4 stagioni - 38 episodi vedi scheda serie
D: “È una mia impressione o ogni brutto ceffo con una mitragliatrice viene a Banshee per spararti ?”.
Non c’è pace a Banshee. Gli “scalcagnati” protagonisti si ritrovano alle prese, anche in questa seconda stagione, con una serie lunghissima di brutti ceffi e situazioni infuocate dalle quali è praticamente (quasi) impossibile uscire. Non senza aver versato molto sangue, proprio e altrui.
I molti scontri fisici sono ancora il vero “core” della serie, quasi sempre lunghi e spossanti fisicamente e violenti fino all’eccesso; scene di lotta (non di classe) che, trascendendo visivamente l’efferatezza dei colpi dati e presi, personalizza l’odio dei personaggi fino allo spasimo, rendendo però ogni vittoria sofferta e foriera di conseguenze sull’intreccio seriale. Sembrerebbe quasi che gli ideatori del progetto, consci della mancanza di autorialità “classica” del progetto, abbiano quindi deciso di concentrarsi esclusivamente su un incessante (brutale) moto situazionista, sorretto comunque da tocchi registici/sceneggiativi spesso non banali, nascosti tra le righe di succosi flashback onirici e puntate meditative inaspettate (sempre “à la Banshee”, ovviamente) nel contesto declamato di b-(serial) movie fracassone.
Oltre a questo, l’iconicità pulp di tutti i personaggi contribuisce ad appassionare alle vicende mostrate, con introduzioni forse non originali ma credibilmente esplicative del loro ruolo nella trama; non solo i protagonisti, quindi, ma anche gli innumerevoli comprimari (alcuni al limite della comparsata) assumono il loro giusto rilievo nella tenuta generale della struttura seriale. Esemplificativi di questa saggia coralità sono, per esempio, le figure dell’Agente Racine (interpretato dal bravo Zeljco Ivanek) e di Jason Hood (Harrison Thomas), introdotti e/o spiegati con gustosi inserti dopo i titoli di coda (presenti in ogni episodio).
Il difetto principale di questa seconda annata risiede tutto in una certa ripetitività della trama generale (il tema è, praticamente, lo stesso della stagione introduttiva), con conseguente accrescimento delle parallele sotto-trame personali di tutti i personaggi, non tutte sviluppate efficacemente, ma comunque ben ritmate ed orchestrate tanto da intrattenere felicemente senza patemi.
R: “E’ una tua impressione”.
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