6 stagioni - 63 episodi vedi scheda serie
Seppure senza suscitare lo stesso clamore mediatico del suo magnus opus Breaking Bad, Vince Gilligan sta silenziosamente portando avanti quello che è probabilmente il migliore prodotto seriale attualmente in onda. Causa uno svolgimento narrativo che dovremmo definire autoriale, non avendo paura di prendersi i suoi tempi per uno sviluppo estremamente umano ed introspettivo dei personaggi, Better Call Saul ha finito per essere indirizzato, ingiustamente, ad un limitato pubblico di nicchia; e certamente la sua supposta subordinazione alla già citata e ben più famosa opera madre non ne agevola la diffusione.
Ed è un peccato, poiché Better Call Saul è prima di tutto l'opera che vanta la miglior scrittura in tutto il panorama della serialità: un lavoro minuzioso sui dettagli, un'anormale mancanza di fretta nel dare risposte allo spettatore, la capacità di stupire rimanendo circoscritti al realismo della natura umana, vero soggetto che Gilligan vuole raccontare (così come lo era in Breaking Bad). Basti pensare che ci sono volute quattro stagioni, quaranta episodi, perché allo spettatore arrivasse finalmente la risposta alla prima domanda: perché l'avvocato James McGill diventa Saul Goodman? La risposta, come ci ha abituati la serie, non è mai banale, anzi diventa puro pretesto per raccontare le infinite possibili reazioni umane alle difficoltà della vita. In particolare, la quarta annata pone fine al rapporto tra il protagonista ed il fratello, morto suicida alla fine della terza stagione, quindi il lutto e la negazione di esso come necessità per andare avanti; la negazione dell'altro, della morale e, infine, di sé.
Un altro agghiacciante ritratto umano firmato Vince Gilligan, con un Bob Odenkirk fenomenale; sullo sfondo sempre Albuquerque che, filtrata dal dramma o dalla commedia, produce sempre un profondo senso di amarezza.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta