5 stagioni - 53 episodi vedi scheda serie
Alison, nell’oceano di Schrödinger.
Dove eravamo rimasti.
“Essere genitori è difficile. So che non siamo stati perfetti, ma io ho imparato dagli sbagli dei miei, e tua madre da quelli dei suoi, così come tu imparerai dai nostri sbagli, finché qualcuno, un giorno, finalmente, avrà un’infanzia perfetta.”
Anche nei 10 ep. da 50’ ca. della 4ª stag. di “the Affair” (2017), ovviamente, rimane centrale in nucleo/nocciolo duro della “tele-novela”, traslata e declinata dalla Golden Age della serialità (e se forse il “picco” è già stato raggiunto - the Sopranos, Mad Men, the Wire - la Peak TV è inequivocabilmente tutt’ora in corso: en attendant “Better Call Saul”, & Kim) verso una narrativa resa più adulta e seria.
La differenza tra le singole e peculiarmente diverse esperienze vissute da uno stesso nucleo di persone (e per l’occasione riesumate dalla memoria per ri-metterle in scena, anche se questo è il PdV dello spettatore, e il vissuto dei vari protagonisti è in diretta, non c’è alcun effetto analettico consapevole messo in atto e in pratica dai protagonisti) è ben riassunta dalla presenza o meno di un cazzo stilizzato disegnato col pennarello indelebile nero in fronte, che passa dall’essere, negli occhi di chi lo guarda allo specchio, poco più di uno “schizzo”, all’assumere, nello sguardo di chi quel volto pasticciato lo vede dall’esterno, le sembianze di un affresco picassiano.
Altre volte, invece, è il PdV di una persona deceduta ad essere rashomonicamente (nel senso più puro e vero del termine, senza la scelta della presenza di un Narratore Super-Iper-Ur-Affidabile come in “the Last Duel”) irrisolutivo, perturbante e disturbante.
PTSD à gogó, ma, da che mondo è mondo e da che storia è storia, è sempre stato così, checché ne pensino, dicano e scrivano gli scopritori d’acqua calda del New Yorker (e, a immediatamente seguire “the Affair 4”, del 2017, un paio d’anni più tardi, e giungendo sino all’oggi del 2022, imperniate sullo stesso tema centrale altre fra le migliori serie a cavallo tra i due secoli/millenni: “FleaBag”, “After Life”, “YellowStone” e “I May Destroy You”).
New Entry fra gli attori: Sanaa Lathan, Ramon Rodriguez (l’uomo che ha messo Alison nella scatola con l’atomo di un elemento radioattivo in decadimento), Christopher Meyer, Russell Hornsby, Adam Shapiro e un inquietante Tim Matheson. Special Guest Star: Amy Irving. A pareggio: entra Emily Browning (eterea, molto brava), esce Omar Metwally: dall'unione epigenetica dei loro caratteri, un altro pezzo di futuro. E, tra i registi: Mike Figgis, Rodrigo García e Colin Bucksey.
Nell’oceano di Schrödinger.
* * * ¾ - 7½
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