4 stagioni - 38 episodi vedi scheda serie
C’è un nuovo sceriffo in città.
Il ritorno, direttamente dagli anni 90, del genere pulp in una serie TV contiene tutti gli elementi che ne fecero la fortuna (letteraria e cinematografica) oramai oltre un ventennio fa: un variegato miscuglio di violenza, sangue e sesso (spesso al limite del pornografico) che pervade tutte le puntate di questa prima stagione di Banshee.
L’immaginaria cittadina della Pennsylvania, campo d’azione dei personaggi creati da David Schickler e Jonathan Tropper, porta il nome di una mitica creatura del “piccolo popolo” della mitologia irlandese e scozzese. Uno spirito femminile leggendario e dolente, legato al destino di alcuni clan gaelici, i cui disperati pianti sono sia presagio di morte che lamento funebre dei caduti in battaglia. E femminile è il fulcro dell’azione: Anastasia, la rapinatrice/amante fuggita col bottino di un colpo andato male e rifattasi una vita nella cittadina. Cercata dal protagonista e dal padre, uno spietato mafioso russo newyorkese.
Se lei è il perno sul quale gira (forse) tutta la storia, l’elemento che scatena il moto delle anime, malvagie o meno ma comunque tutte mediamente tormentate, è lo “sceriffo” Lucas Hood. Il cui profilo da “castigamatti” in cerca di vendetta e risposte viene amplificato nella prima metà di stagione, con picchi elevati di exploitation, giusto per entrare in tema con le dinamiche di base dell’idea seriale degli autori.
L’acclimatamento iniziale dello spettatore medio rimane pertanto frustrato da uno stile generalista e fracassone, fino al posizionamento delle varie pedine a comporre una coralità di caratteri, situazioni e diramazioni che rappresentano la forza pulsante del progetto. La trama principale si interseca quindi con tematiche connesse alla criminalità locale, ai mormoni, agli indiani di una vicina riserva, a bande di ariani, ai rapporti complicati tra i tutori dell’ordine della cittadina e, ovviamente, alle numerose (essenzialmente carnali) storie “d’amore”.
Si finisce la stagione in un soffio, con il ritmo incalzante a sopperire a qualche buco di sceneggiatura che inevitabilmente inficia la tenuta drammatica dell’ingarbugliato plot, ma incredibilmente, viste le premesse, senza mai stancare.
(Bloody) Guilty Pleasure.
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