2 stagioni - 16 episodi vedi scheda serie
Otto capitoli, molti dei quali portano il nome di alcuni tra i principali protagonisti coinvolti in questo mistery francese davvero affascinante.
Una produzione televisiva che ha tratto ispirazione da un omonimo film di Robin Campillo (il regista dell'ottimo Eastern boys del 2013) concepito del 2004.
Un paese incastonato tra valli amene e lussureggianti dove pinete altissime si alternano a prati e declivi quasi idilliaci; siamo nel nord della Francia, in un luogo dove la natura rigogliosa si confronta col cemento armato di una diga che nasconde al suo interno un paese antico divorato dalle acque... e da chissà cos'altro; tutto tranquillo, fino al momento in cui alcune persone, morte per varie cause alcuni anni prima, cominciano timidamente a far ritorno presso i propri cari, che, sconvolti ma anche rassicurati, li riaccolgono tra di loro cercando di mantenere segreto quanto loro accaduto. In particolare la comunità serbava in enorme lutto in seguito ad una tragedia occorsa a causa di un incidente in cui un pullman pieno di scolari precipitò in un burrone: Camille è la prima tra le vittime che fa ritorno a casa, dove i genitori ormai divisi cercano un motivo per ricominciare; poi un'anziana donna torna a rivivere e a ricongiungersi con l''anziano marito, vecchio professore del paese; inoltre nella comunità frantumata dal dolore, Simon, uno sposo suicidatosi il giorno del matrimonio, torna dalla moglie che ora è sposata con un poliziotto e ha una figlia di cinque anni dal suo primo marito suicida.
Un bambino taciturno di nome Louis ma ribattezzato Victor, morto durante una rapina in casa, rivive e cerca la mamma, ritrovando qualcosa di simile, la fata dei libri delle favole, in una giovane scampata ad un maniaco seriale che uccide ragazze accoltellandole nei pressi di un sottopasso; il quale, a sua volta ucciso dal fratello maggiore e barista del paese, torna in vita cercando di controllare, ma invano, i propri istinti omicidi. Inoltre Lucy, la cameriera giovane e bella recentemente assunta nel bar, viene trovata nuovamente accoltellata, ma, pur in fin di vita, le sue ferite si rimarginano velocemente ed ella guarisce miracolosamente: è un angelo custode inviato da qualcuno per intercedere tra vivi e ritornati.
Queste e molte ancora le storie che compongono un puzzle misterioso ed astuto che viene abilmente strutturato dai registi Fabrice Gobert e Frédéric Mermoud e dai montatori, in una girandola di episodi efficacemente incastrati l'uno con l'altro ed interrotti o intervallati allo scopo, scaltro ma riuscito, di accumulare suspence, tensione, attaccamento ad una storia sfaccettata ma estremamente accattivante e morbosa. Fino ad avviarci ad un finale labirintico, quasi carpenteriano per atmosfere nebbiose alla Fog o alla Fantasmi su Marte, davvero da brivido, dove chi tenta di fuggire scappando in macchina ripercorre sempre lo stesso percorso ellitico e si ritrova dove è partito: nei pressi della minacciosa nuova diga che ha fatto posto a quella crollata trentacinque anni prima, provocando un centinaio di morti. E quanto tutti quei deceduti per causa violenta torneranno, "l'orda" (questo il titolo dell'episodio conclusivo) si farà avanti per recuperare i ritornati e trovare, forse, finalmente una pace tanto agognata.
Una apertura tutta campanelli e suoni cantilenosi in cui dall'immagine dell'acqua placida trattenuta dalla gigantesca diga si passa al fondale lacustre dove cadaveri di cerci e volpi giacciono immobili come in un limbo senza speranza: questo l'effice incipit che apre ogni episodio, dopo il breve riassunto per immagini della puntata precedente.
La materna e dolce Anne Consigny, la sposa-vedova Clotilde Hesme (un volto perfetto su un corpo statuario che non passa inosservato), la mia favorita Céline Sallette nei panni della fata dolente e sopravvissuta (?) al maniaco seriale, la bellissima Ana Girardot, Frederique Pierrot, Gregory Gadebois, Pierre Perrier sono solo alcuni e i più noti tra i validi interpreti di questa fortunata miniserie creata da Fabrice Gobert che in patria ha spopolato incollando al televisore mezza Francia. Un finale non sufficientemente risolutorio se non astutamente aperto fa presagire che di questi Revenants sentiremo ancora parlare a lungo.
E' il momento della serialità, dei prodotti nati e concepiti o come in questo caso, riproposti ed estesi per la televisione, rispettando i suoi tempi e le sue logiche, commerciali e non.
Personalmente non amo molto questo dilatarsi di ritmi ed avvenimenti, queste sospensioni orchestrate ad arte e certo con una grande sapienza e senso del ritmo.
Ma Les Revenants è un ottimo prodotto televisivo che sa ironizzare su quello di cui si fa portavoce (“I ritornati” in vita si scherniscono tra loro definendosi “Zombies”) e si fa forza di personaggi che non sanno da dove vengono, cosa sia capitato loro, e perché o come possano aver fatto ritorno nei luoghi dove vissero prima di ridestarsi da un torpore misterioso che è riuscito a riportali in vita.
Ma è anche un serial che sa porsi delle domande per nulla scontate: al di là della loro straordinaria ed inspiegabile apparizione, come è possibile che la gente sia in grado di accettare i ritornati senza considerarli poi dei mostri? O non provare invidia per coloro che sono ritornati e pensando ad un proprio caro che invece non ha più fatto ritorno?
Ecco allora che Les Revenants accende problematiche morali ed etiche, e porta chi non vuole credere a tutto ciò, a spingersi oltre i limiti del consentito per arrivare finalmente a credere in ciò che pare un sogno...o un incubo.
Les Revenents vince in particolare per le belle atmosfere glaciali, luttuose e terrificanti che sa creare, alla Twin Peaks insomma, con cui condivide l'attenzione e la complicità verso una natura dalla bellezza abbagliante ma pure inquietante; per gli accumuli di non detto o non mostrato che sa dosare sapientemente riuscendo a farsi guardare tutto d'un fiato o a farsi seguire lungo tutte le puntate in cui è disseminato il cammino dei “ritornati” da un Limbo che loro stessi sono incapaci di descrivere ai mortali, che li interrogano con insistenza cercando inutilmente di sapere per trovare conforto o speranza.
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