3 stagioni - 30 episodi vedi scheda serie
Provenienza : USA
Produzione e distribuzione: Warner Bros, HBO
Episodi : 10 da 60 minuti cadauno
In un brutto 14 di ottobre scompare il 2 % della popolazione mondiale.
Così , senza ragione e senza lasciare tracce.
A occhio e croce 140 milioni di persone.
Nella piccola cittadina di Mapleton, profonda provincia americana, le perdite si aggirano attorno ai 100 elementi.
E in più c'è una specie di setta , vestita di bianco, che si rifiuta di parlare e in cui tutti fumano come ciminiere, che si aspetta l'apocalisse in capo a pochissimo tempo.
E fa ogni giorno nuovi adepti.
In particolare nella prima stagione viene seguito la famiglia Garvey, implosa dopo quell'avvenimento.
Kevin , sceriffo, deve fronteggiare la scomparsa della moglie ( che sta nella setta di cui sopra) e la pazzia del padre. Ma ha modo di conoscere Nora , a cui è scomparsa tutta la famiglia e che ora lavora per il Governo.
Per non parlare di tutte le altre cose strane che succedono in un paese che , nonostante tutto sta cercando di ripartire.
C'era molta attesa per questo show, l'ultimo parto seriale di un signorino a cui è bastata una sola serie,Lost, per riscrivere tutta la grammatica televisiva da quel giorno in avanti.
Stiamo parlando di Damon Lindelof che prende un romanzo omonimo del per me sconosciuto Tom Perrotta e ne tira fuori un prodotto televisivo seriale carico di intrighi, misteri e suspense.
Forse addirittura troppi per poter essere metabolizzati tutti assieme.
E' inevitabile, anche se scorretto e superficiale, confrontare la scrittura e la struttura di questo The Leftovers con il succitatoLost.
Credo che sia inevitabile perché ci sono alcuni trait d'union tra le due serie che lasciano intravedere che dietro di loro c'è la stessa mente ( bacata?) ad ideare tutto.
Entrambe hanno un'idea di base forte, fortissima , sconvolgente: il disastro aereo in Lost e la scomparsa del 2 % della popolazione mondiale in The Leftovers.
Entrambi si focalizzano su quello che succede ai superstiti e su come cercano di superare quanto successo.
Hanno un'ambientazione piuttosto chiusa, da cui si evade usando alcuni escamotages ( i flashback inLost) e prendono in considerazione un gruppo di personaggi che risalta sugli altri.
In più trovate sghembe ( i cani che non sia che ruolo abbiano e in che cosa sono cambiati dopo quel fatidico 14 ottobre, la setta di bianco vestita) e notazioni a margine che cercano di colorare meglio la fitta ragnatela di relazioni tra i vari avvenimenti e i personaggi.
In Lost tutto questo era un meccanismo ai limiti della perfezione, quasi scandito da un metronomo, tutto cronografato in una perfetta sintesi di contenuto e forma corroborata dall'ampio respiro delle varie stagioni che alzavano sempre di più l'asticella del mistero.
Nella prima stagione di The Leftovers non succede propriamente così.
Non avendo ancora l'ampio respiro dato da più stagioni, tutto questo appare come in embrione e a riprova di questo si può notare che , dopo un pilot di pregevole fattura che introduce alla grande tutto quello che sta succedendo a Mapleton, nelle puntate successive la narrazione si incarta in vari rivoli dominati da personaggi come minimo incolori che per un po' non si capisce dove vadano a parare.
Di questo ne risente la fluidità nella fruizione della serie che a tratti diventa verbosa e farraginosa, in attesa del coup de theatre che risollevi l'attenzione.
Colpo di scena che tarda ad arrivare, anzi c'è addirittura un episodio, il nono, che riassume brevemente quello che è successo precedentemente come a tirare le fila di un racconto sfilacciato, che è possibile interpretare come una parziale ammissione di colpa di una serie che non decolla almeno fino alle ultime puntate.
E ci sono un paio di episodi, il terzo e il quarto , praticamente monografici, il primo dedicato alle gesta del reverendo interpretato dall'ex Dr Who Christopher Eccleston ( che, detto tra noi, sta invecchiando maluccio) e il secondo a Nora Durst a cui è scomparsa tutta la famiglia.
Quasi a voler mettere benzina in un motore che fa fatica a carburare correttamente anche in virtù di un protagonista, Justin Theroux , con cui è difficile empatizzare.
The Leftovers è dominato da un mistero inesplicabile e mette di fronte l'uomo, inteso come entità minima, di fronte a un universo infinito che lo sovrasta in tutto e per tutto e che lui può arrivare a capire molto parzialmente grazie alla scienza e alla fede.
Soprattutto alla fede che è l'ultima risposta quando la scienza non ne fornisce.
The Leftovers non fornisce risposte, anzi carica ancora di più il suo bastimento infittendo le domande in un ultimo episodio che lascia impotenti, basiti, di fronte a quell'ineluttabilità che forse avrà soddisfazione nelle stagioni successive.
Credo che sia quasi impossibile giudicare un prodotto come questo sulla distanza della singola stagione.
Meglio attendere.
Arrivederci al 2015.
PERCHE' SI : confezione di altissimo livello, cast all'altezza, un'idea di base fulminante
PERCHE' NO : a tratti verboso e farraginoso, sulla distanza di una sola stagione appare incompleto, praticamente ingiudicabile, troppe notazioni a margine, nessuna risposta ai misteri messi sul tavolo.
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