quasi tutti gli spettatori tipo. Le inquadratura ampie e statiche sono un piacere per gli occhi, (fortunatamente) sempre un passo indietro dal mero calligrafismo. Iconografiche e “cool”, le immagini sembrano appartenere ad un book di Dorothea lange o Stephen Shore, capaci di incidere a fondo la loro cromaticità o l’assenza di colore nella mente e di farsi veicolo visivo delle tematiche trattate e delle concettuali strutture episodiche
Felice anche la scelta di intervallare differenti piani temporali (almeno per i primi 4/5 episodi), espediente che permette di dosare accortamente la costruzione drammatica della storia e di caratterizzare pienamente i due personaggi principali Rust e Marty. Ricercatamente “fascinosi”, intrappolati in una (quasi) posa cristologica e Zen il primo, anche “fisicamente” piegato dal peso del passato, e nell’apparente (a)normalità del buon padre di famiglia il secondo; archetipi formalmente palesi nell’idea autoriale di Pizzolatto e di tutti gli interessati alla produzione (perfino la sigla, “Far from any road” degli Handsome Family, intervallata da immagini sovrapposte in chiaroscuro, sposa il mood del tutto, “sfiorando” solamente il manierismo alt-dark-country).
La trama, al contrario, risulta onestamente già vista in innumerevoli salse e solamente la professionalità del tutto riesce a salvare la baracca da una forte sensazione di deja vù. A risultare invece particolarmente fastidiosi, almeno per chi scrive, sono i dialoghi (soprattutto quelli scritti per McCounaghey), troppo caricati di sfumature messianiche e anticonformiste, francamente fastidiosi dopo il terzo episodio, che avrebbero dovuto coadiuvare la creazione di un antieroe memorabile ed elevare il mero intreccio poliziesco con tocchi di autorialità, risultando all'opposto scontati, poco incisivi e scarsamente aderenti allo sviluppo ultimo del personaggio, “risolto” in un finale consolatorio e francamente banale.
In definitiva, una buona serie TV. Non epocale, però.
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