8 stagioni - 113 episodi vedi scheda serie
L’inizio della fine.
Le ultime stagioni televisive si possono senz’altro considerare “fortunate” per gli amati morti viventi, le cui gesta sono state riproposte in salse più o meno drammatiche (la madre “The Walking Dead”, “Z Nation”) e in mille rivoli d’interpretazioni socio – politiche. Più blande della resa esplicitamente conflittuale alla nascita del “mito” cinematografico romeriano, d’origine haitiana, e palesemente più incentrate sulle regole moderne dell’intrattenimento puro.
Ideata dai prolifici creatori del famoso fumetto a puntate, ha l’innegabile pregio di partire dall’inizio; ove nella maggiorparte dei casi, sia cinematografici che seriali, il crollo sociale viene omesso o dato per acquisito (quando non velocemente esplicato nei titoli di testa) per poi concentrare il racconto sull’azione post-apocalittica, la serie si prende invece il suo tempo per descrivere il progressivo collasso dell’organizzazione umana. Che, probabilmente (questo l’assunto iniziale di partenza), avverrebbe più velocemente di quanto si possa immaginare.
Il campo d’azione di questa (breve) stagione (di sole 6 puntate) è la caotica e solare città di Los Angeles, dall’onnipresente brulicare rumoroso di sottofondo del quotidiano agire umano, e la protagonista una tipica famiglia allargata della middle class americana.
Con problemi legati alla prole, ai rapporti con ex mogli e mariti e, infine, lavorativi. Delle persone comuni, insomma, dai caratteri meno accentuati rispetto a TWD, le cui reazioni all’evento catastrofico rappresentano la “fissa” autoriale principale dei creatori Robert Kirkman e Dave Erickson: fin dove si spingerebbe una persona normale, dopo aver perso tutti i riferimenti economici e sociali e ritrovatasi tra le tenaglie dell’anarchia e dell’orrore, per difendere se stesso e i propri cari ? Quante questioni etiche passerebbero in secondo piano di fronte alla sopravvivenza spicciola ?
Tematiche sicuramente non nuove, come l’ottusità delle autorità incapaci di gestire efficacemente i prodromi dell’emergenza (ed il suo sviluppo) e la regressione tribale dei rapporti umani, ma raccontate con spunti visivi interessanti e inusuali, a fronte di una sceneggiatura non propriamente esaltante. Anche gli interpreti principali, i più noti sono gli affidabili caratteristi Kim Dickens e Cliff Curtis, sono ben calati nelle rispettive parti ed offrono prove attoriali non memorabili ma bilanciate.
Prima annata molto breve, dicevamo, che paga forse la sua natura introduttiva ad un mo(n)do seriale dagli sbocchi potenzialmente infiniti ma, proprio per questo, ad ampio rischio di ripetitività: per fortuna tenuta abilmente sotto il livello di guardia dall’innegabile professionalità del progetto. In attesa della 2^ (lunga, di ben 15 episodi) stagione…
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