8 stagioni - 113 episodi vedi scheda serie
Le risorse dei vivi.
Avevamo lasciato i protagonisti separati, alla ricerca gli uni (padri/madri) degli altri (figli) nel caos ingenerato dalla costante messe di insaziabili morti viventi vaganti alla ricerca di vivi per (non) placare l’insaziabile fame di carne. Le tematiche d’assedio si fanno conduttrici della trama e delle azioni dei protagonisti, alla difficile ricerca di luoghi sicuri dove installarsi stabilmente. Riusciranno a trovarne più di uno, ma i nemici, purtroppo, non arrivano solamente dall’esterno.
Madison diventa centrale nella conduzione degli intrecci narrativi principali, dove la sua figura stabilizzatrice si ridimensiona in una spesso poco rassicurante matriarca, disposta a tutto pur di mantenere il gruppo unito e la prole al sicuro. Progressione non originale, ampiamente auspicabile in una serie TV comunque post-apocalittica ma sufficientemente equilibrata nel mantenere la coerenza caratteriale del personaggio. In contrapposizione con gli altri protagonisti (Nick, Daniel, Victor) che invece rimangono saldamente ancorati, pur in frangenti “straordinari”, alle definizioni caratteriali (pregi, difetti, vizi) pre-catastrofe.
In questo coacervo emotivo “familiare” fanno capolino elementi “alieni”, ovviamente destabilizzanti per mantenere la (ben gestita) tensione non sempre sottotraccia; nella prima metà di stagione, l’incontro con la famiglia Otto: dal patriarca Jonathan (ben definito dal sempre apprezzabile Dayton Callie) al problematico Troy, con il quale Madison e Nick svilupperanno un ambiguo rapporto fatto di repulsione e malsana attrazione (quasi) filiale/fraterna. La seconda parte dell’annata si concentra invece sulla spasmodica ricerca di acqua, sullo scontro per mantenere/ottenere la gestione esclusiva della preziosa risorsa, dove fa capolino, nelle puntate finali, l’inquietante antagonista John Proctor (interpretato dal bravo Ray Mc Kinnon).
Situazioni d’accerchiamento amplificate dall’ambientazione messicana, quasi western (ci sono perfino indiani e assalti a diligenze), forse a volte ripetitive (ma il genere nasce – inevitabilmente- d’assedio), ma che ben definiscono il tema conduttore di stagione: la ricerca di normalità, di un “castello” protetto, di un qualsiasi elemento solido che dia sicurezza, dove gestire da un punto di forza l’emergenza e ristabilire una parvenza di “status quo”, non necessariamente democratico.
In conclusione, la terza stagione del progetto-costola di TWD regge ancora bene: la scrittura non è sicuramente eccelsa ma, tra le pieghe di un prodotto comunque mainstream, riesce a piazzare numerosi e ben assestati colpi di scena ed a gestire efficacemente situazioni/personaggi non (completamente) scontati, elevando il tutti oltre la media seriale “generalista” odierna.
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